Lo sportswear ai tempi del quiet luxury
Il grande ritorno di golf e tennis nell'estetica sportiva ha un motivo
29 Giugno 2023
Mentre l’estetica calcistica ha definitivamente conquistato ogni angolo della moda e del lifestyle, con celebrities che fanno a gara nell’indossare maglie polverose di squadre che non hanno mai visto giocare in vita loro, lentamente ma inesorabilmente sta tornando in scena anche un’altro trend sportivo che va in direzione opposta. Non è certo un mistero che tennis e golf stiano tornando alla ribalta dopo anni passati sottotraccia, se non sul livello sportivo sicuramente come influenza culturale e quotidiana, portando con loro una decisa restaurazione estetica, esclusiva e alto borghese. Se infatti il blokecore rispondeva in campo al dilagante trend dello Y2K e alla sua riscoperta del camp e del cheap, il ritorno dello stile classico da sempre associato a due sport aristocratici come tennis e golf è da collegare all’imporsi del fenomeno quiet luxury.
Chi sono i tennisti testimonial
Affermatosi grazie agli outfit dei protagonisti della serie HBO Succession, il quiet luxury consiste nell’indossare capi minimal e no logo ma estremamente cari, senza che si riesca a riconoscere il brand. Uno stile perfetto per rappresentare quel tipo di ricchezza understated che non ha bisogno di dimostrare il proprio tenore di vita - come ha scritto sul New York Times Vanessa Friedman - ma che non perde occasione per dimostrare il proprio talento su un green o con una racchetta in mano, magari in qualche circolo privato con entrata su raccomandazione. D’altronde nella moda è normale che ad un alto segua un basso e così via, secondo quel respiro che dà forma ai trend, e il fascino dell’old money è intrinsecamente legato a sport più tradizionali come tennis o golf.
Un deciso segnale è arrivato a pochi giorni dall’inizio del Gran Slam di Wimbledon, il simbolo di un tennis classico e affettato, con la scelta di Louis Vuitton di presentare Carlos Alcaraz - attualmente il numero uno delle classifiche ATP - come proprio nuovo Brand Ambassador. Dopo che lo scorso anno Gucci aveva scelto Sinner e BOSS Matteo Berrettini, la moda è tornata ad investire su uno sport dov’è stata sempre di casa. E i giovani talenti sono molto più ricettivi verso il fashion world rispetto ai big three o four dello scorso decennio, aperti a giocare con la propria immagine pubblica e liberi da un’idea costrittiva di tennis. Così, approfittando della saturazione dei calciatori diventati testimonial, si stanno ritagliando un ruolo sempre più rilevante, rompendo le barriere verso il mainstream.
Una nuova normalità
E di conseguenza anche i brand hanno iniziato a spingere sull’estetica legata all’archivio e all’heritage dello sport, staccandosi così dalle tendenze che invece hanno dominato negli ultimi anni ogni contaminazione tra sport e moda tra blockcore e gorpcore. Una silenziosa ribellione contro capi ipertecnici e esclusivi o verso i ritmi frenetici dei trend, al quale si oppone invece la sicurezza del classico. Sempre in concomitanza con Wimbledon ad esempio, PUMA ha scelto di lanciare la sua nuova collaborazione con il brand newyorkese NOAH, il cui fondatore Brendon Babenzien ha dichiarato in un’intervista di non aver mai sentito il termine gorpcore. “L'hype intorno all'abbigliamento tecnico e alle sneaker è diventato troppo pesante” ha detto Babenzien intervistato da Business of Fashion, sottolineando come ci sia un vasto pubblico forse meno attento ai trend ma ugualmente interessato a indossare capi sportivi di qualità.
E se i consumatori si stanno spostando verso acquisti più sostenibili, senza ricorrere le ultime uscite o i materiali supertecnici creando così una competizione non sana che nulla a che vedere con lo sport in sé, ecco che si affacciano nuovi stili e nuovi brand. Secondo Patrick Stangbye, creative director di ROA, “il termine "gorpcore" può essere estremamente limitante per i marchi di outdoor che hanno molto di più da offrire, come la sartoria morbida o la maglieria". Così l’estetica preppy dei campi di terra rossa e quella immacolata del green tornano ad essere protagonisti, alleggerendo oltre i tagli e i tessuti anche l’ansia di prestazione di dover andare a fare la spesa con uno shell impermeabile. Insomma c’è un clima da restaurazione che pervade ogni estetica sportiva.
Il golf e la moda
E tra una maglia vintage con colletto a polo e maniche lunghe e un cappellino da baseball, ecco che si sta facendo strada uno sport che qualche anno fa avremmo relegato ai pensionati in Florida e alle giacche floreali stinte dal sole cocente. Invece il golf è riuscito a svecchiarsi da un immaginario esclusivo e di mezza età, diventando lo sport preferito del tuo sportivo preferito e attraendo così l’interesse degli appassionati e dei brand. I quali stanno utilizzando lo spazio verde e perfettamente asettico delle 18 buche come terreno di sperimentazione tra collaborazioni, capsule collection e nuovi incroci tra sport e moda arrivati fino alle sfilate di FW parigine.
Le ultime collezioni realizzate da adidas prima con Georges Wendell e poi con Bogey Boys, il brand di Macklemore, o quella di Jordan Brand con il marchio statunitense Eastside Golf, dimostrano ad esempio la versatilità di uno sport dall’estetica in pieno divenire. Senza dimenticare di come sia Palace e Supreme hanno a loro modo interpretato lo swing in modo più giocoso e divertito rispetto alle giacchette tirate dei Masters, e di quanto i tanti sportivi ora passati al green, Michael Jordan in testa, funzionano da testimonial organici per un movimento che è sempre più in salute. E ora in occasione della Ryder Cup, il torneo che ogni due anni mette l’una contro l’altra le selezioni di Europa e del resto del mondo, prevista a Roma a fine settembre, il golf può trovare il suo stile tra la sartoria italiana, il quiet luxury ed uno streetwear adulto e ripulito dalle complessità gorp o blokecore.