Il grande problema dei fake nel calcio italiano
Una ulteriore conferma arriva dal caso di Larry Nance Jr e la maglia del Venezia
10 Febbraio 2023
Negli ultimi giorni ha fatto il giro del mondo la foto di Larry Nance Jr., ala dei New Orleans Pelicans, con indosso la maglia del Venezia della passata stagione durante il tragitto che divide l'ingresso dello stadio e spogliatoio. Maglia, come quella dell'anno corrente, che ha conquistato tutti, tifosi e semplici appassionati, arrivando addirittura ai giocatori NBA costringendo Kappa a continui restock. Fin qui tutto normale, le maglie del campionato italiano stanno vivendo una nuova fase d'oro complice la pubblicità offerta da Kim Kardashian, beccata in giro con la maglia della Roma, e Drake con quella del Napoli. Non è la prima volta che un giocatore della famosa lega americana di basket decida di presentarsi nei tunnel con una maglia da calcio di un club italiano, visto che l'anno scorso il cestista dei Boston Celtics Aaron Nesmith ha indossato la prima maglia della Roma prima di gara-2 dei playoff NBA contro i Milwaukee Bucks. Insomma, come ci ricorda uno dei trend più seguiti su TikTok, il blokecore, è ormai socialmente accettato portare la propria ossessione per le maglie da calcio tra le scrivanie dell'ufficio, tra le vie della città e in generale al di fuori da uno stadio.
Venezia kits >>>> https://t.co/oJ1HwiYgo2
— Larry Nance Jr (@Larrydn22) February 6, 2023
Il problema però rimane sempre lo stesso. Come nella moda, anche nel calcio circolano una quantità di prodotti falsi che inquinano ed intasano il mercato, infliggendo una dolorosa perdita a tutto il sistema. Una ulteriore conferma è arrivata proprio dalla foto postata dal giocatore dei Pelicans dove il Chief Brand Officer del Venezia, Ted Philipakos, afferma che con tutta probabilità la maglia non sia originale, ma piuttosto un fake. Adesso tralasciando il caso Venezia, è ormai cosa nota di come il mercato sia drogato da prodotti non ufficiali. Mensilmente infatti vengono riportati decine di sequestri da parte delle autorità di prodotti di tutti i tipi: dalle maglie, alle sciarpe fino agli accendini.
Non è ovviamente qualcosa di nuovo, chiunque abbia frequentato gli stadi italiani almeno una volta e abbia fatto un giro nelle zone circostanti sa bene che può trovare in giro diverse bancarelle dove è possibile trovare delle identiche riproduzioni delle maglie da gioco, con le uniche differenze di tessuti e ovviamente mancanza dello sponsor tecnico. Queste bancarelle non si limitano però alla sola vendita di maglie, ma spesso è possibile trovare ogni possibile gadget della squadra di casa, dalle sciarpe realizzate ad hoc per la partita, fino a pantaloncini o addirittura anche maglie di altre squadre o della nazionale. Una prassi diffusa in ogni stadio e ormai tollerata dalle autorità che presidiano lo stadio in ogni match secondo le vigenti direttive della questura. Anche le squadre non possono pretendere di vietare la presenza di queste postazioni che è regolata nella maggior parte dei casi dal comune di ogni città, il quale assegna gli spazi ad ogni venditore, anche se spesso tra di loro c'è chi occupa una porzione del suolo pubblico in modo del tutto abusivo.
Legalmente oggi una squadra ha diverse risorse a disposizione per tutelarsi. La Corte di Cassazione già da diverso tempo ha confermato che i loghi delle squadre di calcio sono tutelabili, e chi li falsifica è perseguibile penalmente anche nei casi in cui la contraffazione non sia tale da trarre in inganno l'acquirente. Ma in questi casi non c'è nessun tipo di inganno fittizio, chi mette in commercio questo tipo di maglie è perfettamente a conoscenza di star mettendo sul mercato un falso sfruttando l'immagine, il logo e la brand identity del club per il proprio guadagno personale. La produzione di fake non è tollerata in alcun modo, infatti anche il nome della squadra di calcio, anche quando esso coincide con la denominazione geografica della città di appartenenza (ad esempio, “Torino” o “Roma”), è registrabile e non riproducibile in nessun caso, quindi il campo si restringe sempre di più.
La stessa sentenza della Cassazione, che ha di fatto aperto un enorme precedente, ha dato grandi possibilità al club di potersi avvalere e difendere la propria immagine, come quella di poter multare anche l'acquirente di suddetti prodotti. Rimane poi inoltre irrilevante come sottolineato dai giudici, la dicitura “non conforme all’originale”, che non salva in nessun modo venditore o acquirente, in qualsiasi possibile caso. Come nel caso della maglia del Venezia però, le maglie "fake" a primo impatto possono non essere distinguibili da quelle ufficiali, tanto che negli ultimi anni i brand sono stati obbligati ad inserire delle etichette interne in vari punti. La maggior parte infatti ormai all’interno della maglia all’altezza del fianco sinistro ha queste etichette che riportano un codice numerico, il codice prodotto appunto, che è un’informazione essenziale per definire l’originalità o meno della maglia.
Uno dei problemi di questa intricata questione è che anche in questa annata la Serie A è il campionato dove si spende di più. In Italia, infatti, la media per una maglia da gioco è di ben 88 euro. Più alta rispetto alla Premier League, dove vengono vendute a una media di 77 euro, e alla Liga spagnola con una media di 80 euro. Vicine ai prezzi del nostro Paese, invece, la Bundesliga (85 euro) e la Ligue 1 (86 euro). La squadra che fa pagare di più la propria maglia? Il primo posto della classifica dei club più cari spetta alla Juventus (adidas) che vende la versione Home Authentic a 140 euro, stesso prezzo anche per altre due divise. Al secondo posto, per un solo centesimo, si piazza l’Inter (Nike) con la maglia che vede appeso sul cartellino la cifra di 139,99 euro. Gradino più basso del podio per il Napoli (EA7) al costo di 125 euro. Prezzi che ovviamente posso diventare proibitivi per qualsiasi appassionato che così decide di acquistare la maglia in questo mercato secondario, non curandosi dell'importanza dell'autenticità o meno del prodotto in questione.
Di fatto siamo davanti ad un problema di non facile risoluzione e per cui le alternative sembrano limitate. Un punto d'inizio potrebbe essere quello di regolamentare in modo severo tutte le vendite di merchandising non ufficiali, non solo al di fuori dello stadio, ma anche quelli presenti in città, con le squadre stesse principali protagonisti di questa battaglie. Un altro provvedimento riguarda l'obbligo dei brand di dotarsi di queste etichette che possano attestare l'autenticità e, non in ultimo, rivedere la politica di pricing, venendo incontro alle esigenze di tutti quei tifosi che non possono permettersi la versione replica, invogliandolo così a scegliere sempre un prodotto originale rispetto ad uno contraffatto. Cercando di riappropriasi della proprietà intellettuale di cui hanno diritto e ridurre sempre di più la perdita di entrate che ogni all'incirca si muove sui 500 milioni di euro, ma che con grande probabilità è ben più consistente.