Orange's anatomy
Il rapporto tra moda e il colore più visto nelle ultime fashion week
28 Gennaio 2019
Se avete dato uno sguardo alle ultime fashion week dedicate al menswear FW19, è impossibile che non ve ne siate accorti: l’arancione è il colore più hot del momento. Dalle felpe grafiche di Off-White ai piumini di Heron Preston, dai total look di AMBUSH ai k-way di MSGM, dal knitting oversize di Loewe ai sofisticati trench di Raf Simons. Ogni designer ha scelto di inserire nelle proprie creazioni almeno un pizzico di questa tonalità.
C’è chi opta per le sfumature romantiche del foliage autunnale o per declinazioni vitaminiche che ricordano l’estate, c’è chi preferisce delle venature più tendenti al marrone come il ruggine del PANTONE 16-1448 TCX (secondo gli esperti il vero trend dei prossimi mesi, più del PANTONE 16-1546 Living Coral nominato colore ufficiale del 2019) e chi propone invece dolci sfumature pastello come il pesca. Ma la variante a cui nessuno può resistere sembra essere quella fosforescente, divenuta trade mark del brand di Heron Preston.
Ogni nuance va bene, purché rientri nelle radiazioni dello spettro tra rosso e giallo.
Una storia d’amore fatta di alti e bassi, di infatuazioni sfuggenti e di lunghi periodi nei quali la tinta è stata solo un lampo di luce, in mezzo a collezioni per lo più monocromatiche. Nei primi del ‘900 il costumista russo Leon Bakst la inserisce profusamente nei suoi abiti per i Ballets Russes, e lo stesso fa Paul Poiret nei decenni successivi, influenzato dall'estetica orientale che da sempre ha un rapporto simbiotico con questa cromia. Nel 1945 la sua storia si lega indissolubilmente a quella della maison Hermès, quando Émile-Maurice Hermès decise di sostituire le scatole beige profilate di marrone che il marchio usava da anni per confezionare i propri prodotti con un acceso color arancione. La prima vera ondata di arancio-mania arriva, però, con i Sixties, con le tante brillanti, opere di designer come il danese Verner Panton che, trasformate in oggetti di uso comune dalla produzione industriale, iniziano ad invadere i nostri armadi.
L’invasione orange diventa così impattante che la tinta da simbolo di esotismo e poi di modernità diventa sinonimo di cheap e resterà così fino al nuovo millennio quando, fashion week dopo fashion week, torna a sfilare sulle passerelle degli stilisti: Raf Simons per Jil Sander (e successivamente per Dior e Calvin Klein), Prada, Jeremy Scott, Dries Van Noten, Gucci, Louis Vuitton, Sies Marjan, Versace o Fenty Puma.
Dalle passerelle alla strada il passo è breve e l’orange contagia tutti, dai fashionistas alle celebrities, specie negli outfit che mixano athleisure e workwear. Quasi impossibile non ricordare il total look Heron Preston sfoggiato qualche tempo fa da Bella Hadid o gli scatti monocromatici delle sorelle Jenner appoggiate sulle loro lussuose auto.
Curiosità: fino al 1750 in Europa questo colore non aveva nemmeno un nome ufficiale e ci si riferiva ad esso come "giallo-rosso". Ne ottenne uno solo quando il dominio islamico si diffuse nel sud Italia e in Spagna portando con sé anche gli alberi di arancio, il loro frutto (nāraṅga in sanscrito, naaranj in arabo, orange nelle lingue occidentali) che diede al pigmento l’appellativo che usiamo ancora oggi.