La review della sfilata Gucci FW19
Alessandro Michele torna a Milano presentando in passerella maschere, borchie e item sportivi
20 Febbraio 2019
Ore 15.30, via Mecenate 77. Milano si ferma per 15 minuti per assistere alla sfilata di una della collezioni più attese della fashion week italiana: la Gucci FW19.
All'interno della location gli ospiti si ritrovano avvolti in una luminosa bolla fatta di specchi, 120,000 lampadine a led emanano una luce glaciale mentre una lunga passerella circolare attende di essere cavalcata dai modelli. La sala improvvisamente si oscura mentre si percepisce un sottofondo acustico fatto da versi di animali feroci, fiere dantesche che anticipano un clima inospitale, caratteristico di molti show del designer romano. Si accendono le luci, la musica si alza: che lo show abbia inizio.
I look si susseguono rapidamente uno dopo l'altro, fin da subito Alessandro Michele decide di far vedere che dietro tutto questo c'è lui, il suo touch chic-nerd, la sua passione per l'esagerazione, lui. Cravatte e collant ricamate per le donne, borchie appuntite e doppio petto per lui. Gucci mescola le sue mille personalità, mettendole tutte in scena: ci sono look sofisticati e romantici fatti di voilant e merletti ma anche provocatori e strong fatti di leather jackets e gioielli gold. Impossibile non notare il profondo lavoro che c'è dietro ogni singolo look, materiali diversi mescolati grazie a un profondo lavoro di styling. Trame floreali che incontrano il tartan, look oversize anni '70 alternati da rock garments. Gucci mette in scena Gucci, confermando la sua filosofia anticonformista ma deludendo un po' le aspettative del pubblico italiano che attendeva, per il suo grande ritorno a Milano, una rivoluzione dopo la trilogia francese.
La generale atmosfera di inquietudine tipica di Michele sembra essere brevemente interrotta solo dall'arrivo in passerella di piccoli riferimenti all'abbigliamento sportivo: parastinchi gold, ginocchiere indossate su collant ricamate e un paio di sneaker intraviste fra le mani di un modello.
Focus della sfilata, però, sembra esser stata proprio la maschera - tematica anticipata dallo stesso invito - indossata dai modelli in differenti varianti, colori e forme. Volti coperti da questo accessorio che sembra voler incrementare l'atmosfera di mistero: identità celate che sembrano sussurrare una sottile protesta, un messaggio anticonvenzionale in puro stile Michele. In questo caso però la maschera non è sinonimo di alienazione, di falsità, ma diventa elemento che consente all'uomo di essere chi desidera essere veramente, gli permette di interpretare un ruolo come meglio crede e svelare di sé quella parte che egli vuole comunicare, preservando invece quanto desidera resti nascosto.
E poi gli accessori, dalle imponenti montature tipiche Gucci, agli orecchini indossati come se fossero più che un semplice gioiello, ma vere e proprie opere d'arte, dorati e imponenti nella forma; spille preziose illuminano i blazer mentre i cerchietti con spuntoni donano un tocco rock ad un look classico.
Magari non è possibile parlare di rivoluzione, magari Gucci non è ancora pronto ad aprire un nuovo capitolo, ad unirsi al filone street, ma quanto effettivamente tutto questo sarebbe in stile Michele? Ciò che però è impossibile non ammirare è l'abilità del brand di inscenare collezioni in cui i dettagli riescono ogni volta a fare la differenza. Gucci è tornato a casa.