L'Inghilterra presenta la sua seconda maglia
Marcus Rashford è il testimonial scelto dai Tre Leoni per mostrare al mondo la maglia del futuro targata Nike
20 Marzo 2017
La nazionale di calcio inglese è forse la più strana che ci sia in circolazione. Piena zeppa di talenti, di giocatori fatti e finiti, di bandiere che hanno fatto la storia dei loro team, eppure praticamente sempre protagonista di avventure fallimentari durante gli europei o i mondiali di turno. Ultima in ordine cronologico è Euro 2016, dove i britannici sono stati buttati fuori dalla cenerentola Islanda.
Le hanno provate tutte, allenatori vincenti (Capello) ma anche la via nazionalista (Hodgson), eppure niente sembra invertire la rotta, nonostante ci sia un fortissimo legame, una salda identità. E non è possibile addebitare le ragioni del fallimento nemmeno all’accesa concorrenza tra le squadre in Premier League, per due motivi principali: la nazionale inglese convoca giocatori anche da squadre che non lottano per il titolo, perché una nazionale come la Spagna, che ha praticamente vinto tutto da 8 anni a questa parte, è composta quasi ed esclusivamente da giocatori del Real e del Barça; che dimenticano un istante dopo la convocazione la rivalità, spesso anche molto aggressiva.
Quindi, perché? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che, nonostante tutto, la divisa della nazionale inglese resta tra le più belle e desiderate al mondo, simbolicamente semplice e candida in quel bianco assoluto. Ed è una bellezza che si ripropone anche nella scelta della seconda e terza divisa.
E, per l’appunto, è stata presentata la nuova divisa "molto blu". Un blu reale, come monarchia richiederebbe, con le maniche a contrasto e sul petto solo il simbolo della nazionale e dello sponsor tecnico, Nike.
Ad un colore del genere, però, non andava bene una carnagione chiara, anche un po’ pallida, magari con le guance arrossate di birra; non ce ne vogliano gli inglesi. Ma ci voleva la nuova generazione, un emblema della multietnica Inghilterra. Un simbolo della perfetta sintesi tra tecnica, potenza fisica e giovinezza.
Ci voleva Marcus Rashford.
Rashford, fatto esordire da Van Gaal lo scorso anno, ha chiarito da subito le proprie intenzioni. Doppietta all’esordio, e titolo di giocatore più giovane della storia del Manchester Utd ad aver segnato in una competizione europea (18 anni e 117 giorni). Non contento, nella partita successiva, schierato come titolare contro l’Arsenal, ne fa altri due. Venti giorni dopo rompe un altro record, strappandolo al suo idolo Wayne Rooney: segna il goal vittoria del derby con il City, diventando il più giovane giocatore ad aver segnato in questo tipo di incontro.
Sarà l’aria di Manchester a fargli bene, direte. Invece no, perché dopo queste prestazioni il CT dell’Inghilterra non può lasciarselo scappare. Viene convocato da Hodgson per un’amichevole con l’Australia e segna dopo soli 135 secondi. Nella partita contro il Galles, durante euro 2016, esordisce e diventa il giocatore inglese più giovane a partecipare ad un europeo. Il ragazzo ha esordito ai massimi livelli poco più di un anno fa, e non ha ancora compiuto vent’anni. Chissà se basteranno tutti i record del mondo calcistico per un talento di questo tipo.
Si tratta di un giocatore forte fisicamente ma che rientra in quella categoria di nuovi attaccanti (strada aperta da un certo Ibrahimovic) che sembrano essere anche tecnicamente devastanti. L’Inghilterra ne ha avuti di fenomeni, Rooney – che Rushford identifica come suo idolo, non avendo l’età per aver potuto ammirare altri fenomeni (Alan Shearer, Teddy Sheringham) -, ma anche due signori di nome Gerrard e Lampard. Eppure non ha vinto nulla.
Che sia la volta buona? I presupposti per rompere record e barriere ci sono senz’altro.