Storia dell'estetica della Dea
Dalla fusione tra Atalanta e Bergamasca fino alle Final 8 di Champions League
20 Luglio 2020
E' una sera dell'ottobre 1907 quando cinque ventenni decidono di creare la Società Bergamasca di Ginnastica e Sports Atletici Atalanta, con un nome che dichiara fin dal principio l'intenzione di creare una società che abbia ambizione, fame e propensione alle vittorie, caratteristiche proprie di Atalanta, figura mitologica famosa per essere la cacciatrice più feroce di tutta la Grecia.
Ora la Dea si affaccia al grande calcio europeo con una consapevolezza che nessuno si aspetterebbe da una provinciale che da appena due anni calca i campi extra-italiani; l’entusiasmo dettato dal gioco di Gasperini e da un ambiente che ti supporta indipendentemente dal risultato sicuramente aiuta, ma riuscire a mantenere un rendimento di così alto livello nonostante i problemi dettati dal Covid-19 è qualcosa che val la pena sottolineare; sembra che la Dea abbia una marcia in più e in un momento così particolare per la città di Bergamo è difficile placare sogni e ambizioni della squadra e dei propri tifosi.
LA MAGLIA
La maglia dell’Atalanta non è sempre stata nerazzurra: a Bergamo per 30 anni sono infatti esistite due squadre: l’Atalanta, fondata appunto nel 1907, che vestiva casacche bianche e nere, e la Bergamasca, polisportiva fondata nel 1877 che utilizzava colori bianco e azzurro. Solo nel 1920, anno della fusione tra le due società, si decise di eliminare il colore comune ad entrambe le squadre per adottare il nerazzurro.
In un primo momento si trattava di un nerazzurro spezzato stile ''Barcellona del centenario'', salvo poi introdurre delle righe che son durate fino ai giorni nostri, scelta semi-obbligata dal carattere conservatore tipico del tifoso atalantino medio, che farebbe fatica ad accettare un cambio radicale del design della propria terza maglia (come il caso di quella giallonera della stagione 2013/2014), figuriamoci della prima.
Nonostante i pochi cambiamenti, negli anni si sono succeduti una serie di sponsor (sia di maglia che tecnici) che hanno occupato sin dal primo momento parte dell’iconografia bergamasca: per quanto riguarda gli sponsor ''su petto'' si parla di Sit-In, rimasto sulla maglia nerazzurra dal 1981 al 1989 e dal 2005 al 2010, Tamoil, dal 1989 al 1995 e Somet, che invece è comparso negli anni d’oro di Pippo Inzaghi e Bobo Vieri dal 1995 al 2000.
Per quanto riguarda gli sponsor tecnici invece, prima della ''fortunata'' Joma ci furono gli iconici NR tra l'84 e l'86 e dall'89 al 91, Lotto, che ha prodotto delle maglie indimenticabili tra il 1991 ed il 1994, Asics, che rappresenta lo sponsor tecnico più duraturo, utilizzato dal 1994 al 2007 ed Erreà, che ha preso il posto di Asics fino al 2014.
Tante maglie, tanti pattern, tanti template ma nessuno degli sponsor ha mai azzardato un'inversione del trend, finendo per produrre sempre una prima maglia sobria, con delle declinazioni leggermente diverse per pantaloncini e calzettoni che sono stati anche bianchi e blu, ed una seconda maglia sempre bianca con dettagli nerazzurri. La necessità di trovare dei design estrosi è ricaduta quindi sulle terze maglie o sulle maglie celebrative che non hanno mai avuto un colore predefinito ma che, soprattutto per esigenze di marketing, sono state prodotte in colori che non hanno nulla a che fare con l’identità societaria né tanto meno con la città, come quelle verdi prodotte nel per i Christmas Match o la terza maglia verde di quest’anno.
IL LOGO
L'identità del club è invece direttamente associabile alla figura rappresentata all'interno del logo, Atalanta, il cui soprannome, la ''Dea'', è in realtà inesatto: infatti Re Iaso, suo padre, era solo un lontano discendente di Arcadio - uno dei figli di Zeus - motivo per cui si è portati a pensare che si tratti di un appellativo studiato a tavolino, e che quello più corretto sia la ''Principessa''. Ma tant'è: leggenda narra che Atalanta, mandata in esilio da suo padre - furioso del fatto che gli fosse nata una figlia femmina -, una volta divenuta adulta venne costretta a trovare marito contro la propria volontà; come compromesso la Dea stabilì col padre che avrebbe sposato solo chi sarebbe riuscito a sconfiggerla in una gara di velocità, consapevole che non sarebbe mai stata battuta. E infatti nessuno ci riuscì, ma solo senza aiuti: il vincitore, Ippomene, la batté grazie a tre mele che distrassero Atalanta che, durante la sfida, si fermò a raccoglierle incuriosita dal loro colore, oro. Un colore che, oltre a quelli sociali, comparirà spesso all'interno sia della maglia che del logo atalantino.
Il primo logo risalente all'Atalanta - intesa come fusione di Società Atalanta e Bergamasca Calcio - risale al 1963, anno in cui per la prima volta comparve una Dea d’oro intenta a correre affiancata da quattro bande nerazzurre, differenti da quelli del crest precedente che prendevano invece spunto dai primi colori sociali, quel bianco e nero che appartenevano alla Bergamasca.
Solo dal 1984 è stato introdotto parte dello stemma che conosciamo oggi: Inizialmente Atalanta era stata rappresentata per intero, ma da quel momento in poi cominciò ad essere rappresentato solo il volto, recuperato fedelmente nell'evoluzione del 1993, stemma che da allora è rimasto quello ufficiale del club. Entrando nel dettaglio, la linea stilistica ripresa nella raffigurazione va ricercata nei capelli: in ogni stemma, il tentativo è quello di immortalarli in movimento, cercando di fotografare Atalanta nella caratteristica che l’ha sempre contraddistinta, ovvero la velocità; per questo motivo nello stemma attuale il volto è stato angolato leggermente all'insù, poiché correndo la testa tende naturalmente ad andare all'indietro.
Anche la diagonale che divide il simbolo fornisce questo senso di velocità sempre cercato dai designer, che attraverso queste scelte sono riusciti a confezionare uno stemma geometricamente anarchico: l’efficienza del design sta però proprio nell'equilibrio stilistico dell’effetto finale, dove con grande cura sono stati uniti cerchi, diagonali, ovali e angolazioni differenti.