La storia di Prada Marfa
L'installazione artistica diventata un fenomeno di costume e il simbolo della selfie culture
06 Novembre 2020
Tra una borsa di Chanel e un sandalo di YSL, c'era un altro dettaglio che colpiva lo spettatore quando Serena van der Woodsen faceva ritorno nell'attico di famiglia nell'Upper East Side: quel quadro, girato l’angolo dell’ascensore, che recitava, in nero su sfondo bianco, Prada Marfa —> 1837 MI.
Quel quadro diventò un piccolo fenomeno di costume negli anni in cui Gossip Girl raggiunse la sua massima popolarità, andando a decorare le camerette di migliaia di teenager in tutto il mondo (e le bacheche Pinterest delle stesse), grazie alle riproduzioni dell'opera che si trovavano su qualunque sito web. La fama dell'opera - che in quel quadro veniva solo evocata - divenne un fenomeno pop per via di un episodio dei Simpsons, e ancora di più, per una foto pubblicata su Instagram da Beyoncé.
Nelle sue continue rivisitazioni e riproduzioni, l'opera è stata anche la fonte d'ispirazione per l'artwork creato da Timo Helgert per Digital Cover 03 di nss magazine, in particolare per la stanza dedicata alla definizione di lusso e al ruolo dei brand nel futuro.
Prada Marfa è infatti un’installazione artistica permanente realizzata nel 2005 dal duo scandinavo Elmgreen & Dragset, con l'aiuto degli architetti Ronald Rael e Virginia San Fratello. L'artwork sorge nel mezzo del deserto del Chihuahua, in Texas, a circa 60 km da Marfa, una piccola cittadina con poco più di mille abitanti. L'opera si trova effettivamente sul territorio di Valentine, una minuscola cittadina di 127 abitanti, ma è stata finanziata dal Ballroom Marfa, centro di cultura e arte contemporanea, e dall'Art Production Fund. Il titolo dell'opera vuole essere un riferimento chiaro a Marfa, città simbolica nel mondo dell'arte, da quando nel 1971 Donald Judd, artista e architetto del movimento minimalista, vi si stabilì, rendendola una tappa obbligata per tutti gli appassionati d'arte. La struttura stessa dell'opera, così essenziale, è un omaggio allo stile architettonico di Judd.
Prada Marfa consiste nella riproduzione fedele di una boutique di Prada: le insegne nere con logo bianco, il colore delle pareti, l'illuminazione e la pavimentazione sono tutti dettagli replicati a partire dai veri store del brand. Sebbene l'opera non sia stata commissionata dalla maison italiana, Miuccia Prada ha voluto offrire il proprio appoggio ai due artisti, fornendo lo store/installazione di alcuni accessori della collezione FW05 del brand, e permettendo loro di utilizzare il logo Prada senza conseguenze legali.
L’installazione nasce quasi come un’opera di land art: l’idea originale era infatti che la struttura si deteriorasse nel tempo, abbandonata a sé stessa in un territorio ostile all’uomo, senza interventi esterni di riparazione o di restauro. Per questo motivo il finto store venne costruito con materiali biodegradabili, in particolare con mattoni fatti di terra e materiali organici. Tre giorni dopo l’inaugurazione, però, l’opera fu vandalizzata - la parola ‘dumb’ apparve scritta in vernice spray sul lato della costruzione - mentre i prodotti di Prada furono rubati. Per questo, da allora, la struttura e ogni item che vi è custodito sono dotati di allarme, le vetrine installate sono resistenti agli urti, e visti i numerosi episodi di vandalismo, l'opera viene ciclicamente restaurata e ripulita, di fatto tradendo le intenzioni originali degli artisti.
Il lavoro di Elmgreen & Dragset fu concepito come una denuncia nei confronti del consumismo americano, del retail tourism, della gentrificazione, stagliandosi come una provocazione ironica verso il materialismo occidentale. Va tuttavia sottolineato che nel 2005, quando l'opera fu realizzata, Instagram e Facebook e di conseguenza la selfie culture che hanno originato, non esistevano. Con il passare degli anni, Prada Marfa è diventata una destinazione imprescindibile per ogni blogger, influencer e star dei social media, divenendo lo sfondo perfetto per selfie dal potenziale virale. Paradossalmente le migliaia di immagini di gente che salta di fronte al finto store sono la rappresentazione più puntuale del tipo di società che l'opera voleva colpire e criticare. L'artwork è diventato esso stesso un atto consumistico, un luogo da utilizzare in funzione dei social, divenendo così un mezzo e perdendo in questo modo il proprio (enorme) potenziale comunicativo.
In tutti questi anni, nonostante si siano sempre detti molto contenti del successo del loro lavoro, Elmgreen & Dragset non hanno potuto fare a meno di sottolineare che l’opera ha assunto un’identità completamente diversa da quella originaria, un’evoluzione che è avvenuta a causa della percezione del pubblico, e del suo rapporto con l’opera. Come hanno dichiarato i due artisti, i musei sono luoghi in cui l'arte va a morire, mentre l'arte pubblica vive di vita propria. Prada Marfa quindi non era concepito solo per dialogare con gli elementi naturali e il paesaggio che la circondano, ma è nata anche per dialogare con le persone che la visitano, che vivono ognuno a modo proprio l'esperienza dell'arte. Come ha dichiarato Elmgreen al Guardian, "Quando le persone interagiscono con l'arte, anche un atto vandalico può essere visto come qualcosa di positivo, significa che le persone hanno voce in capitolo sullo spazio pubblico."
È forse ironico che per non incorrere in azioni legali e per evitare l'abbattimento dell'opera, Prada Marfa si fregi oggi del titolo di museo. Non è ancora chiaro, però, se lì l'arte sia morta o se sia invece rinata.