Lettera d'amore alla maglia della Lazio
Passano giocatori, presidenti e modi di tifare, resta la maglia biancaceleste
18 Novembre 2017
Essere laziali è difficile. Ve lo dico io che sono cresciuto tra gli anni '90 e duemila a Roma e in classe ero l'unico a tifare la Lazio, tutti gli altri la Roma. Era una condizione strana, soprattutto al derby: quando vinceva la Roma - spesso - tutti gli altri esultavano insieme, facendo i cori per l'autogol di Paolo Negro. Quando vinceva la Lazio in classe non esultava nessuno, anzi gli altri si conosolavano a vicenda. Sono cose che ti segnano queste, ma come ho detto essere laziali non è facile.
Noi - intendo laziali della mia generazione - abbiamo dovuto affrontare anche il trauma d'abbandono di Alessandro Nesta, giustificato dal fallimento della società per cui Nesta - eroe contemporaneo - ha sacrificato la sua identità per la Lazio. Poi spiegalo a un bambino di dodici anni cos'è il crack della Cirio, che Cragnotti era il cattivo e che non vedrai più giocare Veròn. Fatto sta che i romanisti avevano sempre Totti, Montella e Delvecchio mentre i nostri cambiavano ogni stagione e come per un amore estivo cerchi di non affezionarti troppo al suo tocco. Ma una cosa rimaneva sempre: la maglia biancoceleste. Rimaneva nonostante cambiassero i giocatori, i presidenti e il modo di andare allo stadio. La storia della Lazio è complessa, essere laziali è difficile, è un'identità con mille contraddizioni in cui bene e male convivono e si scambiano spesso le parti. L'amore viscerale per la squadra si catalizza nell'oggetto che la rappresenta: quella maglia biancoceleste che ancora mi sconvolge la vita.
Qui ci sono le mie preferite.
Away 1998-99, Puma
Ci sono alcune magliette da calcio che appena le guardi accendono un ricordo. Io avevo solo sei anni nel 1998 e risalgono a quell'anno i miei primi ricordi legati alla Lazio. Mi ricordo quando guardai la Lazio Milan con mio padre che se la prendeva con l'arbitro per un gol annullato a Vieri, mi ricordo le punizione di Mihajlović - e la difficoltà nel pronunciare il suo nome - e l'entusiasmo nell'impersonare Nesta nelle partite nel cortile della scuola. Per tutti i laziali questa maglia rappresenta l'inizio biennio 98-00, quando forse tifavamo la squadra più forte del mondo, sicuramente la più bella quando scendeva in campo in nero. Non è solo per la grafica, i colori, il taglio largo e le maniche lunghe: questa maglietta ha qualcosa di imperscrutabile che solo un laziale può ritrovare nei suoi ricordi.
Fu scelta anche da De Sica in Tifosi, anche lui come me in cortile cercava di battere le punizioni a là Sinisa Mihajlović.
Home 1981-82, adidas
Prima di Lulic 71, la scritta più diffusa sui muri di Roma era 11 di B. La memoria della Serie B è una sorta di peccato originale con cui ogni laziale deve fare i conti, anche se ha la coscienza pulita in quanto non l'ha mai vissuta. Eppure durante due stagioni passate nel purgatorio della B, la Lazio ebbe la sua unica maglia della storia prodotta da adidas. Ovviamente oggi è un cimelio introvabile, e anche il design non sembra nulla di estremamente particolare ma rappresenta una parte di storia della Lazio che è parte integrante dell'identità laziale. Anche il fatto che la Lazio non sia mai stata sponsorizzata né da adidas ne da Nike racconta un pezzo dell'identità e dell'immagine da outsider della condizione laziale.
Maglia girone di ritorno 2014-15, Macron
Nel 2014 Macron decise di riproporre il design più bello mai visto su una maglia di calcio in Serie, scusatemi sono di parte. La maglia "bandiera" usata nel girone di ritorno era una fedele copia di quelle indossate dalla Lazio nella stagione 1982-83 e nella stagione 1986-87, quando il gol di Fiorini salvò i biancoazzurri dalla retrocessione in Serie C. Il disegno dell'aquila stilizzata che abbraccia tutta la maglietta e la divide in due parti - una bianca e l'altra azzurra - fu disegnata dall'ex presidente della Lazio Gian Chiaron Casoni nel 1982. Anche il font dei numeri, in grassetto e con un accenno di ombreggiatura è una chicca per gli amanti della tipografia.
Coppe Europee 1999-00, Puma
La stagione 99-00 è l'apoteosi di ogni laziale: il campionato, la Coppa Italia, il Centenario e Juan Sebastian Veròn. Sia la maglia home che quella celebrativa del centenario della società meritebbero un posto in questa lettera, ma quella che preferisco è quella che la squadra usò nel suo esordio in Champions League. Strisce large bianche e azzure con dettagli gialli, ma soprattuto lo sponsor Del Monte in mezzo al petto rendono questa maglia la madeleine per ogni laziale.
Home 1992-93, Umbro
Fosse per me, le maglie della Lazio le vorrei solo dell'Umbro con un taglio anni '90. Signori e Gaiscogne sono i giocatori che vengono in mente quando penso all'era Umbro nella Lazio. Uno scommettitore incallito e un alcolizzato, ma geni del calcio. L'identità laziale è fatta anche di questo: personaggi discutubili, fuori legge, arroganti. Eppure questo parterre di giocatori - in cui rientrano anche Di Canio e Chinaglia - ha sempre avuto il fascino del bandito dal cuore d'oro in campo, uomo sbagliato ma che combatte dalla parte giusta. Essere laziali non è facile, è una condizione bislacca e disonnate esattamente come le divise degli anni '90 della Umbro: sgraziate nei loro pattern geometrici, i colletti oversize e i taglio largo ma incredibilmente belle quando a vestirle è Paul Gazza Gaisgogne.
Bonus Tuta
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