La moda del Tempo
Virgil Abloh e Alessandro Michele: due visioni surreali e nostalgiche che però non guardano al Futuro
17 Gennaio 2020
Un pendolo che ondeggia a ritmo incessante sulla passerella e un orologio le cui lancette girano al contrario.
Il Tempo - inteso nel suo significato più alto - è stato il tema principale scelto da Alessandro Michele e Virgil Abloh nelle rispettive sfilate di Gucci e Louis Vuitton a Milano e Parigi.
Un argomento enorme che ha riempito libri di filosofia in tutti secoli e culture ed oggi è esplorato dalla moda, in un momento in cui i brand e gli stilisti hanno raggiunto un peso ed influenza nella cultura pop globale tale da poter proporre una visione su un tema filosofico così complesso e stratificato. Le prospettive di Michele e Abloh riguardo al Tempo sono diverse: entrambi leggono il Tempo come qualcosa di non lineare - inesorabile e disfunzionale - quasi come una legge che incombe sull’Uomo, che tuttavia cerca di scapparne.
Il set della sfilata Gucci a che celebra i 5 anni di Michele come direttore creativo, ruota metaforicamente attorno ad un enorme pendolo meccanico che ondeggia tra i modelli. La passerella di Palazzo delle Scintille in pieno centro a Milano, è coperta da sabbia nera, come se un’enorme clessidra si sia rovesciata sul set. Il pubblico invece viene fatto accomodare su lunghe panche in legno che ricordano i banchi universitari, le note dello show sono presentate sotto forma di foglio protocollo piegato a metà e la sfilata viene aperta da un video di foto ricordo accompagnato dall’hashtag #ravelikeyour5.
“Tornare all'infanzia significa tornare indietro nel tempo e questa è la chiave per ridefinire le cose. Il tempo è qualcosa che non puoi fermare, ecco perché non sono nostalgico, ma puoi imparare dal passato per essere stimolato e ispirato per il futuro” ha detto a NowFashion dopo la sfilata.L’invito alla sfilata di Louis Vuitton alla Paris Fashion Week è destinato a diventare uno degli oggetti più iconici creati dalla mente di Virgil Abloh: un orologio da muro grigio brandizzato LV, le cui lancette girano in senso antiorario.
Virgil ha pubblicato un video dell’orologio - il cui gusto rispecchia quel design normcore di Ikea - sul suo profilo Instagram citando nella caption l’aforisma iper-instagrammabile: “Anche un'orologio rotto segna l’ora giusta due volte al giorno”.
Anche i segnaposto della sfilata erano degli orologi, metafora delle micro e macro misure delle nostre vite.
Lo show intitolato “Heaven on Earth” è ambientato in un paradiso onirico e artificiale con oggetti sproporzionati e nuove bianche a macchiare lo sfondo azzurro del setting, citazione del film The Truman Show. Nella sfilata di Virgil tempo non esiste, si ferma - o va alla rovescia - smette di imporre la sua tirannia inesorabile sull’Uomo e lo proietta in una dimensione d’incanto, dove le regole del mondo non esistono. I riferimenti all’arte surrealista - in particolare a René Magritte - sono evidenti e da sempre cari a Virgil: il movimento artistico iniziato negli anni ‘20 era interessato all’inversione dell'ordinario, ridefinendo il familiare di nuovo significato. Dalì imita l’arte nella vita, lo streetwear di Virgil imita vestito formale.
Il Futuro è il grande tema assente nella visione della cultura contemporanea: quando viene immaginato non riusciamo a rappresentarlo se non come un posto spaventoso, in cui la tecnologia consumerà l’uomo. L’accusa di aver smesso di immaginare il Futuro con entusiasmo e ottimismo è una mancanza comune a tutte le arti e scienze: registi, artisti, storici e antropologi preferiscono rifugiarsi nella storia o nella fantasia, perché come sottolinea spesso Yuval Noah Harari il ritmo del cambiamento sociale, politico ed estetico è così veloce e complesso che ogni previsione umana è un azzardo confrontata alla precisione data-driven di un algoritmo.
Abloh e Michele offrono una resistenza umana alla società contemporanea, ma allo stesso tempo alimentano la paura di affrontare il tempo nella sua dimensione più naturale, quella del Futuro, continuando a rifugiarsi in un rifiuto molto umano e un po' infantile.