La nuova Supercoppa Italiana è un problema
Sia la decisione di trasformarla in una Final Four quanto di organizzarla in Arabia Saudita
16 Marzo 2023
La Lega Calcio ha deciso di cambiare il format della SuperCoppa Italiana, almeno per il prossimo anno, trasformando la partita secca in una Final Four seguendo l’esempio spagnolo. Le prime due del campionato e le finaliste della Coppa Italia quindi si affronteranno nel gennaio 2024 in Arabia Saudita, che ospiterà sei delle prossime sei edizioni. È stato l’Ad De Siervo a spiegare i termini del nuovo accordo con la nazione araba, che continua a legarsi al nostro calcio: “Abbiamo deciso di accettare l’offerta dell’Arabia per ospitare quattro edizioni di Supercoppa in sei anni. La prossima competizione avrà già quattro squadre e all’interno del format è inserita anche una amichevole sempre all’estero. La scelta del format può essere rimessa in discussione anno dopo anno e sarà definita in base agli impegni e al calendario delle partecipanti. La prossima stagione la Supercoppa a 4 formazioni frutterà 23 milioni, mentre con una gara sola e l'amichevole la cifra scenderà a 12 milioni".
Soldi fondamentali per le pericolanti finanze dei club italiani, che sono rimasti immobili durante il mercato di Gennaio e lamentano un forte ridimensionamento economico, ma che hanno già dato adito a numerose polemiche. La prima, la più importante e condivisibile, è quella legata alla conferma dell’Arabia Saudita come palcoscenico della competizione che dovrebbe incoronare la migliore squadra italiana. Lo stato arabo infatti è molto attivo nel calcio europeo, avendo acquistato recentemente il Newcastle United e reso Cristiano Ronaldo il proprio testimonial, e sponsorizza varie competizioni tra le quali appunto anche la Supercoppa Spagnola. Ecco quindi l’idea di fidelizzare ulteriormente la competizione nostrana, per un governo alla continua ricerca di nuove possibilità per espandere e ripulire la propria influenza attraverso lo sport.
E proprio di questo sportwashing si lamentano varie associazioni, che chiedono di non associarsi con un regime che non rispetta i diritti umani basilari. Riccardo Noury, presidente di Amnesty International Italia, ha dichiarato come “questa forma di marketing molto efficace che è lo sportwashing: più si continua a dare credito alle autorità saudite perché hanno soldi per ospitare eventi sportivi più la situazione terribile dei diritti umani in questo Paese continuerà a essere ignorata. La Lega di Serie A è complice di un sistema che tende a negare e a nascondere le violazioni dei diritti umani tramite manifestazioni sportive”. Dopo il caso Qatar per i Mondiali 2022, il calcio sembra non farsi troppi problemi nell’accettare soldi in cambio di muovere il suo spettacolo itinerante verso nuovi scenari.
D’altro lato sono proprio i tanti problemi del calcio italiano, a partire dalla mancanza di liquidità, a renderlo così vulnerabile. L’idea di allargare una competizione che negli ultimi anni ha perso progressivamente appeal in un calendario sempre più congestionato non è stata molto apprezzata, quasi quanto organizzarla nel deserto. Una soluzione meno coerente con il claim “il calcio è per i tifosi”, che spesso è stato usato per contrastare ogni modifica al modello corrente, era difficile da trovare. Così per salvaguardare un modello che sta ogni giorno evidenziando i suoi problemi strutturali si sta allontanando il calcio dal proprio popolo, svendendolo a prezzo di saldo al miglior offerente, che in questo momento storico viene pagato senza molta difficoltà dagli Emirati del Golfo. Una dipendenza che potrebbe rivelarsi negli anni ancora più sbagliata di quanto possa essere persino essersi legati oggi a un regime che usa lo sport più bello del mondo per spazzare la sua polvere sotto i nostri tappeti.