Il ritorno di Stefano Pilati
RANDOM IDENTITIES è il nuovo progetto indipendente dell'ex direttore creativo di YSL e Zegna.
08 Novembre 2018
Stefano Pilati non è mai stato uno stilista da night life, da club e vita pubblica manifesta, da quando però ha lasciato la direzione creativa di Agnona nel 2015 la base del suo lavoro si è spostata in Germania, a Berlino, città che ha ispirato il nuovo progetto indipendente dello stilista milanese. Il DNA della capitale tedesca è strettamente connesso alla cultura clubbing, che alimenta la cultura e soprattutto le subculture giovanili. Il carattere libero degli ambienti musicali e artistici berlinesi permette di ricercare e formare un’identità non schematizzata, in qualche modo casuale, ed è per questo che il progetto di Pilati prende il nome di Random Identities. Il concetto di ‘caso’ si riferisce a esperienze che abitano uno spazio non identificato da trend, da design o da eredità culturali, bensì a una maniera ultrapersonale di reinterpretare gli stimoli, realizzando una vita surrealista, che nell’idea di Pilati, va oltre in primis alla distinzione di genere. Questo è tutto ciò che ci ha trasmesso la sfilata di ieri.
L’idea di un suo possibile ritorno in passerella ce l’avevamo già avuta, dopo averlo visto in prima fila ad alcuni importanti show della scorsa settimana della moda di Parigi. I 17 outfits total black e ovviamente unisex hanno sfilato tra le scrivanie e i computer di un ufficio a Montreal, rimanendo fedeli allo stile che Stefano Pilati ci ha abituato a vedere soprattutto negli 8 anni da designer per Yves Saint Laurent, quando aveva sostituito Tom Ford. Tutto il mondo che si nasconde dietro alla collezione è ispirato, oltre che da Berlino, anche dalle fotografie in bianco e nero di George Dureau e Robert Mapplethorpe. Nella campagna pubblicitaria i modelli uomini posano coperti in volto ma con una posa che suscita una chiara ambiguità di genere, esprimendo in modo diretto l’obbiettivo di Random Identities.
Riconosciamo Pilati nella sua tensione tra classicità e novità, tra ortodossia e autonomia dei modelli, nel completo rispetto per la cultura e per la tradizione tessile dal quale proviene, che sembra quasi timore, ponendosi come un devoto della moda. Proprio questi concetti sono la base della polemica che vuole sollevare lo stilista con questo nuovo progetto, ovvero la condanna a quei designer privi di metodo e senso storico riguardo la moda, che finiscono per assomigliare sempre più a degli intrattenitori piuttosto che a veri artigiani creativi.
Pilati ci invita alla libertà e allo scandalo, e come dice lui: “lo chic non può essere venduto, ma sicuramente suggerito”.