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Pat Riley, l’icona di stile “made in Italy” delle NBA Finals

Dall’amicizia con Giorgio Armani alle sue 17esime finali

Pat Riley, l’icona di stile “made in Italy” delle NBA Finals Dall’amicizia con Giorgio Armani alle sue 17esime finali

Tra tutti i personaggi delle NBA Finals 2020, quello che spicca di più è Pat Riley, executive della franchigia di South Beach. Aver partecipato da giocatore, allenatore e presidente in 6 decadi diverse alle finali con Knicks, Lakers e Heat fa del presidente di Miami una leggenda vivente con 8 anelli in bacheca. Il suo rapporto con la vittoria è ossessivo nella stessa misura con cui sceglie i suoi abiti, sempre eleganti e decisamente fuori dagli schemi rispetto al resto: ai nodi larghi della cravatte lunghissime dei suoi colleghi, Riley rispondeva con nodo piccolo, stretto e un portamento molto più europeo; alle giacche sempre “extralarge”, l’allenatore di Magic e Kareem ai tempi dello Showtime contrappone abiti su misura e spesso aderenti.

Il punto di connessione con la moda ha un nome e un cognome: Giorgio Armani. L’anno di riferimento è il 1982, storico sia per l’allora allenatore dei Lakers sia per lo stilista italiano: il primo metterà in bacheca il primo titolo da coach, il secondo apparirà sulla copertina del TIME esattamente 25 anni dopo Christian Dior, primo nome della fashion industry a finire sulla cover del magazine americano. La carriera di Riley e di Armani andrà di pari passo: grandi imprese sportive da un lato, grandi risultati in passerella dall’altro, con Jodie Foster e Michelle Pfeiffer che diventano le prime attrici di Hollywood a sfilare sul red carpet degli Oscar con abiti realizzati ad hoc. Pat Riley è diventato per tutti “The Godfather” grazie ad un look da gangster che è legato all’Italia nell’immaginario collettivo americano: abito elegante, capelli gelatinati all’indietro e ghigno sempre pronto.

A proposito di cinema, nel momento in cui il look da gangster diventa definitivamente cool - soprattutto grazie a Tony Montana - Riley viene spesso accostato a Gordon Gekko, personaggio del film “Wall Street” magnificamente interpretato da Michael Douglas che impersonifica il classico esempio di odioso businessman di successo. Come spesso succede in ambito cinematografico, le leggende sulla fonte di ispirazione di Oliver Stone (ideatore sia di Montana che di Gekko) sono tante: c’è chi sostiene che il regista/sceneggiatore abbia preso ispirazione proprio dallo stile di Riley.

Dal basket alla pop culture hollywoodiana degli anni ’80 e ’90 in un attimo. L'upgrade estetico dell’uomo nato nel ’57 a Rome, NY, si lega ai prodotti di Giorgio Armani, diventato nel frattempo suo amico. John Potvin nel libro “Giorgio Armani: Empire of the senses” riassume così il rapporto tra i due:

"Mentre nessun uomo ha assunto il ruolo privilegiato di ambassador pagato da Armani, Pat Riley è diventato il primo testimonial del brand. Il suo rapporto con Armani non è stato semplicemente di stima ma di vera amicizia e ammirazione. Indipendentemente dall'amicizia, i report indicano che Riley e sua moglie Chris ricevono abiti firmati Giorgio Armani del valore di $ 125.000 (al dettaglio) all'anno. L'80% del guardaroba di Riley è pieno di articoli delle collezioni del designer italiano. Nessun altro uomo ha beneficiato di una relazione così esplicitamente commerciale e duratura come Riley."

L’estetica di Riley è legata all’Italia, ad un brand italiano - tutto ciò che indossa arriva rigorosamente dagli stabilimenti di produzione italiani e non dalle boutique di Miami - e al gusto che negli anni lo ha differenziato dallo stile dei suoi colleghi in panchina e dietro una scrivania. Una fotografia nitida dell’estetica della NBA degli anni ‘80 e ‘90 arriva è arrivata lo scorso maggio, quando “The Last Dance” ha mostrato al mondo visioni inedite sul mondo della moda americana, fatta di pantaloni a vita alta e abiti lunghi, di cravatte dai colori vivaci e di completi che riflettono la personalità di eclettiche star dello sport. L’idea di Riley, invece, è sempre stata diversa: un uomo di Hollywood che andava in campo con delle scarpe Bally fatte su misura, abiti Armani finemente abbinati ed elementi che facevano di lui quasi un alieno considerando il contesto stilistico entro il quale si muoveva. 

 

I suoi Miami Heat si presentano alle NBA Finals per la settima volta nella storia della franchigia e Pat dovrà fare i conti con il suo passato: i Los Angeles Lakers, LeBron James e gli anni in cui lanciò la moda italiana negli USA. Sempre con lo stesso stile italiano, con una spolverata di charme di South Beach e con la stessa ambizione per la vittoria di 50 anni fa.