I brand italiani dominano la Serie A mentre in Europa è l'opposto
In Serie A il 60% dei club si rifornisce da un’azienda italiana
26 Agosto 2021
Ciclicamente in Serie A viene riproposto polemicamente il tema della quantità di giocatori stranieri rispetto ai giovani italiani, citando per l’opposto esempi virtuosi come la cantera del Barcellona o il modello del calcio tedesco. Se è vero che a volte i talenti italiani fanno più fatica a trovare spazio sul campo, lo scenario cambia quando si parla di maglie e sponsorizzazioni tecniche: facendo una panoramica dei campionati europei, la Serie A spicca per la presenza di brand italiani presenti nella massima serie. In Serie A 12 club su 20 - cioè il 60% - si rifornisce da un’azienda italiana, con il primato di Kappa e Macron e le new entry come Zeus, Acerbis e EA7. Guardando invece alla Bundesliga la quota di brand nazionali presenti crolla sotto il 40%, in Premier League al 25% fino ad arrivare a punte molto più basse nella Liga e Ligue 1, dove la quota di brand spagnoli e francesi rappresenta rispettivamente il 20% e 10%. Si tratta di una statistica sulla Serie A che rivela alcune differenze storiche del mercato sportswear italiano rispetto agli altri campionati e che - vista la progressiva ritirata dei grandi brand dalle sponsorizzazioni - sembra destinato a continuare.
Tra i campionati europei, il caso più curioso riguarda la Bundesliga, patria di grandi marchi come PUMA e adidas, che raggiunge appena la quota del 44% sommando le sue squadre a Jako, UhlSport, calcolando anche le divise del ST Pauli che dall’anno scorso le autoproduce. Ovviamente non tutte le squadre sono uguali - adidas è lo storico partner del Bayern Monaco mentre PUMA del Borussia Dortmund - e i contratti hanno cifre molto diverse ma tuttavia è strano che nella lega che fa del legame con il territorio la sua forza sia Nike a sponsorizzare più squadre. In Premier League sorprende meno che gli unici brand britannici sono solamente Castore e Umbro, il primo veste da quest’anno Newcastle e Wolves mentre il secondo è legato a West Ham, Brentford e Burnley. Situazione simile in Liga dove sono quattro i club - Espanyol, Getafe, Villareal e Getafe - ad essere sponsorizzati rispettivamente da Kelmè e Joma. In Francia le cose vanno decisamente peggio, Le Coq Sportif è l’unico brand francese presente con appena due squadre, Troyes e Saint-Etienne.
I motivi che spiegano la differenza tra Serie A e il resto d’Europa sono molteplici e stratificate, dal momento che la presenza dei brand italiani in Serie è rimasta costante negli ultimi dieci anni: numeri alla mano dal 2005 ad oggi i hanno mantenuto la loro quota di mercato sempre al di sopra del 50%. La geografia può essere un criterio di scelta al momento di selezionare i propri partner visto che il territorio italiano con la sua costellazioni di club amatoriali, semi professionisti e scuole calcio ha alimentato l’industria locale del materiale sportivo. Questa consuetudine si nota specialmente tra le neopromosse, Zeus - e in passato Givova e Legea - ne è un esempio, l’anno scorso vestiva il Crotone mentre quest’anno ha rinnovato la partnership con la Salernitana anche nella massima serie, mentre Venezia ed Empoli sono legate a Kappa. Una tendenza che vale per i piccoli club, ma che oggi sembra confermata anche fuori dal campo, come testimoniano i recenti accordi tra Inter e Moncler e Juventus e Loro Piana come official formal suit.
Un altro fattore che ha inciso sulle squadre di media grandezza è il grado di personalizzazione della maglia: Macron ha conquistato una quota di mercato crescente proprio perché offriva a club come la Lazio un design personalizzato che probabilmente non avrebbe ottenuto con un contratto con un big brand come adidas o Nike. In questo senso, la “ritirata” dei grandi brand dai club medi- piccoli ha lasciato un vuoto che è stato colmato in parte da i newcomers - come Castore e New Balance - e dall’altro ha permesso a brand come Kappa e Macron di strutturarsi offrendo dei servizi tailor-made. Nella maggior parte dei casi questi brand hanno strappato club medi o piccoli che non possono ambire ad un contratto elitè ma neanche vogliono accontentarsi di una fornitura basilare, vedi il Siviglia che dal 2022 vestirà Castore, sostituendo così Nike. Una strategia da parte dei grandi brand pensata ed espressamente voluta per concentrarsi su pochi club - stesso discorso può essere esteso alle nazionali - che si sta ormai delineando in maniera più netta negli ultimi anni.
Ma oltre la scelta di concentrarsi su pochi club, Nike e adidas hanno deciso di indirizzare le loro strategie solo su determinate leghe. adidas ad esempio ha deciso di virare forte su campionati ricchi come quello inglese, dove si è assicurata un blocco di tutto rispetto: Arsenal, Manchester United, Leicester, Wolverhampton, Sheffield United e Leeds. Inoltre visto il recente quasi abbandono di Nike, il brand tedesco già da qualche anno sta ponendo un'attenzione particolare nei confronti delle squadre dell'America del Sud, firmando più club. Situazione opposta in Italia, dove adidas ha perso il Milan e ha una sola squadra in più dell’eterna rivale, Nike. Il brand americano infatti in Italia non ha mai avuto così pochi club, dopo anni di massiccia presenza in Serie A, Nike quest’anno si ritrova solamente con l’Inter dopo aver chiuso la sua esperienza con la Roma passata quest’anno a New Balance. Discorso diverso negli altri campionati, dove Nike è ampiamente presente in campionati come in quello spagnolo, turco e inglese dove sponsorizza tre dei migliori club europei.