Jack Grealish, Champagne Supernova
Dentro la festa senza fine del numero 10 del Manchester City
14 Giugno 2023
Quando i giocatori del City potevano finalmente tornare a respirare e quelli dell'Inter iniziare a disperarsi, dentro lo stadio Olimpico Ataturk cominciavano i preparativi per l'assegnazione dell'agognata Champions League. Un trofeo mitico, il traguardo per ogni calciatore che sogna fin da bambino di poterla una sera alzare al cielo. Ma nonostante l'importanza del risultato, la vittoria era sembrata prevedibile, quasi scontata per il Manchester City, che era arrivata a Istambul con tutti i favori del pronostico. In campo però, in quei febbrili momenti, c’è chi era felice ogni oltre controllo, attraversato da una gioia che stonava con il contegno esibito dai suoi colleghi. Troppo emozionale, troppo autentico, quasi fuori luogo durante il protocollo di premiazione UEFA. All’interno della festa del Manchester City, la squadra della working class mancuriana diventata parco giochi degli sceicchi, Jack Grealish ha riportato indietro le lancette del tempo, quando la Premier League era ancora terreno di caccia per i lads con qualche pinta di troppo in corpo.
Prima in campo, poi in conferenza stampa, in aereo e infine sul bus scoperto che attraversa Manchester portando in trionfo la prima Coppa dalle grandi orecchie della storia del club, in un tripudio azzuro. Graelish barcolla da un lato all’altro della parata, senza però mancare la lucidità di lanciarsi dentro ogni selfie, stringere ogni mano, stappare ogni bottiglia. Ad un certo punto Kyle Walker lo deve reggere per i pantaloni, ultimo indumento rimasto sulla sua persona, per evitare che caschi dal pullman mentre si scatta una foto. Ma non è certo la paura di cadere a fermare il numero 10 del City, che continua il suo personale party lasciandosi rovesciare in testa una bottiglia di champagne da Haaland mentre è in diretta su Instagram e facendosi immortalare con le braccia aperte sulla coda del bus, in quella che è già diventata la foto della festa dei Citizens.
Con una posa da Cristo Redentore, Grealish ci riconcilia con un elemento fondamentale del calcio, lo stupore fanciullesco e meraviglioso della vittoria. Se il trionfo in Champions League è stato solo l’ultimo passo verso la consacrazione della squadra di Guardiola con il treble, o triplete, ottenuto per manifesta superiorità, gli occhi del ragazzo di Birmingham velati dal tasso alcolemico ci raccontano quanti sacrifici, quante difficoltà ci sono dietro la conquista di un trofeo che da lontano ci può sembrare quasi naturale. Nell’intervista dell’immediato dopo partita, ancora madido di sudore, a CBS Sports Golazo con grande onestà ha spiegato il significato di una vittoria così importante, e tutti gli alti e bassi che lo hanno portato fino alla gloria europea.
Grealish infatti ha dovuto convivere con il dolceamaro peso di esser stato il calciatore inglese più pagato, grazie ai 100 milioni di sterline sborsati dal City per strapparlo alla sua squadra di casa, l’Aston Villa. E le difficoltà di ambientarsi inizialmente nel sistema di gioco di Guardiola condite con le aspettative, le pressioni e i desideri di chi lo dipingeva già come un nuovo David Beckham hanno condizionato le sue prime stagioni in blu. Poi qualcosa è cambiato, in lui e nella squadra e Grealish è diventato uno dei punti fissi del City. Nella perfetta macchina da guerra del City, dove ogni soldatino deve svolgere alla perfezione il compito di non perdere mai il controllo del pallone e della partita, Grealish è quello che con il passare delle partite ha ottenuto la maggior libertà creativa. Con i piedi ben fissi sulla linea laterale destra si è ritagliato uno spazio espressivo nel quale scatenare la sua tecnica nell’uno contro uno e nella conduzione del pallone.
E il compromesso tra la trasparente architettura di gioco di Pep e il calcio con i calzettoni bassi e i polpacci da rinoceronte di Grealish è l’anima della festa del City, nella quale le sue emozioni e la sua gioia mostrano una faccia della città blue-collar che si sta perdendo con il passare delle stagioni. Come un J.R. Smith qualsiasi non riesce a indossare nuovamente quella maglia per la quale in campo ha dato tutto, e come per il suo alter ego Jamie Tartt il cerchietto d’ordinanza a tener su i capelli perfettamente spuntati all’insù è solo un modo per mascherare i sentimenti più crudi. Da Spice Boy dal cuore d’oro, il testimonial di Gucci ha intonato un coro per ogni suo compagno di squadra, da “Rodri is on fire” in omaggio al Man of the match della finale a ”Bernardo” sulle note di Voulez-Vous degli ABBA in un pigiama di seta Dolce&Gabbana, senza dimenticare il singalong di Wonderwall direttamente dagli spogliatoi di Istanbul già con una lattina di birra in mano. Dentro uno sport che si sta velocemente trasformando, Jack Grealish indossando un gilet da lavori stradali e con una bottiglia sempre in mano ha mantenuto vivo lo spirito del calcio inglese, distillandolo in gocce di folle felicità.