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La rivoluzione di Riccardo Tisci

“Il lusso moderno non può prescindere dalla responsabilità sociale e ambientale”

La rivoluzione di Riccardo Tisci “Il lusso moderno non può prescindere dalla responsabilità sociale e ambientale”

Da Burberry è iniziata una nuova era.                                                                   

L’arrivo nella storica casa di moda inglese di Riccardo Tisci come creative director e di Marco Gobbetti come CEO coincide con una nuova visione fatta di piccole e grandi rivoluzioni.

La prima è il re-branding ad opera del graphic designer Peter Saville, che ha rivisitato il logo in un mood accattivante e moderno in carattere Sans Serif, accompagnato da un rinnovato monogram: un lettering a incastro ispirato ai disegni d’archivio della Maison.

A tutto ciò segue una svolta green, come racconta Business of Fashion in un lungo articolo. Innanzi tutto verrà d'ora in poi vietato l'utilizzo di pelli di animali in passerella; banditi coniglio, volpe, visone e procione asiatico, resta solo lo shearling. La notizia più importante è però questa: il marchio non distruggerà più i prodotti invenduti, un metodo diffuso nel mondo della moda (molte sono le label a farlo, da H&M a Nike), per evitare che gli articoli vengano contraffatti o svenduti a prezzi troppo bassi ed abbassare i costi di stoccaggio nei magazzini. Burberry dice che smetterà questa pratica che nell'anno fiscale 2017/2018, aveva portato l’azienda a distruggere 28,6 milioni di sterline (36,8 milioni di dollari) di prodotto, tra abbigliamento, accessori e profumi.

Ok il desiderio di proteggere l'immagine di un marchio, ma davvero lo sconto sulla merce fa più paura della decisione di incendiarla, generando così, secondo quanto riporta BoF riferendosi ad una lettera scritta dal retailer ThredUp, "il 10% delle emissioni globali di carbonio"?
Non per Gobbetti che in una nota ha detto:

"Il lusso moderno significa essere socialmente e ambientalmente responsabili. Questa convinzione è fondamentale per noi di Burberry e la chiave del nostro successo a lungo termine.”

La nuova politica sulla dismissione del prodotto invenduto si sposa perfettamente con la più ampia strategia di business e merchandising che l’amministratore delegato ha messo in atto da quando ha assunto ufficialmente questo ruolo nel luglio 2017, ma è anche in linea con il trend di realizzare collezioni più ridotte e frequenti che, adottando un target ed un approccio più mirato allo sviluppo e alla distribuzione del prodotto, creano meno sprechi nel processo. Lo sottolinea sempre il ceo di Burberry in un’intervista a BoF:

“Avere collezioni più frequenti e più rigorose che possono essere davvero mirate  […] ti permette di essere molto più preciso nel modo in cui progetti, acquisti e vendi”. Un esempio perfetto di questa filosofia? La capsule collection con Vivienne Westwood.

Per sapere le prossime rivoluzioni di Burberry, soprattutto dal punto di vista stilistico, dovremmo però aspettare fino al 17 settembre, quando Riccardo Tisci presenterà la sua prima collezione come direttore creativo della label durante la London Fashion Week.