L'NBA si è innamorata di Marni
Si, è merito anche della collaborazione con Carhartt
20 Gennaio 2023
James Harden arriva al Madison Square Garden per la partita di Natale dei suoi Philadelphia 76ers contro i padroni di casa dei New York Knicks e come sempre gli obiettivi dei fotografi sono pronti a scattarlo. Harden infatti, oltre ad essere ancora oggi uno dei giocatori più decisivi in campo, si è contraddistinto per essere altrettanto senza paura fuori di esso, con outfits che hanno regolarmente sfidato le regole non scritte di come uno sportivo debba vestirsi. E anche questa volta Harden non ha deluso né i suoi fan né i suoi tanti detrattori, presentandosi in total look Marni, compresi un paio di mules in pelo e un balaclava rosa.
Harden non è stato certo il primo cestista a vestirsi con il marchio fondato quasi trent’anni fa a Milano prima di una partita NBA, ma il suo arrivo ha trasformato un brand di nicchia in una delle maggiori fisse stagionali per la lega meglio vestita al mondo. Marni è rapidamente diventato un must per i giocatori NBA, come testimoniano i coloratissimi outfit esibiti prima di ogni partita, in quei tunnel fits che sono diventati negli anni un barometro molto affidabile dei trend e dei marchi più amati tra gli sportivi, in grado di indirizzare i gusti di tutti gli altri colleghi sportivi. Ma come ha fatto il marchio nato dalla creatività di Consuelo Castiglioni ad arrivare negli affollatissimi armadi delle superstar d’oltreoceano?
L’azienda acquistata oltre dieci anni fa dal gruppo di Renzo Rosso è stata particolarmente abile a rendersi riconoscibile senza usare loghi, ma creando un’estetica definita e fatta di pellicce decolorate, mohair pastello e stampe all-over. Una cosmogonia di colori, materiali e forme che inizialmente non era molto accostabile al modo di vestirsi degli atleti NBA, più attratti da brand sportswear e hype come ci hanno largamente dimostrato nello scorso decennio. Poi qualcosa è cambiato, o meglio come sempre le ciclicità della moda hanno ribaltato l’estetica dominante e anche nei tunnel delle arene NBA i loghi extralarge hanno lasciato spazio a outfit più understated, che giocano con forme e materiali più che con eccessi e semplificazioni.
In questo nuovo panorama, Marni si è imposto lentamente ma inesorabilmente, complici soprattutto vestiti che hanno sempre privilegiato la portabilità ma che allo stesso tempo sono immediatamente riconoscibili anche ad un occhio non competente. Ed è proprio questa qualità ad aver reso brand come Marni, o come Bottega Veneta, così amati proprio per questa loro abilità di distinguersi anche senza esibire loghi ma pattern o materiali. E dopo aver conquistato molti giocatori con i loro maglioni in mohair e colori audaci, indossati da James Harden, Jaylen Brown e dall’assoluto tastemaker della lega P.J. Tucker, ora Marni ha definitivamente preso d’assalto l’NBA grazie alla collaborazione realizzata insieme a Carhartt.
Unendo così il workwear statunitense e l’eleganza italiana, la collezione è stata indossata da chiunque dovesse recarsi a giocare nell’ultima settimana, come se ci fosse un group chat attraverso la quale si sono tutti coordinati su come vestirsi. Ben Simmons con la flower jacket in verde, Malik Monk ha invece optato per i pantaloni in giallo e in nero, P.J. Tucker per il completo twin set mentre Karl-Anthony Towns ha scelto di vestire i suoi oltre 210 centimetri con un pantalone in color-blocking e una giacca a tre-quarti con lo stesso schema cromatico ovviamente firmato Marni x Carhartt.
Dopo la collaborazione con Uniqlo, quella con Carhartt ha contribuito a rendere il brand italiano ancora più famoso nel mondo ed a rendere i tratti che lo hanno reso unico e riconoscibile ancora più portabili ed esportabili, anche oltreoceano, anche nella lega sportiva più attenta ai nuovi trend. L'ennesimo segnale di come una certa cultura hypebeast abbia definitivamente abbandonato anche i luoghi dove inizialmente è nata, lasciando spazio a lane morbidissime e tonalità pastello.