Negozi chiusi, magazzini pieni e lanci posticipati
In che modo la pandemia ha colpito il mercato sportswear
02 Aprile 2020
Come avevamo già approfondito, il Coronavirus ha avuto un impatto letale su qualsiasi tipo di business, lasciando spiazzati anche i big brands sportivi, scatenando una serie di reazioni a catena che han colpito anche i marchi più piccoli e diverse società.
Tre settimane fa la UEFA ha annunciato che EURO2020 sarà posticipato di un anno a causa della pandemia del Coronavirus lasciando una flebile speranza alle federazioni nazionali di riuscire a portare a termine i propri campionati - seppur a porte chiuse - che, a questo punto, non dovranno più rispettare il termine ultimo concordato al 30 di giugno.
Insieme all'Europeo saranno rimandate anche la Copa America e le Olimpiadi, ed è abbastanza intuibile come tutto ciò provocherà un forte calo delle vendite dei kit nazionali; si parla di vendite che potrebbero essere recuperate l'anno prossimo ma, a causa della progettualità a lungo termine che ormai domina le politiche aziendali, sarà difficile coprire questo enorme buco senza che vengano lasciati strascichi.
Nella maggior parte dei paesi sono stati chiusi tutti i negozi non ritenuti di prima necessità e tra questi, ovviamente, anche i negozi di adidas, Nike e Puma. Lo shopping online è ancora possibile - visto che la consegna dai magazzini all'utente finale non è stata bloccata - ma, se la pandemia non avrà vita breve, sarà possibile assistere ad uno scenario in cui anche i magazzini resteranno pieni di merce invenduta che causerebbe un blocco temporaneo della produzione.
La pandemia ha colpito pesantemente anche i mercati azionari dove i prezzi delle azioni di quasi tutte le società sono crollati e tra questi anche quelli dei tre colossi dello sport sopracitati che hanno perso quasi il 50%; ciò significa che le società hanno quasi perso la metà del loro precedente valore di mercato, portando nel baratro anche le società sponsorizzate e quotate in borsa, come per esempio Borussia Dortmund e Juventus.
Come avevamo anticipato qui, con la stagione sportiva 19/20 che verrà prorogata oltre il termine prestabilito, potremmo vedere alcuni switch di fornitori di kit che si verificano a stagione inoltrata: l'esempio che avevamo fatto era quello del Liverpool, il cui contratto con New Balance scadrà il 31 maggio; se la stagione della Premier League si protrarrà fino a metà giugno, il Liverpool passerebbe alle maglie Nike durante la stagione.
Si trattava di una semplice supposizione visto che, notizia di qualche giorno fa, New Balance ed il Liverpool hanno deciso di estendere il loro contratto di sponsorship fino alla conclusione del campionato.
Invece, per quelle leghe che iniziano la stagione più tardi rispetto ai campionati europei, ci sono già state alcune difficoltà per la consegna di materiale per le squadre: ad esempio l'Oklahoma City Energy FC, squadra di USL americana sponsorizzata adidas, ha dovuto rilasciare prima il suo terzo kit rispetto alla maglia home e away che non sono state consegnate in tempo. Un altro esempio in Europa - altrettanto ininfluente ma ugualmente valido - è il Düsseldorf, che ha avuto alcuni problemi di consegna con un'imminente maglia in edizione speciale che infatti non è ancora stata rilasciata.
Tutto quello che riguarda le divise 2020/2021 invece per ora non è verificabile: sappiamo solo che i grandi marchi cominciano la produzione per la stagione successiva intorno a marzo e quasi tutti hanno gli stabilimenti produttivi in estremo oriente, Cina compresa: se si pensa a quanto siano stati colpiti questi paesi dal virus, è facile pensare che anche la timeline di produzione possa subire ritardi che porterebbero ad uno slittamento non indifferente sulle consegne alle società e ad un conseguente posticipo dei lanci ufficiali delle divise.