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Back Where We Started From: Loredana Bert

Back Where We Started From: Loredana Bert

Quando ero piccola, avevo il mio giorno libero, il giorno libero dalle scarpe ortopediche e potevo decidere io cosa mettermi e cosa indossare.

Quando ero piccola la mia evasione era indossare un tutù, un body arancione, dei calzini antiscivolo di Memole e stavo bene così, andavo ovunque vestita così e non me ne fregava nulla della stagione, dell'occasione e di cosa potessero dire gli altri.

Dopo poco è nato il mio amore per le persone che sono rimaste come ero io a cinque anni con il mio tutù. Quelle persone che sentono che ogni giorno è il loro giorno libero dagli obblighi e portano addosso tutta una serie di segnali e codici che raccontano sé, che raccontano il loro passato, che segna ancora il presente e che molto probabilmente segnerà il loro futuro.

Gli abiti indossati dalle persone ferite, dalle persone che urlano, dalle persone che non si vergognano di dimostrare il loro stare bene nel loro malessere, sono quelli che parlano di più, quelli che amo raccontare, quelli che non mi stufano e quelli che non trovo mai eccessivi.

Le canzoni che amo di più sono quelle che urlano esattamente le stesse cose degli abiti di chi le canta. Dei testi pieni di follia, delle parole che vomitano isterismo e rabbia e che in pochi minuti ti cambiano lo stato d'animo. Sono quelle situazioni in cui pensi che il cantante sia una sorta di super uomo che ha saputo esprimere, addirittura in maniera quasi poetica, tutte quelle cose che ti sono passate dentro in un attimo di rabbia, di amore sbagliato e di incomprensione.

Le facce che amo di più sono le facce segnate. Non importa che età abbia una persona, non importa il livello di cura che ha di sé, ci sono dei volti che parlano e dei volti muti. Ecco personalmente sono attratta dai volti che narrano, che il più delle volte raccontano la storia di una persona che vive nel suo mondo, che fa le sue scelte e le esterna agli altri con tutta la naturalezza possibile, nonostante siano decisioni azzardate o pensieri incomprensibili. 

Le parole che amo ascoltare di più sono spesso dei fiumi in piena inarrestabili, un flusso continuo che non si ferma mai, che mescola insieme il delirio che si può creare in una mente in pochi minuti, in cui si aprono gli argini di tutte quelle cose che ti fanno compagnia.

Le persone che amo di più sono gli inspiegabili, perché di loro non ti dimenticherai mai, non potrai mai portargli rancore, nonostante il non capire ti porti alla rabbia e nonostante vorresti, anche solo per un attimo, entrare nella loro mente e leggere per un'istante se sei riuscito a colpirli, a farli stare bene, a farli sorridere sul serio.

Gli occhi che amo di più non hanno un colore particolare, ma sono quelli che più assomigliano agli specchi, perché puoi vederci ciò che che vuoi, puoi vederci te stesso e puoi immaginare di essere dentro la fantasia di quel pazzo in quel attimo che ti specchi e non ti stai nemmeno rendendo conto di essere lì in quel momento.

Il rumore che amo di più è quello del mare che accomuno spesso a quello della neve, una sorta di enorme silenzio che ti porta via e che ti fa più compagnia di qualsiasi altro rumore.

ARTWORK BY SIMONA DELL'UNTO

 

Since my childhood I have always loved unexplainable people, the fools and the hysterics.

I have always had a kind of envieness for the crazy ones, the one who do not bother about the others and have always wear whatever they want.

I have always loved the eyes that seem to be a mirror, where you can see your face inside and feel the illusion to be in that person's mind for a second.

The words that I love to hear the most are a kind of unstoppable river, a kind of fluxes of the craziness that could take place in some people's mind.

The songs that I love the most are the ones that shout exactly the same thing of what the clothes' of the singer shout out. Texts full of craziness and words that vomits hysterism and fury, the one that change your feelings in few minutes.

The noise that I love the most is the noise of the sea that I often associate with the noise of the snow, a kind of huge silence that brings you away and that keep you company in every other kind of noise.