Me, the NBA and the New York Times - Interview with Davide Barco
NSS - New Sport Side
10 Novembre 2015
Ho conosciuto Davide Barco un paio di anni fa, quando illustrò una puntata della precedente vita di questa rubrica. I suoi lavori sono originali, brillanti e soprattutto di una personalità sorprendente. Puoi riconoscere un Barco ovunque, anche dove non te l’aspetteresti mai.
Sul New York Times ad esempio, o su HBO, su ESPN e su Highsnobiety e, certamente, su Rivista NBA. Davide Barco si è oramai affermato come uno degli illustratori sportivi più ricercati, specialmente quando di parla di sport americani, NBA in primis. Il mese scorso ha illustrato lo speciale di IL (il magazine del Sole 24 Ore) sul basket a stelle e strisce.
L’ho raggiunto per una chiacchierata a tratti informale, su cosa vuol dire illustrare l’NBA, sulle jersey più belle e su come si finisce ad illustrare sul quotidiano dei quotidiani.
1. È nata prima la passione per la pallacanestro o per l'illustrazione? E come si sono evolute e incontrate?
Che io ricordi, ho sempre avuto la passione per il disegno, sin da piccolissimo. Il mio eroe preferito era l'Uomo Ragno, ma a 4/5 anni non ero in grado di disegnare un essere umano proporzionato e quindi stressavo mio padre perché mi disegnasse la silhouette di un uomo su cui io mi divertivo poi ad aggiungere il classico pattern di ragnatele. Poi a 6 anni, il mio primo coach apparve in classe chiedendo chi avesse voglia di provare a giocare ad uno sport diverso dal calcio, ed io scelsi la pallacanestro. Il piano originale era diventare un campione della NBA. Non ci sono riuscito, quindi mantenendo la mia passione viscerale per questo sport, sono riuscito a sfogarla a colpi di matita. Ma questa alternativa è diventata realtà solo poco più di 2 anni fa.
2. Qual è stato il primo contatto lavorativo con l'illustrazione dell'NBA?
Il primo in assoluto è stato con Francesco Poroli, l'art-director della Rivista Ufficiale NBA. Che mi ha aiutato a realizzare il piccolo sogno di finire nella rivista che leggevo da ragazzino. Era una coppia di ritratti/illustrazioni su 2 giocatori pazzeschi: Metta World Peace e Lamar Odom. Erano nel numero dedicato a NY, e io in quanto fan dei Knicks ci stavo una bellezza.
3. Me lo ricordo bene, era una figata. Da li poi? Come diavolo sei arrivato al New York Times e a ESPN?
Quelli di ESPN li ho tartassati di email, ma non mi hanno mai risposto... mai. Sette mesi dopo l'uscita della rivista, mi contatta un art director dicendomi «ti va di fare qualcosa per noi? Un qualcosa di simile alle cose che ci hai mandato via mail». Sono un po’ andato nel panico: io non mi ricordo cosa ho mangiato ieri, figurati se mi ricordo cosa ti ho mandato via mail sette mesi prima (ride). Per fortuna che non butto mai le mail inviate, e da lì ho fatto il mio primo lavoro sulla NHL.
Invece con il New York Times ci lavoro da poco più di 4 mesi, e sono già a quota 4 collaborazioni con loro (per me è tantissimo). In realtà di pubbliche se ne sono viste solo 3,la quarta è ancora top secret e finche non si sblocca la situazione della FIFA non la vedrete. Il NYT me lo solo proprio andato a prendere, arrivando a scrivere all'art director di cui avevo il contatto: «sono qui sotto, che faccio salgo?».
Poteva denunciarmi, non l'ha fatto.
4. Qual è la prima cosa che osservi, da illustratore, in un giocatore NBA? Dentro e fuori da campo.
In una parola: "lo stile". Tendenzialmente ogni giocatore mixa il proprio stile in campo, anche se gli elementi sono sempre gli stessi: polsini, fascette, manicotti, tatuaggi. Non sono tanti elementi, ma proprio come delle canzoni, composte sempre dalle stesse noteogni giocatore ottiene la propria identità attraverso una loro scelta di accessori. Non a caso Lebron negli scorsi playoff ha deciso di rinunciare alla fascetta perché lo distingueva troppo tra i compagni. Rinunciandoci, ha scelto di "omologarsi" un pochino (e di mostrare la stempiatura, sempre che ce ne fosse bisogno). Al momento di giocatori "fuori dal campo" non ne ho dovuti realizzare, ma se mai dovessi, mi ruberei qualcosa dal campo che è il loro elemento naturale, dove tutti siamo abituati a vederli.
5. Ma è davvero difficile disegnare le sneaker?
Se ne hai una passione smodata no. Io non ce l'ho e odio disegnare le sneaker (ride). Poi ho un amico super-appassionato sia di sneaker sia di NBA, e quando ogni tanto gli sottopongo uno dei miei ultimi lavori per chiedergli un parere la risposta è più o meno sempre la stessa, «che bomba, roccia! Peccato che ‘nome del giocatore’ avesse quelle scarpe lo scorso anno», e io gli dico «ma sì fregatene, che ti sembra nel complesso?», e lui «è un ottimo lavoro, con un brutto errore, correggi e rimandamela». Finisco sempre con il correggere e rimandargliela.
6. Le jersey invece? Immagino tu sia un appassionato. Volevo un tuo parere da illustratore sulle più belle - escludendo NY, ovviamente.
Escludendo NY? Non vale! (ride). Allora le jersey sono come le caramelle: ne vorrei un sacco, ma poi mi fanno male, al portafoglio soprattutto. Fammici pensare 20 secondi, allora:
1. Bulls (indovina con che numero?), è una maglia senza tempo, quella rossa con numero nero ovviamente.
2. Una classic Boston con un bel 33 bianco su verde, quella con le spalline strette.
3. Phoenix del 1992.
Ah, menzione speciale per le jersey Christmas game di adidas, non mi pagano per dirlo ma quest'anno han fatto un ottimo lavoro.
7. Quali sono invece quelle che funzionano meglio una volta illustrate?
È sempre un bello sbattimento, sarò sincero: tendo ad essere un perfezionista quindi se non trovo il font giusto per ricostruirle, impazzisco di ricostruzione a mano. Anche se sono dei dettagli che non usciranno.
8. Chi è che non ti stancheresti mai di disegnare? E chi funziona di più invece?
La prima domanda è facile: MJ, ha una storia così incredibile che disegnerei un libro su di lui. Invece devo dire che Lebron visivamente è davvero interessante: braccia coperte di tatuaggi ma una coperta dal manicotto, fascetta, giocatore atletico, cazzuto; è davvero un bel soggetto da disegnare.
9. Una serie di domande flash:
Illustratore sportivo preferito?
Magazine sportivo preferito?
Elemento di “stile NBA” preferito?
Partita preferita di sempre?
Evento extra-parquet che ricordi particolarmente?
Mi piacciono un sacco i lavori dii Tyson Beck, più che illustrazioni sono post produzioni spaventose. Se invece parliamo di matita e carta dico Riccardo Guasco. Magazine vado facile con NBA Rivista Ufficiale. Come elemento stilistico mi piace lo shooting sleeve, ma è un rapporto di amore e odio. Mi piace vederlo sui giocatori della NBA ma io non lo metterei, mi sentirei ridicolo. Partita preferita: All Star Game 2002. Momento extra sicuramente il primo ritiro di Jordan. Scoppiai a piangere, mio padre per consolarmi mi disse una cosa tipo «che fortunato che sei, il tuo mito almeno è ancora vivo, il mio, De Andrè, se ne è andato per sempre». Non ricordo cosa risposi, ma so che la reazione fu tipo "che ce ne facciamo del basket se non c'è Jordan" Ora posso dire di aver superato quel momento, anche grazie a Steph Curry.