Come Michael Jordan ha portato Oakley nel mainstream
Dai motori alla neve, passando per lo sportivo più famoso del mondo
28 Maggio 2020
Legare un brand ad un volto noto dello sport è un trend che va avanti da decenni e i valori dello sport rappresentano terreno fertile per chi vuole investire in un settore che cresce ogni anno sempre di più. Il brand fa la fortuna (economica) di un giocatore, il giocatore fa la fortuna (in termine di awareness) di un brand. Michael Jordan è stato per quasi due decenni lo sportivo in grado di spostare gli equilibri mondiali, l’uomo più conosciuto dell’universo e per certi versi la leggenda che ha cambiato il panorama con i suoi accordi di sponsorizzazione.
La storia che le aziende più innovative al mondo siano nate in un garage è ormai nota: Apple, Google, Amazon, Hewlett-Packard, Disney, Harley Davidson sono tutte nate in un box (spesso in affitto). A questo elenco va aggiunta Oakley. L’anno è il 1975 e la storia parte proprio da un garage californiano, dove un ragazzo di 26 anni, Jim Jannard, decide di investire il suo tempo libero per risolvere un problema che nessuno ha mai risolto. Ama le gare di motocross, ma ogni volta che piove quelle stesse gare diventano meno spettacolari per via della scivolosità delle manopole, ricoperte da semplice plastica. Insieme al suo fedelissimo Setter Inglese, passa le notti a mixare diversi materiali per crearne uno che sostituisca quello scivoloso e permetta ai piloti di alzare il proprio livello indipendentemente dalle condizioni meteorologiche. Dopo mesi di prove, test ed esperimenti, Jim crea una tipologia di gomma mai vista prima: il Nonobiniinium. La collauda sulla sua moto e funziona.
Si presenta alle corse con il suo pick-up e prova a vendere questo prodotto ai team. Ci vuole un nome però. Decide di dedicare la sua invenzione al suo cane, Oakley. Nel giro di poco, la “The Oakley Grip” fa il giro dei piloti e un piccolo investimento di 300 dollari inizia a fruttare sempre di più. Arrivano sempre più persone a richiedere la gomma di Jannard: dalle squadre di ciclismo alle scuderie automobilistiche. Saggiamente, “the mad-scientist” sceglie di ufficializzare la sua creatura e nel giro di pochi anni stringe tra le mani il brevetto di quello che oggi tutti noi conosciamo come Unobtanium.
L’evoluzione di Oakley è rapidissima: dalla semplice gomma alla produzione di tutti gli accessori sportivi più tecnici, compresi gli occhiali da sole. Nel 1980 esordiscono sul mercato americano i primi occhiali da motocross, le O-Frames. Il logo Oakley continua a girare alla velocità della luce e diventa il brand di riferimento per tutti i piloti. Dai motori alla neve, alla stessa velocità con cui Alberto Tomba affrontava le curve di Bormio. Il 1983 è l’esordio del brand nel mondo degli sci. Due anni dopo, il mercato del ciclismo fu invaso dall’uragano Oakley. Con le Factory Pilot Eyeshades, Greg LeMond vince il Tour de France e permette all’azienda di Jennard di approdare anche in Europa. Ormai il garage di Foothill Ranch, CA, non basta più. Lo sport resta il core business di Oakley, ma il lifestyle è un richiamo troppo forte. L’unione dei due mondi (rappresentata dalle Frogskins, uno dei bestsellers della storia del brand) dà vita ad un’azienda che nel corso degli anni produrrà sempre lenti di qualsiasi genere, con qualche excursus in materia di scarpe da golf, scarpe da F1 e giacche sportive. Nel 2007 Jim Jannard ha venduto il brand per 2.1 miliardi di dollari a Luxottica, il più grande produttore e rivenditore di occhiali al mondo. Oakley vanta la bellezza di 575 brevetti mondiali e importanti collaborazioni con la Formula 1, il beach volley, il ciclismo, il pattinaggio, il mondo relativo alle BMX, il surf, il golf, lo snowboard, il wakeboard, il triathlon, il tennis, la vela, il canottaggio, il pattinaggio sul ghiaccio, tutte le attività di running e ovviamente il motocross.
Sono tantissimi gli atleti sponsorizzati da Oakley: da Lance Armostrong a Shaun White, da Rory McIlroy a Fernando Alonso, da Valentino Rossi a Mark Cavendish. Tra i meno recenti rientra sicuramente anche Michael Jeffrey Jordan. In “The Last Dance” lo stile di MJ è venuto fuori in tutta la sua completezza. Uno degli accessori visti con maggior frequenza durante la serie di ESPN sono proprio gli occhiali da sole, la maggior parte firmati Oakley. Jordan ha raggiunto quasi i 2 miliardi di dollari di guadagno grazie agli endorsement e tra i brand che hanno contribuito a raggiungere quella cifra c’è anche l’azienda nata in quel box di Foothill Ranch nel ’75. Gli occhiali da sole di Jordan sono diventati un appuntamento fisso per tutti gli amanti dello stile degli anni ’90 che, episodio dopo episodio, sono andati a caccia del dettaglio per poter contestualizzare temporalmente e stilisticamente le riprese inedite della docuserie.
Durante le 10 puntate, MJ ha indossato le Romeo, le Pro M Frame, le Straight Jacket, le Trenchcoat, le T Wire, le M Frame, le Eye Jacket ma soprattutto le Mars Leather, lanciate sul mercato nel marzo 1998 e indossate in occasione della parata per il secondo threepeat dei Chicago Bulls.
Essere un’icona sportiva non significa solo ispirare le generazioni che seguiranno, essere un esempio per chi idolatra un determinato atleta - Michael Jordan stesso ha affermato che se potesse tornare indietro, sceglierebbe di non esserlo per evitare che ogni suo passo venisse analizzato nei minimi dettagli - ma significa anche sfruttare lo sport business per aumentare il net worth e soprattutto lanciare nuovi fashion trend che aumentano il valore di un brand che si lega allo sport. È impossibile quantificare quanto il #23 dei Bulls abbia contribuito alla crescita di Oakley o quanto, sull’onda lunga di una carriera che è finita all’inizio del nuovo millennio, le linee dedicate ad MJ abbiano influito a posteriori sul prezzo di vendita di 2.1 miliardi nel 2007. Una cosa, però, è certa: Oakley ha cambiato il modo di concepire gli occhiali da sole e Jordan ha cambiato il modo di concepire un contratto di sponsorizzazione tra brand e atleta sportivo.