Le 5 sfilate più iconiche degli anni '90
Da Versace con le super top model all'haute couture di Dior
25 Marzo 2020
Gli anni '90, tra minimalismo, grunge e glamour, hanno segnato un decennio cruciale per lo stile. Le sfilate sono diventate accessibili al pubblico, non solo all'élite della moda, aumentando così il livello di spettacolarità. Il merito del sempre maggiore interesse di media e gente comune verso la moda è merito di Kate Moss, Christy Turlington, Claudia Schiffer e delle altre topmodel del decennio, ormai delle vere e proprie star contese dai designer. Sono loro, bellissime e cool, le protagoniste delle sfilate che fanno la storia: dalla FW95 di Gucci alla leggendaria Body meets dress, dress meets body di Comme des Garçons, da Between di Hussein Chalayan alla SS94 di Chanel, dal debutto di Nicolas Ghesquière per Balenciaga alla couture di John Galliano per Dior. Difficile scegliere la più bella. Noi ci abbiamo provato
Qui sotto, ecco le 5 sfilate più iconiche degli anni '90.
Versace FW 1991
MFW. Gianni Versace presenta la collezione FW1991 all’interno del padiglione espositivo di Fiera Milano. Ogni look è sexy, glamour opulento. Nero, colori brillanti e le caratteristiche stampe barocche del brand si alternano su abiti, giacche, bolero, catsuit in lycra, gonne a pieghe, bustier, calze e sugli stivali alti fino alla coscia. Poi, sulla scintillante passerella in marmo bianco, arrivano Naomi Campbell, Linda Evangelista, Cindy Crawford e Christy Turlington che, camminando sotto braccio, cantano Freedom di George Michael. Quel momento che fonde insieme musica, moda e cultura pop entra nella storia, cristallizzandosi nella memoria collettiva.
Quello show di Versace quando io, Linda, Christy e Naomi siamo uscite tutti insieme - ha detto Cindy Crawford in un'intervista a V Magazine - avevamo appena fatto il video di George Michael, Freedom, ed era in onda allo show... George Michael era in prima fila, e noi siamo uscite saltando e tenendoci per mano. Sembrava che tutte le stelle si fossero allineate.
Donatella Versace ha omaggiato quel momento iconico durante la sfilata della collezione Versace SS18 chiamando in passerella le super top OG Cindy Crawford, Naomi Campbell, Claudia Schiffer, Helena Christensen e Carla Bruni.
Perry Ellis SS 1993
È stata la collezione che ha fatto licenziare Marc Jacobs da Perry Ellis, ma anche quella che ha fatto decollare la sua carriera. Lo stilista portò in passerella gli abiti che indossavano i giovani dell’epoca: abiti a fiori stile "granny", camicie di flanella, Dr. Martens e berretti di lana. Christy Turlington apriva lo show su Pretend We're Dead delle L7 e Kristen McMenamy e Kate Moss in outfit coordinati lo chiudevano. L’impatto sui media fu enorme. Women's Wear Daily definì Jacobs il "guru del grunge", mentre Suzy Menkes, fashion editor dell'International Herald Tribune, iniziò una campagna antigrunge durante la settimana della moda di Milano del marzo 1993, distribuendo ai colleghi editori le spille "Grunge is Ghastly" ("Il grunge è orrendo").
Dior Haute Couture SS 1998
Tutte le sfilate di John Galliano sono teatrali, spettacolari, ma quella realizzata dal designer per la collezione Haute Couture SS 1998 di Dior è indimenticabile. Eva Herzigova, Erin O'Connor, Nadja Auermann e le altre modelle, vestite con creazioni ispirate a I Balletti Russi di Sergej Djagilev ed alla Marchesa Luisa Casati (probabilmente la più influente musa di tutti i tempi), si muovevano su e giù per la scalinata dell'Opéra Palais Garnier di Parigi come all’interno di un decadente e bellissimo quadro.
Quando si cerca "sfilata di moda" nel dizionario,"- scrisse il giornalista Tim Blanks - questa è la sfilata che dovrebbe esserci.
Yohji Yamamoto SS1999
Tim Blanks l'ha definita "una delle sfilate di moda più incantevoli che abbia mai visto" e Suzy Menkes lo "zenit" della sua carriera. Con Brides & Widows il design giapponese raccontava con grazia e pathos il momento in cui anche la donna più anticonformista si trova ad osservare le convenzioni della tradizione. Il risultato fu uno show romantico, in bilico tra teatro classico giapponese e cerimonia occidentale nel quale tutti i tratti distintivi di Yamamoto erano rispettati. C’erano l’androginia dei completi maschili; la combinazione di colori neutri (nero, bianco e kaki); gli abiti tridimensionali che evocavano sia l'epoca vittoriana che l'età d'oro dell'alta moda parigina del ventesimo secolo.
Alexander McQueen SS 1999
Alexander McQueen non era solo un designer straordinario di abiti dall'insuperabile sartorialità, sapeva raccontare storie attraverso la moda. Tutte le sue sfilate sono dei rari gioielli, in particolare quella per la SS 1999, intitolata No.13. Tenutosi al Gatliff Warehouse, un ex deposito di autobus inutilizzato a Victoria, Londra, lo show presentava una collezione ispirata all’Arts and Crafts Movement che includeva abiti fatti di materiali diversi: dal legno di balsa al pizzo, dagli intricati corpetti e gonne di rafia alle cinture e i bustier che ricordavano i lavori realizzati dai laboratori del Queen Mary's Hospital di Roehampton, pioniere delle protesi per i feriti della prima guerra mondiale. Il finale fu iconico: la top model Shalom Harlow si trasformava in una tela umana, con dei bracci meccanici che sparavano getti di colore sull'abito di tulle bianco.