Born to fly - The history of Air Jordan
NSS - New Sport Side
09 Dicembre 2015
Lunedì scorso è stato reso noto che LeBron James aveva firmato un accordo di sponsorizzazione a vita (avete capito bene, a vita) con la Nike. Per quanto epocale possa sembrare la cosa non è la prima volta che avviene, né a uno sportivo in generale (il primo esempio disponibile è quello di David Bechkam con adidas) né a un giocatore della NBA (Darrick Rose, sempre con il brand tedesco).
L’accordo, che a quanto pare porterà nella casse di James circa 500 milioni (avete di nuovo capito bene, 500 milioni) di dollari testimonia però un’altra scelta importante: fare di LeBron James l’erede “commerciale” di Michael Jordan. Quello che non è mai successo con Kobe si materializzerà con James. E se anche la sua parte in Space Jam dovesse rivelarsi reale, l’identificazione d’immagine sarebbe totale.
Chissà quanto c’è di volontario – probabilmente tanto, tantissimo – nella scelta di fare quell’annuncio proprio nel mezzo del calendario dell’avvento che Foot Locker ha preparato per le Air Jordan. Ogni giorno, dal 27 novembre al 26 dicembre, sul sito di Foot Locker si trova un contenuto esclusivo che andrà a formare una specie di documentario, o comunque una raccolta di ricordi: The art of Fight.
Non c’è stata una spiegazione ufficiale della scelta di novembre, ma a voler trovare dei parallelismi, il novembre del 1985 fu il mese in cui Michael Jordan apparve per la prima volta sulla copertina di Sport Illustrated con le famose Air Jordan I, spalla a spalla con Pat Ewing. Quella versione, la black/red, fu indossata per la prima volta da Michael solo per l’All Star Game di febbraio. Durante tutta la regular season, e playoff, MJ calzò invece la versione rossa e bianca. Perché?
Il problema fu una sorta di regola di David Stern (allora commissioner della lega) che impediva di indossare scarpe che non fossero bianche per motivi di uniformità con il resto della squadra. Quella dell’uniformità è sempre stato un pallino di Stern, come testimonia l’attuale codice di abbigliamento che lui stesso ha fatto approvare.
E bene, dopo quell’esibizione, la NBA ci tenne a far presente a Jordan che quella dell’All Star Game era stata un eccezione, ma che le scarpe continuavano ad essere vietate. Sulla faccenda circola anche una leggenda secondo cui Nike avrebbe pagato 5000 dollari di multa ogni volta che Jordan indossava quelle scarpe sul parquet. Non ci sono evidenze tuttavia che la cosa sia successa. Le “Bred” dovrebbero peraltro tornare, nel 2016.
Da quell’anno, il 1985, ne sono successe di cose, alla carriera di Jordan e quella della sua linea di sneaker. Non passa giorno, a volte neppure ora, che Hypebeast non aggiorni il suo sito con una nuova release Jordan, frutto di qualche particolare feature o di un restock per feticisti o qualche collaborazione prestigiosa.
Esempi: in occasione dell’uscita del nuovo film di Spike Lee, Chi-raq, l’artista Van Monroe, ha realizzato un paio di Spikize (la leggendaria Jordan disegnata da Spike Lee) con colori che riconducono all’estetica del film. E poi le release disegnate addosso a tanti campioni NBA, gli ultimi Blake Griffin e Russel Westbrook. Proprio l’edizione personalizzata del talento di OKC è stata annunciata durante i primi giorni di The Art of Flight: si tratta di una customizzazione delle Jordan XIX, molto chiare e ultra leggere. Con un bel video la Jordan ha poi annunciato il ritorno delle Jordan 6 “Maroon”, quelle con cui Michael vinse il suo primo titolo, nel 1991.
Allo stesso modo si è approfittato per lanciare le Melo 12, che si chiameranno “The Dungeon”, dal parco di Baltimora in cui lo stesso Anthony ha cominciato a giocare. Intervistato, ha detto una cosa scontata, ma molto importante, «le Jordan non riguardano solo il campo dello sport, delle calzature. Le Jordan significano cadere e non arrendersi mai».
È la stessa parabola che The Art of Flight vuole raccontare, e che vedrà varie puntate speciali, come l’approfondimento sul Dream Team e le migliori 25 citazioni jordanesche. O come il ricordo di quella volta in cui, in trasferta italiana per promuovere la firma con Nike, l’allora matricola Michael Jordan volò così in alto da spaccare il tabellone.
Gli italiani capirono subito di essere davanti ad un extra terrestre. O durante i 63 punti contro Boston. Tutti con le Air Jordan ai piedi. I momenti da raccontare sarebbero infiniti. L’intera storia di Michael, e di conseguenza quella della NBA è stata strisciata da quelle scarpe. La classica domanda che si fa, quando si parla di Jordan è «qual è la tua Jordan preferita?»
Se a rispondere è Tinker Hatfield la domanda si fa ancora più pesante. Ma lui non ha dubbi: «LA Jordan 11 è sicuramente la mia sneaker preferita di tutti i tempi, nonché una delle più importanti nella storia del design di scarpe. Tutto era innovativo e particolare in quella scarpa: dalla fibra di carbonio, all’allacciatura, ai forti richiami all’Africa, al fatto che lui si fosse ritirato durante la lavorazione».
Proprio le Jordan XI, torneranno, manco a dirlo, nelle prossime settimane. Una storia che è già stata scritta e continua a scriversi, a volte in maniera anche autonoma. Storia fatta d’evoluzione e di sortite aliene molto al di là del canestro.