Sono anni che lo diciamo: Milano non è più la terra promessa di un tempo. Dagli anziani sul tram con le borse strette al petto per paura di uno scippo ai bocconiani annoiati in fila al Rocket, non c’è estrazione sociale ed anagrafica che non sia stata colpita da questa totalizzante ondata di disillusione. Un cavallo di battaglia che imperversa dal post-pandemia: la fine del sogno del capoluogo meneghino come gloriosa metropoli europea. “Un nuovo modo di odiare Milano” titola Rivista Studio il 12 marzo dello scorso anno, per testimoniare l’insoddisfazione di chi si è scoperto detrattore di una città che fino a poco tempo fa diceva di adorare, poco dopo Selvaggia Lucarelli su Il Fatto Quotidiano racconta della sua storia d’amore (finita male) con il capoluogo lombardo, con parole in cui, derive pietiste a parte, tutti potremmo riconoscerci. Ma quanto c’è di vero in tutto questo e quanto invece è frutto del tentativo di compiacere quella fetta di pubblico a cui piace raccontarsi di stare male, vivere male, in una sorta di decadentismo borghese alla voluptas-dolendi? Con l’avvicinarsi di due momenti storici cruciali per il destino della città - le Olimpiadi invernali del 2026 e le elezioni comunali dello stesso anno - abbiamo deciso di cogliere un fermo immagine di questa disillusione discutendo con chi su Milano e sulla sua narrazione ha fondato non pagine Instagram ma intere carriere. C’è chi ha glorificato l’estetica della signora milanese in pelliccia a passeggio per Brera (Le Più Affascinanti Di Milano, Sciuraglam), chi ha documentato gli outfit quotidiani della fauna urbana per mantenere la città al passo delle principali capitali mondiali in fatto di street style (Milanesi a Milano), chi racconta la scena moda dalla prospettiva privilegiata di un set (milanosulset), il Book Club Zero Sbatti di Carlotta Snazogni a narrare il sottobosco culturale, chi usa il design con ironia (Milano tra le righe) e chi scherzando sugli stereotipi ha creato un vero è proprio personaggio (La ghey). Sono i protagonisti della nostra nuova digital cover Ti odio Milano Ti Amo, che raccoglie i resti di Milano Sospesa, del Covid e cerca di restituire lo spaccato di città in cui nel bene o male siamo cresciuti o invecchiati, in cui vorremmo ancora trovare spazio per sognare, in cui vorremmo ritrovare la magia per cui accadono le cose o accorgerci di non averla mai persa, di esserci solo distratti. Nel 2010, un testo di Federico Fellini per l’Espresso dal titolo Mi piace / Non Mi piace ispirò Paolo Sorrentino per la prefazione del suo romanzo Hanno tutti ragione, lo stesso testo ci ha ispirati per il format di questa intervista, alla scoperta di mille modi e ragioni per odiare o amare Milano, per poi accorgerci che il confine tra le due cose è molto labile.
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DIGITAL COVER N.17
Intervista
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CREDITS
Photographer Dave Masotti
Photographer Assistant Gianfranco Maria Lo Sterzo
Styling Edoardo Lasala
Set Designer Asia Calzà
MUAH Cinzia Trifiletti
MUAH Assistant Silvia Mancuso
Video Contents Ilaria Grande
Editorial Coordinators Elisa Ambrosetti, Cecilia Corsetti
Text Maria Stanchieri
SPECIAL THANKS TO:
Grand Hotel et de Milan
Massimo Alba
Euro Jolly Sala Biliardi
Taverna del Borgo Antico
Cineteatro Stella
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