Come sta reagendo la moda al Coronavirus?
Tutto quello che l'industria del fashion sta facendo per resistere alla crisi
09 Marzo 2020
Milano si è fermata di nuovo. Dopo la riapertura dei bar di due settimane fa e l’entusiasmo manifestato dal sindaco Sala, la situazione si è aggravata, portando a misure nazionali restrittive più severe che prevedono la chiusura di bar e ristoranti dopo le sei di sera e il completo stop a qualunque attività culturale, civile o religiosa. L’intera Lombrardia è diventata zona rossa, dunque isolata, causando non pochi problemi al settore tessile, manifatturiero e della moda. La Lombardia è infatti sede degli headquarters di brand come Prada, Armani, Bottega Veneta e Versace, oltre che luogo di produzione scelto da brand internazionali come Off-White™, Supreme, Balenciaga e Dior e sede di aziende tessili come Limonta e NT Majocchi. Per dare un’idea delle proporzioni del problema, The Business of Fashion ha calcolato che il 60% della produzione tessile e delle fabbriche di abbigliamento italiano si trovano nella neo-zona rossa, come circa il 20% di produzione di gioielleria e pelletteria senza nemmeno considerare le migliaia di negozi, showroom e l’intera attività di piccoli brand locali la cui filiera è ora bloccata. Ecco come Luca Solca, analista di Bernstein Research, ha spiegato la situazione:
“Le autorità si stanno sforzando di bilanciare da un lato la necessità di contenere il contagio e dall’altro quella di tenere in piedi il giro d’affari di una regione che rappresenta più di un terzo del PIL del paese”.
Le grandi personalità della moda italiana, comunque, che nella maggioranza hanno base proprio a Milano, hanno affrontato in maniera costruttiva l’emergenza: il gruppo Armani ha donato 1.250.000€ agli ospedali Luigi Sacco, San Raffaele, all’Istituto dei Tumori di Milano e allo Spallanzani di Roma; Chiara Ferragni e Fedez hanno lanciato una campagna di Gofundme donando 100.000€ e sensibilizzando i propri followers sull’argomento e anche Dolce & Gabbana e Bulgari hanno fatto donazioni per la ricerca medica, rispettivamente all’ Humanitas University e all’ospedale Spallanzani. Internazionalmente, i grandi gruppi LMVH, Kering e Richemont hanno donato circa 4.700.000$ di dollari alla Croce Rossa cinese per aiutare a contenere l’emergenza sanitaria. Queste grandi aziende sono le prime interessate a vedere la crisi finire, dato che l’emergenza COVID-19 ha già cancellato l’intera stagione Cruise insieme all’intero calendario di fiere di settore che dovevano tenersi in primavera, ha causato una perdita in termini di vendite che si aggira fra i 30 e i 40 miliardi di euro e ha fatto scendere in varia misura il valore delle azioni sul mercato: quelle di LMVH sono scese dl 4,1%, quelle di Kering del 4,5%, quelle di Moncler e del gruppo Burberry rispettivamente del 5,8% e del 4,1% mentre la Capri Holding del 5,1%.
In ogni caso, c’è poco da fare di fronte a una calamità naturale oltre che provare a resistere. Il presidente della Camera Nazionale della Moda Italia, Carlo Capasa, ha definito necessarie le misure adottate dal governo e ha portato a modello la Cina, in cui l’applicazione di misure di contenimento assai severe ha portato a un miglioramento della situazione e a un calo dei contagi. La Camera della Moda sta anche lavorando con le autorità per l’attuazione di misure che vengano in aiuto dei settori più in difficoltà, specialmente per quanto riguarda la tassazione e il pagamento dei finanziamenti, mentre c’è da attendersi che l’onda lunga di quest’emergenza causi forti ritardi nella distribuzione il prossimo autunno. Per un graduale ritorno alla normalità bisognerà probabilmente attendere il terzo trimestre del 2020 mentre sul territorio, se tutte le misure messe in atto dal governo avranno efficacia e non servirà attuare cinturazioni o posti di blocco, una stabilizzazione è prevista per la metà di Aprile.