L'incredibile estetica dei flyer italiani anni '90
Simbolo della club culture italiana, i volantini dei locali hanno invitato l’Italia alle più belle serate dell’era pre-Instagram
27 Dicembre 2021
Secondo il Cambridge Dictionary, il sostantivo inglese flyer significa letteralmente «a small piece of paper with information on it about a product or event, wich is given to a lot of people». La definizione del termine descrive a pieno i volantini che hanno raccontato la night life degli anni ’90 e ‘00, nel nostro Paese e non solo, visto che le locandine delle discoteche servivano proprio a promuovere le serate attraverso grafiche evocative e eye-catching. Ma c’è di più, perché una traduzione aggiuntiva di Word Reference, che fa riferimento a una frase informale e idiomatica, indica «partenza a razzo». C’è stato un tempo, in effetti, in cui i volantini, i poster e gli inviti cartacei erano l’unico modo per venire a sapere dell’esistenza di un evento - niente che le nuove generazioni non conoscano grazie a eventi come i festival di Club to Club e di tutti quei PR incontrati sulle coste del Salento, ma la cui importanza è andata perdendosi nel tempo trasformandoli nelle grafiche pubblicate su Facebook prima e su Instagram poi delle varie serate nei club locali – ma facendogli perdere quell’aspetto di sbrigliata creatività che ne caratterizzava il graphic design vent’anni fa.
Simbolo del clubbing italiano e internazionale del tempo, gli artwork avevano il ruolo di comunicare tutte le info dell’evento, dal luogo allo special guest e al percorso per raggiungerlo, ma soprattutto di evocarne lo spirito al primo sguardo. Il risultato è stato che proprio questi flyer, spesso opera di anonimi designer, diventarono col tempo oggetti da collezione, testimoni di un gusto volgare ai loro tempi ma nostalgico nei nostri e, soprattutto, divenuti un manifesto completo di gusto, immaginario e self-expression non solo della loro epoca ma di intere generazioni isolate nel tempo. Come dimostra un articolo di Jade Wickes pubblicato su The Face, nel 2021 è stato riscoperto ogni aspetto di fine millennio specialmente sul piano estetico e questo ha determinato il grande ritorno dei flyer, in Italia come all’estero, non solo nel clubbing, ma in ogni ambito dell’intrattenimento. I poster dei listening party di DONDA e le collezioni di Raf Simons sono solo un esempio.
A realizzare i flyer degli ultimi ’90 e dei primissimi ’00 sono i primi ragazzi cresciuti con i computer, che per rendere accattivanti quei volantini in formato A5 non rispettavano regole estetiche di nessun tipo: era un tipo di fantasia priva di freni che conduceva a risultati disparati, ma anche paradossalmente più liberi e indicativi del gusto della loro generazione. Questo non ha fermato la diffusione dei collage, dei lettering e dei disegni che mantenevano vivo l’effetto DIY e suscitavano un forte senso di appartenenza. Il comune denominatore è il fattore eye-catching, ma se le copertine dei flyer sono state territorio di sperimentazione di svariate correnti artistiche, dai graffiti ai fumetti e alle immagini screenprint, sul retro non potevano mancare informazioni come data, ora, informazioni stradali e ospiti speciali – dj, gruppi musicali, personaggi tv di Non è la Rai e altri programmi di quegli anni. Ogni tanto, infine, venivano inseriti piccoli sponsor.
Prima della battura d’arresto che ha interessato le discoteche negli anni 2000, l’ultimo decennio del ‘900 ha rappresentato il momento di massimo splendore per lo sviluppo dei flyer dai party esclusivi ai centri sociali, ma non tutti sanno che il fenomeno ha avuto origine quando, come racconta un articolo de Il Giornale, «la febbre della disco music guarì gli anni di piombo». Il clubbing italiano di fine anni ’60, puntava già molto sui volantini degli eventi e ha continuato a farlo per tutto il periodo successivo, durante il quale i locali del centro nord, della riviera romagnola e della rave culture romana diventarono un modello di riferimento anche all’estero – una dimostrazione su tutte sono i flyer nati sulla scena culturale di Detroit tra la fine degli anni ’90 e i primi 2000, espressioni culturali di una nascente cultura techno che conquistò il mondo, tanto sul piano musicale che su quello visivo.