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Quando eravamo ossessionati da Mascalzone Latino

La più italiana delle barche in America's Cup

Quando eravamo ossessionati da Mascalzone Latino La più italiana delle barche in America's Cup

Mentre nelle acque di Barcellona si stanno sfidando i catamarani più veloci del pianeta per conquistare l’ambito posto di contender nell’America’s Cup, è impossibile non ricordare tutti gli altri tentativi italiani per conquistare la competizione più antica al mondo. Quello dell’Italia e degli italiani per l’America’s Cup è un amore recente ma folgorante, capace di conquistare un posto non solamente nel cuore degli sportivi quanto in quelli degli appassionati di moda. Se per la vela italiana Azzurra ha rappresentato il sogno fanciullo, il Moro di Venezia la nobiltà aurea, Luna Rossa l’eleganza austera, Mascalzone Latino è stata l’anima giocosa, la creatività mediterranea che si misura contro i più ricchi Yacht club del mondo. Ma Mascalzone Latino in America’s Cup non è stata solamente una riedizione a base di acqua e vento di Davide contro Golia, ma una lezione di italianità e coraggio che ha segnato una generazione. 

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Come la carena dell’imbarcazione di Vincenzo Onorato, che dallo Reale Yacht Club Canottieri Savoia di fronte a Castel dell’Ovo è arrivata fino ad Auckland, Nuova Zelanda, dall’altra parte del mondo con la sfrontatezza di sfidare i migliori. Ribattezzata con il nome di una celebre canzone di Pino Daniele, cantautore che come nessuno ha saputo raccontare la poesia della città partenopea, la barca italiana ha prima partecipato all’edizione 2003 e successivamente a quella 2007 a Valencia. Avrebbe dovuto indossare i prestigiosi panni del Challenger of record, il primo sfidante che sceglie con il defender il protocollo dell'edizione che andrà disputata e rappresenta tutti gli altri eventuali sfidanti che si aggiungeranno nel 2009, ma le difficoltà economiche di Onorato lo costrinsero ad abbandonare il progetto. 

La storia in America’s Cup di Mascalzone Latino è però inscindibile dall’estetica scelta dall’imbarcazione italiana con l’aiuto dello sponsor tecnico Kappa. L’azienda torinese fiutò immediatamente la possibilità di associare il proprio stemma con la più antica competizione velica al mondo, e di lanciare così una nuova collezione che diventò presto un autentico must sia per la vela la viveva da tempo, sia per chi invece si era invece appassionato durante le insonni notti australi. Con un lettering squadrato e oversize su modelli dai colori ben definiti, Kappa annunciava al mondo la sua collezione Eroi che ancora oggi è una delle più importanti e riconoscibili del brand dei due Omini. La scritta MASCALZONE in bianco bordato ad attraversare il petto di una felpa con la zip o ancora meglio di uno smanicato divenne presto non solamente un modo per supportare il team italiano impegnato in America’s Cup, ma l’esibizione di una filosofia di vita, di un’estetica che si faceva stile. 

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Era lo sportswear che incontrava la sensibilità Y2K che si fondeva con i guardaroba da domenica pomeriggio nella provincia italiana. Colletto alzato e occhiale a specchio. Una fusione a freddo che ha generato alcuni dei brand che ancora oggi fanno sfuggire un sorriso nostalgico, da Guru a Sweet Years. Bisognava esserci per capire, come si dice in questi casi, quando l’Italia si divise tra Luna Rossa e Mascalzone Latino. Una di quelle fratture nette, chirurgiche, che sembrano succedere solo nel nostro Paese. Da un lato il rigore freddo di Luna Rossa, il nero interrotto solamente da una sottile linea, il formalismo di Prada e l’esclusività dei suoi prodotti. Dall’altra il corsivo fantasia di Mascalzone Latino, il simbolo del Saraceno che prende tutta la spalla, il taglio popolare di Kappa Sports mentre i capi tecnici si distinguevano per l’utilizzo della tecnologia Kombat, allora popolarissima anche per le maglie da calcio.

Un'onda crescente che trasportò con se l'ottimismo e la libertà di quegli anni, passati sognando di virare e strambare, di passare con le mura a dritta o di issare uno spinnaker con la prua davanti al proprio avversario. E attraverso uno stile che ci sembra così lontano e così vicino, già riciclato dentro i ritmi sempre più frenetici della moda, tanto da cullarci in un passato sospeso, scandito solo dalle diverse edizioni della America's Cup. Ora che i monoscafi lucenti hanno lasciato il passo ai catamarani con il foil che volano sfiorando appena la superficie, rimane quell'ossessione tipica degli uomini di mare, di sfidare gli elementi atmosferici e gli avversari, ma soprattutto se stessi.