Chiedimi chi era Alen Bokšić
L'alieno biondo
21 Gennaio 2019
"Oh, amore rissoso, odio amoroso, cosa per prima nata dal nulla,
pesante leggerezza, vanità pensosa,
caos deforme di forme all’apparenza armoniose,
plumbea piuma, fumo lucente, gelido fuoco,
sanità malata, sonno dagli occhi aperti,
capace di non essere ciò che è,
questo è l’amore che io sento,
senza sentire il minimo amore in questo."
(William Sheakspare, Romeo e Giulietta - Atto I)
Alen Bokšić era questo per me e per tutti quelli che lo hanno ammirato, un amore difficile, contrastante ma nello stesso tempo incondizionato e incosciente, restavo ammaliato ed estasiato davanti all'estetica, alla bellezza e all'eleganza che il giocatore croato riusciva ad esprimere su un campo da calcio. Bokšić appagava l'intelletto.
Centottantasette centimetri, una visione di gioco clamorosa, un giocatore capace di fare tutto con la classe tipica dei giocatori dell'est, quella contro la quale non puoi farci niente perché ti domina quando te la trovi di fronte, ti annichilisce. Aveva tutto, fisico, velocità, colpo di testa e calciava meravigliosamente con entrambi i piedi, possedeva una "sincerità" nel giocare a calcio che giustifica i suoi errori davanti la porta perché come scrive Silvio Pellico: "chi opera per sincera coscienza può errare, ma è puro innanzi a Dio" e infatti a me non importa proprio niente che Bokšić abbia sbagliato molti più gol di quelli che ha effettivamente segnato, 134 gol in 433 partite ufficiali, perché la vera bellezza, dopotutto, consiste nella purezza del cuore.
Nasce a Macarsca, una cittadina della Croazia (all'epoca ancora Jugoslavia) che si affaccia sul mar Adriatico il 21 gennaio del 1970. Fa il suo esordio a 17 anni nell'Hajduk Spalato dove nel 1991 vince una Coppa di Jugoslavia e nello stesso anno si trasferisce in Francia al Marsiglia ma visto che avendo già raggiunto il numero massimo di stranieri in rosa lo gira al Cannes, dove però colleziona una sola presenza. La stagione successiva, quella 92/93, è quella della consacrazione, della manifestazione empirica di ciò che ci si aspettava da lui. 23 reti in 37 presenze, capocannoniere della Ligue1, campione di Francia (titolo poi revocato) nonché campione d'Europa con l'Olympique de Merseille, che nel frattempo lo aveva fatto rientrare dal prestito al Cannes, battendo il Milan nella finale di Monaco di Baviera. Le prestazioni che sciorina gli valgono una serissima candidatura al Pallone d'oro 1993: nella classifica finale è preceduto solo da Roberto Baggio, Dennis Bergkamp ed Éric Cantona.
Dopo aver vinto tutto con l'OM, nel novembre del '93 "l'alieno", questo il suo soprannome, sbarca in Italia e ha portarcelo è la Lazio pagandolo 15 miliardi di lire, fa il suo esordio il 7 Novembre contro il Napoli, segna un bellissimo gol di testa contro il Torino che però non evita la sconfitta ai biancocelesti. L'allenatore di quella Lazio è Dino Zoff che non esita e lo schiera titolare contro la Juventus in un tridente che è un compendio di classe, forza, e pazzia: Signori, Gascoigne e appunto Bokšić che prima prende la traversa e poi in tuffo segna un gol figlio della sua capacità di anticipare tutto e tutti.
Nella stagione 94/95 sulla panchina della Lazio si siede Zdeněk Zeman, e il modo di giocare del boemo esaltano il centravanti croato che nella "tennistica" sfida contro il Foggia, finita 7-1, Bokšić segna una tripletta. Sembra tutto apparecchiato per l'esplosione di quello che Roberto Mancini ha sempre detto gli ricordasse Ruud Gullit ma le cose andarono diversamente. Alen inizia a soffrire i metodi di allenamento di Zeman e il rapporto tra i due si inclina sfociando in un momento a dir poco surreale: è il 14 marzo del 1995, durante la partita contro il Borussia Dortmund valida per l'accesso alle semifinali di Coppa UEFA, abbandona il campo per 10 minuti. Non si conosce il vero motivo, sta di fatto che da quell'episodio Zeman e Bokšić si sono allontanati forse definitivamente e dopo le 11 reti della prima stagione con il boemo in panchina, l'anno seguente è uno stillicidio, appena 4 gol in 26 partite. A questo punto è chiaro che il croato debba necessariamente cambiare aria e ad aggiudicarsi i suoi talenti è la Juventus che nel '96 lo porta all'ombra della Mole per 14 miliardi di lire.
Una sola stagione a Torino ma vince praticamente tutto, scudetto, Coppa Intercontinentale, Supercoppa UEFA ma non la Champions League perdendola in finale contro il Borussia Dortmund. Per descrivervi al meglio l'anno passato da Bokšić alla Juve, prendiamo in prestito la pagella de La Gazzetta dello Sport dopo Juventus – Inter dell’ottobre '96 (Zidane in quella partita segnò il suo primo gol in Italia):
"Difficile dare una valutazione precisa per un uomo dalla doppia faccia. Straordinario per come inizia le azioni, per come le porta a compimento; un vero disastro per come conclude a rete. Ci sarà anche un pizzico di sfortuna e di malasorte, certo. Ma vederlo giocare è davvero un piacere per gli occhi. 7,5"
Contribuisce comunque alla vittoria del campionato con un gol decisivo che, alla 28ª giornata, consente alla Juventus di battere il Bologna e incrementare i punti di vantaggio sul Parma secondo in classifica sconfitto dall'Udinese.
Ma, come canta Antonello Venditti (che ci perdonerà se lo abbiamo accostato a cose laziali), "certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi, e poi ritornano" e infatti nella stagione 97/98 il patron della Lazio, Sergio Cragnotti lo riporta in biancoceleste per 25 miliardi. E la nuova avventura di Alen con la maglia della Lazio inizia alla stragrande, tre gol in Coppa Italia e poi il capolavoro contro la Samp che resta uno dei gol più belli della storia recente della Serie A. Nella prima Lazio targata Eriksson l'intesa con un altro giocatore totale come Vladimir Jogovic è l'emblema di cos'è quella squadra, dopo la partenza di Signori il tecnico svedese lo libera e lo responsabilizza nello stesso tempo e in campo il croato gioca divinamente e segna. Ha un impatto devastante sui derby sia in Coppa Italia che in campionato, arriveranno poi quattro successi di fila contro la Roma di Zeman, un unicum nella storia della stracittadina romana.
Con i 10 gol segnati in stagione, Bokšić è pronto ad affrontare il mondiale francese del 1998 da assoluto protagonista e con una Croazia fortissima e piena di giocatori meravigliosi come Davor Šuker, Zvonimir Boban, Robert Jarni e Mario Stanić. Purtroppo un brutto infortunio al ginocchio distrugge il sogno mondiale di Alen che vedrà i suoi compagni raggiungere uno storico terzo posto.
L'ultimo anno con la maglia della Lazio è triste, si rifiuta di scendere in campo per via di una maglia troppo stretta il 14 Maggio del 2000, giorno del secondo scudetto biancoceleste e il croato a quella festa non partecipa, non gioca nemmeno la finale di Coppa delle Coppe.
Nel suo secondo triennio in maglia biancoceleste comunque si porta a casa due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Supercoppa europea, una Coppa delle Coppe e uno scudetto.
Dopo 43 gol in 157 partite, nel 2000 decide di lasciare definitivamente l'Italia e va al Middlesbrough, in Premier League, dove resta per tre stagioni prima di ritirarsi a 33 anni.
Sapete dov'è adesso Alen, vive su un'isola di sua proprietà acquistata nel 1999, l'isola di Mariaska, passa il tempo con la sua famiglia e fa sci nautico, ogni tanto va in tv come commentatore ma a detta sua, non parla di calcio tutto il giorno.
Caro Alen, volevamo soltanto dirti grazie per l'immensa meraviglia che ci hai regalato perché, per citare Luis Ferndinand Celine e il suo capolavoro "Viaggio al termine della notte", dopo aver visto te in campo non saremo, ne siamo certi, mai tanto freddi, cialtroni, volgari come gli altri, per quel tanto di bellezza e di sogno che ci hai regalato nel corso di qualche anno d'Italia.