Cos’è il lusso oggi?
Se lo chiede la nuova mostra al Musée des Arts Décoratifs di Parigi attraverso oltre 100 artefatti storici
16 Ottobre 2020
Dopo la sua epica mostra 10,000 Years of Luxury allestita al Louvre Abu Dhabi, il curatore Oliver Gabet torna a indagare la natura del lusso attraverso una nuova mostra intitolata semplicemente Luxes che aprirà oggi al Musée des Arts Décoratifs di Parigi, da lui diretto. La mostra guarda al lusso come al «vivaio di tutti i paradossi», capace di incarnare sia il più bieco materialismo che i valori psicologici più intangibili di una civiltà, ma soprattutto è una lente per osservare l’evoluzione della società a livello culturale. Dopo tutto, l’organizzazione di una mostra a riguardo e la riflessione sul tema, presuppongono un punto di vista sul lusso già “esterno” - ossia il punto di vista di chi percepisce il lusso come di un agglomerato di valori immateriali più che di opulenza materiale gli unici veri portatori di significato in un mondo in cui i modelli di crescita esponenziale e le idee di benessere generale si sono sgretolate.
In Luxes a storia del lusso è raccontata attraverso una serie di oggetti in un percorso che inizia con i pesanti portagioie incrostati di madreperla del XVI secolo, passando per gli elaborati gioielli di pietre preziose della dinastia cinese Qing arrivando agli abiti disegnati da Karl Lagerfeld per Chloé e Chanel e fino ai corsetti di lino di Jacquemus. Un enorme e ricchissimo catalogo volto a dimostrare che, come spiega Gabet stesso a Designboom, «in una società in cui non manca nulla, il lusso viene espresso attraverso valori e atteggiamenti, più che in prodotti materiali». Un percorso che, idealmente, si conclude con la stupenda clessidra creata dall’industrial designer Marc Newson – quasi a voler sottolineare, come gli antichi stoici, che la più sublime e inarrivabile espressione del lusso è il proprio tempo. Un tipo di quesito filosofico ed estetico già esplorato con l'installazione sponsorizzata da Cartier della mostra di Abu Dhabi che rappresenta la definizione attuale e futura lusso: un ambiente di vetro chiuso al cui interno è posizionata una scala a spirale in cima alla quale è sospesa una nuvola di profumo L’Envol by Cartier sospesa che solo chi ha accesso all'installazione può assaporare.
Nel percorso ideato da Gabet, il lusso è osservato da due punti di vista: uno fattuale e uno culturale. Sia che si tratti dei raffinati cucchiai ricavati da conchiglie levigate provenienti dalla Germania del XVI secolo o la valigia Goyard appartenuta al Duca di Windsor negli anni ’40, un oggetto di lusso è una testimonianza «eloquente e discreta» dei propri tempi – testimonianza che tocca anche il significato del lusso nel mondo post-Covid in cui, più che in qualunque altro momento, «il concetto di ‘vita gratificante’ non può essere più legato al semplice possesso di un oggetto costoso». Ma anche qui, come riflette Gabet, il tradizionale concetto del lusso si arricchisce di prospettive alla luce dei moderni movimenti dei diritti civili come il Black Lives Matter, che hanno evidenziato come la produzione di oggetti di lusso si sia spesso basata su pratiche come la schiavitù e lo sfruttamento di milioni di individui. Ne consegue che il valore di un oggetto quindi si sposta dal suo costo di produzione o dalla qualità artigianale verso valori più simbolici e storici che si stratificano all’interno del suo significato.
Una mostra che esplora dunque il concetto di lusso attraverso le sue molte incarnazioni attraverso il tempo, seguendone la progressiva liberazione dalle concezioni materialistiche e il suo avvicinamento verso la moderna concezione del Nuovo Lusso – concezione che anche i brand di moda, oggi, si preoccupano di coltivare ponendo un’enfasi tanto sulla curation della propria comunicazione quanto sui propri prodotti, associando al proprio output creativo interi sistemi di valori e di culture. Il passaggio dal Gucci di Frida Giannini a quello di Alessandro Michele rappresenta ad esempio uno dei momenti più emblematici di questi shift, come anche l’intero sistema comunicativo che Simon Porte Jacquemus (i cui design sono per altro esposti all’interno della mostra) ha costruito intorno al proprio brand, il cui successo dipende quasi più dall’estetica che il designer è stato in grado di evocare e canalizzare attraverso i social media – in aperta rottura con la vecchia guardia simboleggiata dai design di Karl Lagerfeld che, invece dei corsetti di lino di Jacquemus, sono rappresentati nell’esposizione dagli opulenti abiti delle sfilate couture di Chanel e Chloé.