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Lo skateboarding dall'underground ai Giochi Olimpici

Un percorso breve, intenso ma soprattutto inaspettato e complesso

Lo skateboarding dall'underground ai Giochi Olimpici Un percorso breve, intenso ma soprattutto inaspettato e complesso

«Penso che lo skateboarding sia uno sport ed uno stile di vita, ma anche una forma d’arte. Unisce musica, moda e intrattenimento» è una delle considerazioni di più celebri tra quelle pronunciate da Tony Hawk in merito allo skateboarding, sport che dopo aver esordito ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 è approdato a Parigi, nello scenario incredibile di Place de la Concorde.

Lo skateboarding è stato considerato a lungo un'attività svolta da emarginati e punk, o addirittura da loser se svolta dopo gli anni del liceo. Scarpe danneggiate, t-shirt sbiadite dal sole e jeans baggy con buchi sul sedere: lo stereotipo dello skateboarder è stato tessuto accuratamente nella cultura popolare, grazie a videoclip amatoriali, video musicali, serie televisive e film - si pensi solamente a Lords of Dogtown. Un vestiario ed un lifestyle specifici hanno permeato fashion e high fashion: la collezione dello scorso anno Gucci x Palace è solamente un esempio, così come quella tra Louis Vuitton e Supreme risalente al 2017. Insomma, l'idea che lo skateboarding sia una piattaforma creativa continua da considerare come forma d’arte espressiva, ed al contempo uno sport molto tecnico ed estremo è stata finalmente sdoganata, ma non con poca fatica. Se ne sono accorti anche i più grandi brand d'abbigliamento: Nike, adidas, New Balance e più recentemente ASICS che nell'ultimo anno, anche in vista dei Giochi Olimpici di Parigi, hanno lanciato nuove scarpe da skateboarding, inventando nuovi modelli o scavando nei propri archivi. 

Al contempo, il dibattito interno alla community dello skateboarding, la lotta tra rimanere fedele alle radici dello sport, ben contestualizzato nelle strade, e diventare uno sport mainstream, si è trasformata in una faccenda praticamente politica per ogni skateboarder, soprattutto nel periodo antecedente i Giochi Olimpici. Dalle t-shirt di Thrasher alle jersey per i Giochi Olimpici, si nota come come i design e l'estetica complessiva del vestiario degli skateboarder possa riflettere il dialogo in corso all'interno della community.

Thrasher è la più grande rivista di skateboarding di sempre. Inizialmente fondata da Fausto Vitello ed Eric Swenson nel 1981 per promuovere il brand di truck da skateboarding, Independent, la rivista ha subito un cambiamento cruciale quando Jake Phelps venne nominato redattore nel lontano 1993. Ha portato grande attenzione alla natura punk e anti-autorità dello skateboard attraverso la pubblicazione di video ed immagini degli skater in azione, influenzando anche parte della cultura stessa di quella che al tempo era considerata solamente arte. "Skate and Destroy" è il claim per antonomasia di Thrasher, simboleggia quanto di più vicino all'identità dello skateboarding: la distruzione di zone urbane, l'irruzione in proprietà private per skateare all'interno delle piscine vuote dei vicini simulando l'esperienza degli alley oop. Insomma, le probabilità che i fan e clienti di Thrasher non gradiscano i Giochi Olimpici sono molto alte - ed è anche in parte comprensibile. 

Passando a Nike SB, il nuovo kit realizzato per il team statunitense che gareggerà a Parigi 2024 è finito sulla bocca di tutti per la sua estetica unica. È stato progettato da un'atleta olimpionica, la skateboarder Alexis Sablone. Questa iniziativa dello Swoosh in collaborazione con l'atleta è una mossa strategica alquanto dirompente nel mondo dello skateboarding perché dimostra quanto molti dei migliori skateboarder del mondo siano interessati a rendere lo sport più accessibile a tutti - per forza di cose, oggi, è necessario che uno sport scelga un percorso market-oriented per diventare maggiormente appetibile. Alexis Sablone in un'intervista ha raccontato il suo punto di vista in merito, dimostrando come sia realmente possibile trovare un punto di incontro in uno sport così sospeso tra il conservatorismo e un'evoluzione costante: «Gli skater hanno sempre espresso il proprio stile individuale, almeno in parte, attraverso il loro vestiario. A differenza degli sport più tradizionali, nello skateboarding quello dell'uniforme è un concetto del tutto estraneo. Per questo sono stata sensibile di fronte questa tematica, cercando di creare una gamma davvero variegata di look, in modo che gli skater potessero scegliere qualcosa che li rappresentasse». 

Storicamente Nike è la prima grande azienda non legata allo skateboarding a tentare di diventare un big player nell’industria dello skateboarding. La prima campagna pubblicitaria di Nike SB, chiamata What If We Treated All Athletes Like Skateboarders, è stata trasmessa durante le Olimpiadi invernali di Nagano nel 1998. Venne accolta di buon grado dalla community di skateboarder perché effettivamente capiva il sentimento di frustrazione che provavano gli skater, spesso considerati dei semplici teppisti. Il coinvolgimento di un brand del calibro di Nike ha portato negli anni lo skateboarding a una riconoscibilità ed apprezzamento elevato, anche grazie alle infinite release di sneakers. È per questo che, più che in ogni altro settore e sport, quando si parla di skateboarding c'è una maggiore attenzione alla legittimità, di chi fa o prende determinate posizioni. Anche durante i Giochi Olimpici.