Quando Comme des Garçons firmò una linea di furniture
Creata da Rei Kawakubo negli anni ‘80 per le sue boutique
19 Aprile 2022
Che Rei Kawakubo sia stata e sia una delle designer più influenti nella moda degli ultimi quarant'anni non è neanche argomento di discussione, ma di constatazione. Con il suo iconico brand Comme de Garçons, la designer giapponese ha infatti segnato indelebilmente la moda a partire dagli anni 80, diventando un punto di riferimento del fashion system, nonostante gli ormai quarant’anni di attività, e le quasi ottanta primavere sulle spalle. Ma se i suoi show e le sue collezioni più famose sono già il soggetto di numerosi saggi, come ad esempio, il volume di Andrew Bolton, Rei Kawakubo/Comme des Garçons: Art of the In-Between tratto dalla grande mostra retrospettiva del 2017 dedicatale dal Metropolitan Museum of Art, c’è un altro aspetto del suo lavoro di cui non si parla abbastanza: la sua collezione di arredamento.
La linea di arredamento disegnata da Rei Kawakubo ha avuto una breve vita, durata soli dieci anni, tra il 1983 e il 1993, senza una grande distribuzione e con un solo store fisico in tutto il mondo, a Parigi. Inoltre la linea non è nata come entità indipendente, ma complementare rispetto all’esperienza che il cliente doveva fare nel momento in cui entrava nella boutique. Guardando ai propri negozi come a un' estensione delle proprie passerelle, per Rei Kawakubo era necessario che il luogo dell’acquisto fosse un luogo di esperienza, che confermasse e amplificasse la sua visione. Il progetto, partendo proprio dagli store, si sviluppò in una serie molto circoscritta di creazioni, tra sedie, tavoli, e separé per la casa. Tutti i pezzi erano realizzati con materiali semplici, non ricercati o particolari: metallo e legno su tutti, ed erano pensati dalla stessa Rei Kawakubo come se fossero quasi delle sculture. Nonostante l’apparente semplicità dei materiali, a livello di lavorazione gli oggetti presentano delle loro peculiari originalità o, quantomeno, un approccio personale nelle scelte stilistiche: il legno è levigato e privo di vernice, il metallo utilizzato viene sabbiato, e successivamente zincato, mentre l'alluminio è montato su legno.
Tutti i pezzi hanno un'estetica tendente verso il brutalismo e il minimalismo, e giocano con alcune parole chiave dell’estetica della designer giapponese: asimmetria, decostruttivismo, e non finito. Termini che, nel progetto di interior, sono utilizzati per lavorare sul limite tra furniture e scultura, per questo sono anche disinteressati ad aspetti che consideriamo normali per l’arredo, come la comodità o addirittura la solidità strutturale degli arredi stessi. Secondo le testimonianze di chi ha studiato questi lavori, per esempio, se una persona troppo pesante avesse usato una delle sedie, questa non avrebbe retto. Inizialmente infatti, questi pezzi non erano stati ideati per essere utilizzati in casa, ma come arredo del negozio, tanto da essere definiti come oggetti transitori. E anche nel momento in cui sono stati commercializzati, si è tratta di una produzione piccola svoltasi nell’arco di appena un decennio, tanto che, ancora oggi, molti fan di Comme de Garçons non ne sono a conoscenza.
Come si può capire facilmente intuire da questa descrizione, si trattava di un progetto totalmente sperimentale, che per questo non è decollato anche da un punto di vista commerciale. Da qui, si presume, la decisione di chiudere la produzione furniture, che per lungo tempo è rimasta nel dimenticatoio. Chi l’ha riesumata è stato Didier Courbot, uno studioso di Comme de Garçons, nonché proprietario della Galleria a1043 di Parigi che, nel 2017, decise di dedicare una mostra proprio a questa collezione. Il suo lavoro è stato fondamentale per riportare alla luce questi lavori, sia da un punto di vista di recupero dei pezzi originali – che in galleria erano circa una quarantina – sia per quanto riguarda l’aspetto nozionistico e concettuale. Proprio grazie a quella mostra è stato infatti possibile dare il giusto risalto ad una storia che altrimenti si sarebbe persa nel vuoto. L’operazione di Didier Courbot è stata l’apripista per una riscoperta dei lavori della Kawakubo, su cui adesso, per quanto scarsa, esiste comunque una letteratura.
Come avevamo scritto anche per la linea di interior design di Rick Owens, il progetto di furniture non è sicuramente ciò per cui rimarrà sui libri di storia Rei Kawakubo, ma si tratta di un’altra lente attraverso cui leggere il suo lavoro. Guardare a come ha approcciato questo progetto, dà la dimensione del talento sfaccettato e multidimensionale della designer giapponese, e di come sia riuscita mantenere un’estetica personale e originale al di là del medium, al di là che queste siano furniture o sculture, sedie o non sedie.