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Il power ranking delle maglie NBA City Edition

Quali sono secondo noi le migliori e le peggiori?

Il power ranking delle maglie NBA City Edition Quali sono secondo noi le migliori e le peggiori?

Tutti gli anni nelle settimane che precedono l’inizio della stagione NBA arriva il momento dei “power ranking”, in cui analisti e riviste specializzate mettono in fila le squadre delle due Conference secondo le rispettive chance di competere per il titolo. Le griglie di partenza che compongono sono suddivise di solito in raggruppamenti: “contenders” (le favorite per il titolo), “pretenders” (aspiranti più o meno legittime), “playoff/play-in teams” (il ceto medio) e “tanking teams” (le meno competitive); etichette, queste, che nel tempo si sono trasformate in definizioni a sé stanti dello status delle franchigie, usate anche al di fuori di previsioni e classifiche. Seguendo lo stesso schema, nelle nottate di basket a stelle e strisce in cui stiamo scoprendo le nuove divise Nike City Edition 2024/25, abbiamo stilato una graduatoria estetica - e quindi, necessariamente, de gustibus - delle migliori e peggiori maglie “speciali” della stagione NBA in corso.

Istituite con l’inizio della partnership Nike-NBA nel 2017, le City Edition sono varianti straordinarie delle divise da gara rilasciate annualmente da ognuna delle trenta organizzazioni (a partire dal 2023, insieme ai campi per l’NBA Cup), e sempre più attese e apprezzate dal pubblico. Si tratta di kit pensati come celebrazione del legame tra le franchigie e le rispettive città, comunità e culture: un concept perseguito con ampia libertà creativa, e a volte anche con una distanza più o meno netto da colori, stile e identità visiva del brand di riferimento. Il tutto, coinvolgendo artisti di varia estrazione, collaborando con designer dell’universo streetwear, intercettando i trend del momento e dando vita, insomma, a una delle tante occasioni (troppe?) in cui le squadre NBA si sfidano fuori dal campo, a colpi di stile. “Power ranking” alla mano, dunque, eccoci accomodati nella giuria, pronti a partire da chi ha meritato gli onori della prima pagina.

Contenders

Come in ogni Power Ranking che si rispetti, apriamo con le favorite d'obbligo per il premio di miglior City Edition di quest’anno, e quindi con tre candidature che sorprendono fino a un certo punto. Quelle, nell’ordine, di Toronto Raptors, Utah Jazz e San Antonio Spurs.

I canadesi in occasione del proprio 30esimo compleanno hanno puntato su una sicurezza ormai ampiamente consolidata: l’apprezzamento del pubblico - dai fedelissimi ai più occasionali - per il vecchio logo in stile Jurassic Park; ovvero quel dinosauro stilizzato, rosso e viola, utilizzato a cavallo del nuovo millennio e reso eternamente iconico dal giocatore più rappresentativo di quei Raptors: Vince Carter. La sagoma del rettile che si passa la palla sotto le gambe, ispirata all’immortale schiacciata di “Air Canada” nello Slam Dunk Contest 2000, è un tributo alla sua recente introduzione nella Hall of Fame e al ritiro della maglia numero 15 alla Scotiabank Arena. Sullo sfondo della maglia, un elegante nero con sottili legature verticali, e in basso la scritta “We The North”, in tinta dorata come lo Swoosh sul petto. Talmente bella che, citando le parole dello stesso Carter in quell’All-Star Game, verrebbe da dire che questo è quanto, “it’s over”. Noi, invece, abbiamo appena iniziato, e in fila ci sono altre 29 concorrenti all’inseguimento.

A partire dagli Utah Jazz, che a loro volta hanno puntato su un grande classico, mettendo definitivamente da parte (deo gratias) il giallo-rosso visto gli anni passati; riecco quindi quel look identitario e che sembra non stufare mai, creato dal mix di Jazz Note e montagne di Salt Lake City. Il font classico, i dettagli bianchi-blu e il “refreshed purple mountain design” di questa edizione danno un tocco nuovo a una maglia che ci riporta agli anni dello “Stockton-to-Malone”: l’età dell’oro della franchigia, dentro e fuori dal campo. I San Antonio Spurs, invece, hanno attinto - nella canotta e ancor di più nei pantaloncini - a un elemento distintivo della città: l’architettura del quartiere Hemisfair e l’influenza spagnola che lo caratterizza. Confezionando il prodotto in un video promozionale che cavalca l’anima latina della fanbase, con l’hombre del pueblo Manu Ginobili che passa la torcia dei cuori texani all’enfant prodige Victor Wembanyama.

Pretenders

Competere con Toronto, Utah e San Antonio può sembrare, anzi è un’impresa complicata per chiunque. In seconda fila però non mancano le City Edition che ci provano con fantasia e gusto. Un bell’esempio? Il kit dei Minnesota Timberwolves, “cold” di nome e di fatto, complementare al modello dell’anno scorso con la dedica alla “terra dei diecimila laghi” e alla sua atmosfera invernale. 

Oppure gli Atlanta Hawks, che hanno rispolverato una vecchia fantasia - il disegno delle ali di un‘aquila - ricordando per certi versi la maglia di “Spud” Webb nell’All-Star Game 1987. I colori, però, sono tutti nuovi: bianco e blu avio (siamo a “A-Town”) con dettagli neri e ocra, per un mix interessante tra origine ed evoluzione del brand.

In modo analogo gli Charlotte Hornets hanno aggiornato la serie di City Edition ispirate al passato della città. La capitale del North Carolina è stata la sede della prima Zecca degli Stati Uniti, nella storica sede in Mint Street - ed ecco una divisa (griffata dal jumpman Jordan, al solito) color menta (Mint), con fantasie oro come le monete coniate. Poco da dire sul colpo d’occhio, ma potreste avere la sensazione di un qualcosa già visto (e non vi sbagliate). 

Altri esempi di commistione tra vecchio e nuovo sono rappresentati dagli Orlando Magic (con le classiche righe verticali ripensate come un’armatura, e con colori e font rivisitati in chiave gotica), dai Cleveland Cavaliers (ispirati, come anche nell’elegante parquet abbinato, al patrimonio del Cleveland Museum of Art), dai Philadelphia 76ers (un misto di classico Anni ‘60 e gusto moderno), e dai Phoenix Suns (una riedizione della maglia per l’All-Star Game ospitato nel 1995, che sfidava l’estetica rosso-blu imposta fino ad allora dall’NBA).

I New York Knicks sfoggiano uno stile “di forte influenza fine Anni ‘90 / inizio Anni 2000”, come racconta la stessa organizzazione. NY ha confermato la collaborazione con Kith, invertendo i colori rispetto alla scorsa stagione in un design che punta a “colmare il gap tra passato e presente”. Ancora più orientati allo stile 90s, gli Houston Rockets rispolverano invece l’estetica dei tempi di Hakeem Olajuwon, celebrando il “repeat” (al 30esimo anniversario) in una divisa che è una City re-Edition, e che ci piace anche per questo.

Ultimi ma non ultimi di questo “tier” ci sono Detroit Pistons, Memphis Grizzlies e Oklahoma City Thunder. I primi con una maglia color osso, anche in questo caso ispirata dichiaratamente alla propria età dell’oro, e quindi alla tenacia dei “Bad Boys” (con una patch dedicata al back-to-back 1989-1990); i Pistons, invece, con una divisa in stile anni ‘70 per celebrare il 50esimo anniversario dalla nascita dei Memphis Sounds (ABA); i Thunder con la solita scarica di energia elettrica e andando controcorrente togliendo “City” dalla scritta.

Play-in e tanking

I due ultimi raggruppamenti: quello in cui di solito ci sono squadre toste magari, ma per un motivo o per l’altro non all’altezza delle migliori; e quello composto da compagini in fase di “rebuilding” che frequentano i bassifondi della lega. Nel caso del presente ranking, è un rimandare di dodici mesi e quindi alla prossima City Edition, convinti (opinabilmente) che nel 2024 potessero fare di meglio.

Nella batteria delle “Play-in jerseys” troviamo i Denver Nuggets, che hanno reso omaggio alla tradizione di maglie con le montagne del Colorado (sul tema dai 5.280 piedi di altitudine) e l’arcobaleno, in quella che però sembra la copia sbiadita di tante belle canotte sfoggiate negli ultimi anni; i Golden State Warriors, orientati allo stile moderno, innovativo e un po’ freddo di San Francisco, piuttosto che all’energia di un tempo (discorso simile per gli “icy” Indiana Pacers).

E ancora: i Los Angeles Clippers portano con eleganza la firma di Jonas Wood (artista e designer), ma sono poco identitari (anche se non quanto i Milwaukee Bucks); i colori dei New Orleans Pelicans - mischiati con quelli dell’anno scorso, per un particolare viola-oro-verde fluo - non sono male, ma l’abbinamento con la fantasia e le scritte composte da ossa ci convince meno; e i Los Angeles Lakers, semplicemente, hanno rilasciato una bella maglia, ma priva forse di elementi interessanti, almeno nel contesto di una City Edition e di un contesto culturale e storico del genere.

In fondo alle nostre preferenze ci sono una manciata di squadre per cui, come detto, ci si vede l’anno prossimo. Quella dei Boston Celtics praticamente l’ha snobbata anche Joe Mazzulla, così come le prime reazioni sono state abbastanza fredde per la collaborazione di KAWS per i Brooklyn Nets. I Chicago Bulls, i Miami Heat e i Dallas Mavericks hanno scelto un design pulito ma davvero poco evocativo, mentre i Sacramento Kings hanno ripreso i colori (no, non dei Philadelphia 76ers) dei Cincinnati Royals. Infine, ci sono i Portland Trail Blazers con un mix di tanti stili, forse troppi, e i Washington Wizards, che con i colori non aiutano certo un design già abbastanza banale.