Perché Neymar ha deciso di lasciare Nike?
Cosa c'è dietro il divorzio tra O'Ney e lo swoosh
31 Agosto 2020
"Neymar Jr non sarà più un giocatore Nike dal 31 agosto 2020".
Con queste parole Josh Benedek, uno dei principali portavoce di Nike, ha risposta alla mail dell'AFP, confermando la notizia: Neymar e Nike hanno interrotto la partnership e non sembrano esserci motivi specifici. La scadenza del contratto che legava Neymar a Nike era datata 2022 e l'interruzione della collaborazione con due anni di anticipo è sintomo di un mancato accordo economico tra le parti. Una fine che va considerato più ampiamente come una svolta per il giocatore e il brand, ma soprattutto racconta come è cambiato negli ultimi anni il mercato del marketing calcistico. Al tramonto dell’impero costituito dal duo Ronaldo-Messi, si sta chiudendo il ciclo dei calciatori testimonial iniziato a fine anni ‘90.
Nike ha tracciato la strada del suo testimonial perfetto proprio durante quel periodo, quando il mondo iniziava a conoscere Luís Nazário de Lima Ronaldo. Dal primo accordo con l’ex attaccante di Inter e Milan, il prototipo dell'attaccante brasiliano veloce e tecnico è entrato nel DNA dello swoosh. Tanti altri attaccanti brasiliani sono diventati atleti Nike e quando i video di un ragazzino 13enne - smilzo e tecnico - iniziavano a fare il giro del mondo, tutti sapevano chi sarebbe stato pronto a firmare un talento del genere.
La carriera di Neymar è sempre stata legata a Nike e non è un segreto che nei suoi unici due trasferimenti ci sia l’influenza del brand americano. Il passaggio dal Santos al Barcellona e dal Barça al PSG è fatto di tappe che lo hanno reso un’icona in poco tempo: dal Mondiale 2014 in Brasile di cui è diventato simbolo alla Champions vinta da spalla di Messi in una delle squadre più forti di sempre (2014-15). I 222 milioni che il PSG ha dovuto versare nelle casse dei catalani lo hanno reso il giocatore più pagato al mondo, ma il suo ruolo al PSG va bene oltre il campo. Essere stato il volto della collaborazione Jordan brand x PSG ha significato tanto per i parigini, per Nike e per il mondo dello sport.
Il divorzio lampo tra el Diez del Paris e Nike non ha scatenato rumors sulla prossima firma, perché le parti in gioco non sono solamente due. All'equazione va aggiunta una terza incognita che risponde al nome di PUMA. Nel tweet di Mohamed Bouhafsi di RMCsport (una delle prime agenzie a coprire la notizia) si dice chiaramente che Neymar diventerà presto un atleta PUMA, ma non c'è ancora la certezza assoluta sull'accordo tra l'attaccante del PSG e i rivali di Nike.
Neymar non è il primo atleta di spicco a lasciare lo swoosh per essere il volto principale di un brand: lo hanno fatto Cesc Fabregas e Paul Pogba, passando da Nike rispettivamente a PUMA e adidas; lo ha fatto l'MVP delle scorse NBA Finals Kawhi Leonard lo scorso anno per firmare un super contratto con New Balance; lo ha fatto Stephen Curry nel 2013, preferendo le attenzioni e le ambizioni di Under Armour a quelle del brand di Beaverton.
Il cambiamento di strategia di Nike prova ad andare oltre i singoli, oltre i giocatori "mainstream" e a ragionare in termini di key city per un mercato che cambia in continuazione. Sponsorizzare "solo" Inter, Barça, PSG (con un ruolo attivo nel trasferimento di O'Ney a Parigi nel 2017), Chelsea, Tottenham, Galatasaray e Liverpool significa aggredire i mercati europei che vengono ritenuti più importanti: Milano, Parigi, Londra, Barcellona, senza dimenticare gli investimenti di New York, Shanghai, Pechino, Los Angeles, Tokyo, Città del Messico e Seul.
Non più l'idea del "giocatore al centro delle strategie" - fatta eccezione per casi che prescindono da ogni regola come CR7, LeBron James, Rafa Nadal o Tiger Woods - ma preferire un approccio che sia più totale, che tenga in considerazione non solo la forza del singolo ma la forza dei brand che può rappresentare. Investire su Neymar non significa solo avere un grande giocatore nel proprio portfolio clienti, ma equivale anche ad entrare più prepotentemente nel mercato francese, a far breccia in una tifoseria mondiale sempre estesa come quella del PSG e provare a sperimentare nuove strade in uno dei luoghi dove la contaminazione è all'ordine del giorno.
PUMA sta seguendo una strategia molto più aggressiva: in poco meno di due anni, il brand tedesco è riuscito a mettere il proprio nome a tutti i club associati al City Football Group per una cifra vicina ai 700 milioni di euro, oltre ad aggiungere al pacchetto clienti squadre come il Milan, il Valencia, il PSV Eindhoven e l'Olympique Marsiglia. Anche a livello individuale PUMA ha le idee molto chiare: rappresentare atleti che hanno un ruolo sociale molto attivo (basti pensare a Lukaku, a Lewis Hamilton e al prossimo colpo Raheem Sterling), giovani e che rappresentino la nuova generazione.
Le speculazioni, poi, si sono spinte fino al Messi-gate e alla presunta telefonata di Leo a Neymar di qualche settimana fa, in cui pare che i due ex compagni di squadra al Barça si siano dati appuntamento all'Etihad Stadium di Manchester. Voci smentite nelle ultime ore, direttamente dal #10 del Paris: "Resterò al PSG la prossima stagione! E con l'ambizione di tornare alla finale di Champions League, questa volta per vincerla. Mi piace l'idea di fare di tutto per lasciare il mio nome nei libri di storia del mio club".