Rad Hourani F/W 2010/11 collection review
08 Luglio 2010
Uno degli aspetti più interessanti del seguire la moda, è la piacevole sensazione che ti dà l’assistere a qualcosa di completamente nuovo, inaspettato, come l’emergere di qualche giovane designer. Questa stessa sensazione mi ha colpito quando mi sono imbattuta nella collezione del prossimo inverno 2010/11 di Rad Hourani, giovane stilista di origini giordane, residente in Canada ma, a tutti gli effetti, cittadino del mondo,che ha lanciato la sua prima collezione tre anni fa e che ha l’aria di essere davvero molto, molto promettente. Già, perché aldilà dell’estetica ciò che colpisce del suo lavoro è quello che non si vede ma si intuisce, ciò che è dietro e che permea ogni singola uscita in passerella: parlo di una visione precisa, di un vero e proprio credo che ha come punti cardine la sobrietà, la simmetria e la flessibilità dell’unisex.
Designer visionario, Rad Hourani, la cui indole sinceramente artistica lo ha già portato ad essere affiancato più volte a geni come Gareth Pugh, Helmut Lang e Rick Owens. Ad accumunarlo a questi grandi nome anche la prevalenza del nero, vero e quasi unico protagonista cromatico, l’atmosfera dark, la semplicità apparente che nasconde un grandissimo lavoro nei dettagli e l’amore per la pelle. A distinguerlo, tra le altre cose, l’uso all’avanguardia del neoprene, l’odio per i bottoni (neanche uno, in un’intera collezione!) puntualmente sostituiti con zip, ed il provocatorio ritorno della punta quadrata nelle calzature (credevate che fosse andata per sempre, vero?). Ancora, live motive del suo concept è la continuità, sia dal punto di vista sartoriale, perchè ciascun pezzo presenta linee e cuciture altamente pulite e precise da impedire di capire dove inizia l’uno e finisce l’altro, sia dal punto di vista gestionale del proprio lavoro: la sua ispirazione è un continuum inarrestabile autorigenerantesi, nel senso che ogni collezione nasce dalle ceneri di quella precedente, perchè il suo obiettivo è creare vestiti che possano essere indossati da chiunque in qualsiasi momento, sconvolgendo così la natura semestrale della moda. Una vera e propria sfida, la sua, perché vuol rendere continuo qualcosa che è tradizionalmente percorso da una linea immaginaria che spacca in due, riconducendolo ai cataloghi “primavera estate” e “autunno/inverno”.
“Armature senza peso”, così definisce i propri vestiti. A me sembrano piuttosto delle uniformi che potrebbero facilmente vestire dei mercenari futuristici: ogni lembo di pelle è sapientemente coperto (e protetto) fatta eccezione del viso e delle mani (anzi, delle dita!), le linee sono due ma semplici e le forme geometriche di ogni singolo pezzo vengono lasciate alla libera interpretazione di chi le indossa: interpretare il vestito, insomma, e farne emergere la geometria attraverso i movimenti. Non si tratta solo di vestiti che, meramente, coprono, si tratta di veri e propri strumenti simbolici che veicolano un significato, di chiusura e di protezione. Ancora una volta, e piacevolmente, la moda come comunicazione.