Reportage dalla Francia di Le Coq Sportif
NSS - New Sport Side
23 Febbraio 2016
Romilly-sur-Seine è un piccolo (circa 14 mila abitanti) paesino del nord-est francese. Si trova nella regione di Champagne Ardenne, più conosciuta certamente per altro. A Romilly-sur-Seine si arriva con un comodo treno che parte da Gare de l’Est, dopo circa un' ora di viaggio. Si attraversano kilometri e kilometri di campagna pura, un paesaggio che può diventare alienante per alcuni, essere d’ispirazione per altri. Deve averlo pensato – nonostante il paesaggio molto diverso – anche Emile Camuset quando, nel 1882, fondò proprio qui la prima fabbrica di Le Coq Sportif.
Nella nuova sede di Romilly, aperta 5 anni fa proprio per onorare e continuare la tradizione del galletto, c’è tutta la produzione apparel e sportswear del marchio francese. Quindi: le collezioni gallo d’oro – quelle di top quality – e l’intero kit di Fiorentina e Saint-Etienne. Tutto viene fatto a mano, fait en France dicono loro, e pensato e calcolato nei minimi dettagli.
Le divise della Viola e dei Verdi hanno diverse caratteristiche che le rendono uniche, quella più evidente – per la formazione francese almeno – è il colore. Il verde Saint-Etienne, diventato marchio distintivo anche nella produzione extra-calcistica di Le Coq nasce negli anni ’70, quando la squadra allenata dal leggendario Robert Herbin diventa la prima francese ad arrivare in finale di Coppa dei Campioni (l’attuale Champions League), poi persa contro il Bayern Monaco, nel 1976.
Ma tutta la storia del brand francese è legata a doppio filo con lo sport, e non solo con il calcio. Se da una parte Le Coq è stato il primo brand indossato da Michel Platini nella sua prima squadra, il Nancy, anche il tennis ha giocato il suo importante ruolo nella diffusione del marchio.
Durante il nostro tour il gentile, e quasi timido, product manager – parlando nel suo ipnotico inglese accentato alla francese – ci mostra un pezzo della nuova collezione, ispirata alle gesta di Yannick Noah, che se non è stato il miglior tennista francese di sempre, sicuramente è il più vincente – oltre che padre di Joakim, stella NBA dei Chicago Bulls.
Il tennis, insieme al ciclismo, è l’altro asso nella manica di Le Coq, uno dei settori in cui il marchio punta a raggiungere la massima riconoscibilità. Oggi vestono Richard Gasquet, probabilmente il più fascinoso e bel giocatore del circuito ATP.
Alle classiche polo da tennis farà l’occhiolino anche la prossima uscita LCS, un prodigio di eleganza e richiamo alla tradizione. Della stessa capsule (la BBR tutta made in France) fa parte anche la felpa tenniswear Anni ’70 che vista da vicino è ancora più graziosa che in foto. E tradizionale è anche il modus operandi della fabbrica, basata sul vincente concetto di esperienza.
Ci vogliono dai 2 ai 5 anni di formazione per essere assunti a Romilly, un periodo di tempo durante il quale si viene attentamente formati dall’azienda. Degli arti umani che funzionano con la precisione di quelli di un robot, potrebbe essere questa una frase per riassumere quanto visto nella nostra piccola gita. Il processo di stampa è poi un tripudio di colori, una di quelle operazioni che esaltano i non addetti ai lavori quanto il disegno con le tempere per un bambino.
Per un attimo ci accorgiamo anche dell’effetto degli attentati di novembre sulla produzione LCS, ma non possiamo dirvi di più. I francesi tengono molto alle loro esclusive, e ci nascondono anche il nome del misterioso italiano che ha collaborato alla re-issue della più iconica delle loro produzioni, la maglia numero 10 di Maradona di Messico ’86. Si respira così tanto calcio in quella fabbrica… Dalle stesse menti – o per lo meno dalla stessa linea aziendale – sono passate alcune delle divise più simboliche della storia del pallone, che segnano generazioni e immaginari. Quella di Johan Cruijff ai tempi del calcio totale dell’Ajax, quella dell’Olimpique Marseille campione d’Europa, o ancora l’Italia dell’82 (già, quella campione del mondo) il Senegal del miracoli e la Nazionale francese per la prima volte campione d’Europa.
Proprio sulla nazionale francese e sulla sua divisa c’è un bell’aneddoto che si trova girando qualche forum di tifosi: qualche mese fa è partita una petizione per richiedere il cambio di sponsor tecnico dei galletti da Nike a Le Coq Sportif, in pieno orgoglio nazionale d’oltralpe.
D’altronde anche i colori che regnano sulla maggior parte della produzione LCS sono spiccatamente francesi. Rosso. Bianco. Blu.
Nella stessa mattinata abbiamo la fortuna di visitare anche France Teintures (sede a Troyes), una delle più antiche fabbriche di tintura di tutta la Francia e, attualmente, la più grossa in attività. Tra i suoi clienti, ovviamente, Le Coq Sportif. A colpire sono gli standard elevati, la difficoltà di produzione di qualcosa che sembra elementare, come il cotone, e i mille modi in cui una cosa, la stessa cosa, può essere fatta.
Anche se poi ci viene fatto capire che c’è un solo modo per farle, le cose: bene. È difficile capirci qualcosa dei processi di lavorazione e tintura dei tessuti, quello che più stupisce è la maniacale attenzione al grado di resistenza del tessuto ai lavaggi, la sua capacità di non mutare forma.
Fa un certo effetto confrontare i materiali grezzi primi, il processo di rifinitura poi, con il prodotto finito e messo in vendita nel flagship di Rue de Montmartre visitato il giorno prima. Ci arriviamo dopo aver fatto tappa nei meravigliosi uffici Le Coq Sportif in Rue Bachaumont, dove il team LCS lavora affacciandosi su finestre con vista sui magici tetti parigini e dalle quali entra una spropositata quantità di luce. Dopo la piccola escursione nel rooftop aziendale – uno di quei luoghi che ti aiutano a visualizzare il concetto di invidia – ci viene mostrato lo showroom con la collezione primaverile. LCS compirà un importante passo avanti nel mercato delle sneaker, pare di capire, sulla scia del grande successo delle Arthur Ashe. Almeno tre collezioni diventeranno imprescindibili nei prossimi mesi in tanti shop di mezza Europa.
Ci dicono che siamo stati fortunati, solo un giorno prima Parigi era grigia, piovosa e molto fredda. Quella mattina invece c’è un sole che ci accompagnerà per tutto il giorno, anche nella nostra gita cittadina. È banale, ogni volta che si mette piede a Parigi, come venga in mente la frase che Woody Allen cuce sulla bocca dell’incantevole Marion Cotillard (“che esista Parigi, eccetera eccetera…”), come anche notare la maggiore diffusione di LCS in patria rispetto al resto del mondo.
Ma Parigi è uno dei pochi posti dove si può essere banali senza sentirsi in colpa, dove nella banalità c’è comunque tanta bellezza. Per questo passeggiamo per Montmartre, ceniamo in un bistrot e poi, nel freddo glaciale della Capitale d’Europa, ci perdiamo nella corsa di una piccola auto d’epoca con la cappotta abbassata.