Il Bagno di Diana, la prima piscina pubblica nella storia di Milano
Indovinate dove si trovano oggi?
18 Agosto 2021
Milano è una città che cambia volto di decennio in decennio, a volte lasciando tracce del proprio passato e altre facendolo scomparire completamente. Uno dei migliori esempi di questi processi storici è il Bagno di Diana, il primo stabilimento balneare di lusso ad aprire in città. Oggi Milano conta un gran numero di piscine, sia pubbliche che private, ma c’era un tempo in cui poter nuotare senza andare al mare o al lago era un’idea inconcepibile. Ovviamente Milano era una smart city già a metà dell’800 e Giuseppe Nervo, che era a capo di una società di azionisti, e fece costruire in Piazza Oberdan, e dunque in piena Porta Venezia, i Bagni di Diana, la prima piscina di Milano, nel 1842.
Il luogo, nato sulla carta come una scuola di nuoto, copriva l’area oggi delimitata da viale Piave, via Nino Bixio, Giuseppe Sirtori e Paolo Mascagni. La vasca era lunga 100 metri e larga 25, anche se venne in seguito ridotta di qualche metro, intorno ad essa era sviluppato un complesso di edifici che includeva palestre, ottantaquattro camerini, un ristorante, un giardino da 7 chilometri quadri, un caffè e una sala da ballo. Era, in altre parole, un country club ante-litteram per l’élite della città che infatti a poco meno di un anno dall’apertura, il 30 maggio del 1843, proprio lì venne organizzato un enorme banchetto per celebrare l’avvio dei lavori per la stazione di Porta Tosa. Lo stabilimento divenne presto un punto fisso della vita mondana milanese, tanto che persino durante le turbolente Cinque Giornate, nel 1848, in piena insurrezione popolare, solo lì e al vicino Lazzaretto, che si trovava sempre in Porta Venezia, era permesso il tiro al bersaglio.
Due membri dello staff rimasero impressi nella memoria pubblica della città, come ricorda Giulia Minenna nel suo articolo sulle piscine scomparse di Milano: il primo era il concierge Febo Franchi, che gestì il Bagno per oltre quarant'anni senza mai fare un bagno lui stesso; e un bagnino di nome Bacioch che aiutava i nuotatori in difficoltà allungandogli un lungo bastone. Alla fine del secolo lo stabilimento era così celebre che persino i fratelli Lumiére chiesero al loro operatore italiano, Giuseppe Filippi, di crearne un filmato che ancora oggi si conserva nel loro archivio. Eppure non bisogna idealizzare troppo quel mondo: nel 1898, lo scrittore Paolo Valera si lamentava di come l’acqua della piscina venisse cambiata soltanto una volta la settimana definendola «plumbea» e «untuosa». Non di meno, il problema delle acque non distolse i milanesi dal frequentare la piscina, che dal 1886 era sta aperta anche alle donne ma con orari e spazi riservati per evitare situazioni che all'epoca erano percepite come incresciose. Il rispetto dell'etichetta al Bagno di Diana era tale che le sedie del bar, nell'edificio principale, davano le spalle alla piscina perchè era considerato maleducato guardare i nuotatori poco vestiti.
L’edificio ospitò nel 1900 il primo Campionato italiano di tuffi, organizzato dalla società Nettuno, una delle prime associazioni sportive a promuovere gli sport aquatici. Via via però che l’acqua potabile arrivava nelle case dei cittadini e le acque locali diventavano inquinate dalle fabbriche intorno alla città la vasca venne abbandonata e svuotata e divenne una pista di pattinaggio. L’approvvigionamento dell’acqua era in effetti problematico: vennero provate diverse soluzioni, dai canali sotterranei che portavano acqua dal naviglio della Martesana alle pompe a motore, fino agli impianti misti. Nel frattempo comunque la struttura cresceva, diventando nota come il Kursaal Hotel Diana – l’attuale Hotel Diana Majestic di Porta Venezia, di cui conserva ancora la facciata originaria.