Dopo mesi di attesa, rumour e indiscrezioni, ieri finalmente è andata in scena la prima sfilata Burberry firmata Riccardo Tisci, che ha chiuso la London Fashion Week. Nessun grande nome in front row, solo giornalisti, buyer, addetti ai lavori, e amici, oltre alla famiglia a cui è legatissimo: Riccardo Tisci ha voluto un debutto sobrio, in cui l’attenzione fosse riservata esclusivamente alla nuova collezione. 134 uscite diverse tra donna e uomo, dalle prime proposte più classicamente Burberry e ladylike, declinate in tutte le sfumature di beige, a quelle più in stile Tisci.
Lo show di ieri è stato un continuo alternarsi di sensazioni, generato da quello che è stato "il gioco di Tisci". I primi look sfoggiati in passerella conservano quella che è da sempre l'identità Burberry, completi classici british, beige e sobri, un trionfo di blusee gonne midi volant, gilet, blazer corti e avvitati e décolleté Mary Jane bassi. Poi è arrivato l'uomo Burberry, total black, gessato, con i suoi trench over, le cinture a catena in vita, i suoi dettagli argento e gli occhiali futuristici. Da quel momento la pelle ha trionfato, la classicità delle camicie ha cominciato ad essere sdrammatizzata da disegni e dal nuovo monogram, le gonne delle donne si facevano sempre più mini e i tacchi sempre più a spillo.
Curioso è stato osservare i dettagli: il gioco di Tisci è stato quello di imporsi pian piano nella realtà Burberry, accostando alle camicie a quadri shorts cow, stampando frasi d'effetto (come la chiacchierata WHY DID THEY KILL BAMBI) e imponendo l'over su tee e pantaloni.
"Ho grande rispetto per l’heritage di Burberry, voglio celebrarne la bellezza e valorizzarne le potenzialità"
Riccardo Tisci
Il nuovo creative director ha messo in scena una collezione SS19 che affonda le sue radici in quelle che erano le ispirazioni e i principi di Thomas, quando i simboli della Maison erano il Burberry Tielocken (primo vero nome del trench) e i colori pastello autunnali. Con Kingdom Tisci ha voluto raccontare la storia della moda inglese, conservando e rinnovando ma senza privare il brand della sua identità storica. C'è il tartan ma anche il nuovo pattern TB, ci sono le camicie con il nastro ma anche i tubini aderenti in pelle, le donne della SS19 sono eleganti ma amano anche osare con scollature e mettere in risalto la vita fasciandola con una cintura.
Critica
Procediamo con ordine. Lo show è stato molto bello, ma non possiamo dire che sia stato rivoluzionario. Il debutto di Riccardo Tisci da Burberry era sicuramente uno degli eventi più attesi di tutta la Fashion Week, dando vita a un susseguirsi di indiscrezioni e anticipazioni su come avrebbe fatto incontrare lo streetwear con il lusso in un brand così classico e tradizionale come Burberry. Le domande erano molte: andrà sul sicuro, farà una rivoluzione, porterà un po’ di street attitude da Burberry, sempre così sofisticato, o darà semplicemente un’impronta personale al tutto? La risposta a quasi tutte le domande è stata sì, e nella pratica questo si è rivelato allo stesso tempo la forza e la debolezza della collezione.
Tisci sa quello che fa e soprattutto sa cosa si aspettavano le persone: conquistarle fin da subito per poi dare uno scossone al tutto. E così ha fatto, ha iniziato da dove doveva, con l’ormai ultra iconico trench beige. Prendendo ispirazione dal passato, riportando in passerella la cintura alta elasticizzata che Thomas Burberry utilizzava nei suoi primi capi militari, Tisci ha poi cambiato la silhouette, rendendola più aderente, che accarezza le forme del corpo, e modernizzandola, con dettagli come la chiusura a fibbia sul collo o i risvolti in coccodrillo. Non ci è voluto molto prima che portasse in passerella l’altra icona del brand, il mitico Burberry tartan pattern. Inizialmente quasi nascosto, poi sempre più evidente, moltiplicando il pattern all’infinito in stampe geometriche esteticamente ben riuscite.
Tutto molto bello, finché le cose non si sono fatte un po’ confuse con look gonna-camicia piuttosto inutili, stampe animali buttate un po’ a caso e alcuni tagli molto discutibili sui vestiti. Poco dopo ha fatto il suo ingresso anche l’attesissimo nuovo monogram logo, che aveva già scatenato critiche e polemiche per l’apparente eccessiva semplicità del font. Nella pratica ha funzionato molto bene, i colori beige e rosso del nuovo monogram erano ripetuti su tessuti di alta qualità, spesso spezzati o frammentati. Anche gli stiletto erano molto belli, anche se forse un po’ troppo ispirati a un certo brand milanese.
Poi è stato il turno della moda uomo, con i primi modelli che hanno fatto il loro ingresso in passerella con look chiaramente ispirati alle creazioni dei sarti di Saville Road, con un tocco più moderno, come i bottoni orizzontali in pieno stile Tisci. Va detto che alcune delle giacche e dei trench visti avevano dei tagli stupendi, realizzati sovrapponendo tessuti diversi. A questo punto le cosa hanno iniziato a vacillare, e lo show ha perso un po’ la bussola. Le college shoes enormi viste ai piedi delle modelle, nonostante fossero molto British, non sembravano molto appropriate. Si sapeva fin dall’inizio che Tisci avrebbe dato un’impronta giovane a Burberry, prendendo ispirazione dai suoi giorni da diciassettenne passati proprio a Londra, dove il punk e la ribellione si respiravano nell’aria. Inizia così una serie di stampe male assortite, tessuti metallizzati, slogan e persino gonne a stampa mucca, che erano in netto contrasto con i capi sofisticati che li hanno preceduti. Non era Burberry e non era Tisci, era una terza entità a parte. Anche la proposta uomo è andata in questa direzione, soprattutto nei look maschili si è visto fin da subito il tocco di Tisci, con un chiaro e forte riferimento alla moda street. Nonostante ancora una volta un po’ troppo ispirati ad un certo brand di Milano, era comunque evidente la voce e l’estetica personale di Tisci. Dobbiamo vedere più da vicino le sneaker, ma per il momento ci sembrano molto semplici, anche se è ancora presto per giudicare.
Conclusioni
È innegabile che la prima sfilata di Riccardo Tisci per Burberry sia stata un successo, che segna l’inizio di una nuova era per il marchio, come molti avevano previsto. Ci sono stati degli alti (molto alti) e dei bassi (molto bassi), ma la rivoluzione non c’è stata, ma forse Burberry non è neanche il brand adatto ad una rivoluzione. È molto difficile ridare vita a qualcosa che non ha tempo, un classico immutato nel tempo, ma Tisci ha fatto esattamente questo. Burberry parla una lingua che Tisci sta ancora studiando, ma senza dubbio è riuscito ad elevare lo status del brand sia nella moda luxury che street. Si prospetta un anno di successi per il leggendario marchio inglese.
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