Il coronavirus, Billie Eilish e l'esplosione del trend delle mascherina
Complici le notizie sul virus cinese e i Grammy, le mascherine da chirurgo stanno facendo il loro ritorno nei top trend
31 Gennaio 2020
Fra gli incendi che hanno devastato l’Australia e lo scoppio dell’epidemia di Coronavirus in Asia, sempre più mascherine chirurgiche continuano ad apparire sui nostri schermi e nei nostri social media feed. Il mondo della moda ha preso la palla al balzo, specialmente Alessandro Michele che, nel realizzare l’outfit indossato da Billie Eilish agli ultimi Grammy Award ha aggiunto una mascherina chirurgica decorata con il monogram di Gucci fra i suoi accessori. Secondo Lyst, il principale motore di ricerca del panorama fashion, dopo che la cantante ha indossato la mascherina sul red carpet, l’accessorio ha subito un’impennata del 200% di ricerche su Google e la sua domanda è aumentata del 42% in sole 24 ore.
Negli ultimi vent’anni, si sono registrati picchi nella domanda di mascherine chirurgiche in corrispondenza con lo scoppio di epidemie come la SARS del 2002, l’aviaria del 2006 o l’ebola nel 2014. Nel frattempo, l’accessorio è lentamente diventato parte dell’estetica street associata alle metropoli orientali e si è infiltrato nel repertorio dello streetwear asiatico specialmente grazie a brand come BAPE, Mastermind Japan e Human Made che iniziò a produrne versioni decorate con il suo celebre Camo Pattern. Nel 2014, modelli mascherati sono stati mandati in passerella da stilisti cinesi come Yin Peng e Masha Ma durante la Mercedes-Benz China Fashion Week come protesta contro l’inquinamento di Pechino. Nel panorama streetwear, le più notevoli mascherine di design vennero nel corso degli anni prodotte da Supreme, Off-White™, Louis Vuitton per la collabo con Imran Potato, Anti Social Social Club e persino Nike. Sempre secondo il report di Lyst, sono le mascherine Off-White™ le più cercate, seguite a ruota da Bape e Nike.
La mascherina chirurgica è da anni un accessorio popolare in Estremo Oriente, diffuso fra la popolazione delle metropoli più inquinate. La convinzione che coprirsi il volto possa proteggere da inquinamento e malattie risale all’epidemia di influenza spagnola che devastò l’Asia nel 1918. Pochi anni dopo, il terremoto di Kanto del 1923 devastò Tokyo e causò incendi tanto violenti da appestare l’aria di fumo per giorni. Fu allora che la mascherina chirurgica divenne un accessorio molto popolare, la cui fama fu cementata con l’epidemia del 1934, dopo la quale veniva indossata durante l’inverno per evitare di trasmettere i raffreddori. L’industrializzazione post-bellica e l’aumento dell’inquinamento resero la maschera un accessorio comune, simile a una sciarpa o un berretto. La mascherina non si è mai diffusa davvero in Occidente come metodo preventivo, ma è stata usata come oggetto di scena in Italia da artisti come Myss Keta, Fedez e il rapper Junior Cally.
A rigor di logica, la mascherina chirurgica dovrebbe suscitare una riflessione. Nonostante in Oriente siano banali oggetti quotidiani, in Occidente la mascherina è diventato uno stereotipo attribuito alla popolazione asiatica e quando un occidentale lo indossa rappresenta una forma light di appropriazione culturale. Anche se non offensivo in se stesso, lo stereotipo rimane comunque una forma sottile di razzismo, che va a mescolarsi con l’inevitabile psicosi suscitata dalla paura di un’epidemia mondiale e alimentata dalla disinformazione, essendo più utili contro le polveri dei cantieri o nelle sale chirurgiche che come protezione da agenti inquinanti e virus. Forse allora Michele ha fatto bene a trasformare (non senza una velata ironia) in oggetto di design un accessorio inutile che si porta dietro molte associazioni scorrette, risolvendo tutti i suoi problematici significati nell’estetica pura e dimostrandosi capace ancora una volta di saper sfruttare i temi più caldi del momento per far discutere.