La moda d'archivio sta per tornare?
Il futuro dello streetwear potrebbe nascondersi nel suo passato
23 Dicembre 2019
Nella sua ultima intervista rilasciata a Dazed, Virgil Abloh ha detto chiaro e tondo che il 2020 sarà l’anno in cui lo streetwear morirà. Una morte più che annunciata dal trend che ha sospinto la moda verso un nuovo concetto di sartorialità che lo stesso Abloh ha esplorato nella Pre-Fall 2020 di Off-White™. Nella stessa intervista Abloh ha indicato una nuova direzione:
«Quante altre t-shirt possiamo comprare? Quante altre hoodie? Quante altre sneaker? Credo che arriveremo a un momento fantastico in cui esprimeremo la nostra conoscenza e il nostro stile con il vintage. [...] Credo che la moda smetterà di comprare cose nuove e diventerà: “Hey, vado a scavare nel mio archivio”».
Le parole di Abloh hanno messo in subbuglio i media del settore ma, oltre a non avere la carica apocalittica che molti credono, hanno avuto il merito di fare luce sul topic della archival fashion, che su Instagram, tramite pagine incentrate su foto di riviste, di vecchie sfilate e still di prodotti, ha raccolto molti seguaci e grazie allo sviluppo di nuove piattaforme online ha riscritto le regole del mercato secondhand.
Cos’è di preciso la moda d’archivio? È una questione di cultura. Abloh parla di esprimere stile e conoscenza: un binomio riferito alla capacità del vintage di lusso di segnalare l’appartenenza a una comunità, a dimostrare una visione del mondo.
In molti si sono appassionati alla moda con i drop di Supreme o le felpe dello stesso Abloh ma, man mano che la loro cultura cresceva, il pubblico ha iniziato a rendersi conto che le ispirazioni del presente provenivano proprio dal passato. Stanchi di attendere la prossima release, il nuovo drop o la nuova colorway, guardano al passato, a quei pezzi rari, nati prima del boom dello streetwear, che magari possiedono una propria storia e una propria unicità. I lavori risalenti agli anni ’90 di Rei Kawakubo, Yohji Yamamoto, Helmut Lang e Martin Margiela sembrano provenire da una creatività più pura, meno adulterata dalle logiche commerciali. La moda del passato possiede un’aura nostalgica, quasi mitologica (da qui l’espressione “grail”, ripresa dalla leggenda del Sacro Graal, appunto un artefatto mitologico) e i pezzi d’archivio sono percepiti come più vicini al vero spirito e alla vera creatività di quegli stilisti. Grailed ha dedicato una pagina Instagram specifica ai suoi pezzi più rari di nome @foundongrailed, alcuni dei migliori profili Instagram per la moda d'archivio sono pagine come @holygrails, @raf_simons_archives, @tagsandthreads, @oldceline o negozi veri e propri, ad esempio, @middleman.store, @silverleague, @pluggermany o @lakevienna. Troverete in gallery una selezione dei prodotti più belli di @holygrails.
Nostalgie a parte, il discorso della moda d’archivio va a inserirsi nel gioco di forze più ampio che riguarda il lusso di seconda mano che, grazie a piattaforme come Vestiaire Collective, Grailed e StockX ha dato una nuova vita al settore. Persino il concetto di negozio vintage si è stratificato, evolvendosi da “cimitero degli abiti smessi” a negozietto di vecchi abiti, piattaforma e-comerce specializzata, fino ad arrivare a boutique di lusso vero e proprio paragonabili ad antiquari o gallerie d’arte che vendono specifici e rarissimi item come quelle i cui profili Instagram sono indicati in alto. Questa crescente differenziazione è il motivo per cui il mercato del luxury vintage sta crescendo del 25% ogni anno, un valore altissimo rispetto a quello del mercato primario. Mescolare l’heritage di un brand o anche solo il fascino démodé di un certo capo ad item moderni e attuali non è semplicemente un futuro trend o la prossima direzione della moda ma, come indicato da Abloh stesso, una nuova forma di espressione personale che rende tutti potenziali partecipanti di quel fenomeno collettivo che è la mod e fa parte di quel processo di democratizzazione di cui Abloh è il primo e dichiarato portavoce.