Che cos'è il metaverso?
Da Zuckerberg a Roblox e le criptovalute: il metaverso è il futuro o solo un rebranding di internet?
07 Settembre 2021
In una delle rare interviste concesse da Mark Zuckerberg a The Verge, il CEO di Facebook ha annunciato che il futuro della sua azienda non sarà limitato ai social network o alla costruzione di hardware, bensì sarà finalizzato alla costruzione di un ecosistema ibrido - digitale e fisico - e interconnesso, noto come metaverso. Probabilmente non è la prima volta che sentite questa parola diventata virale negli ultimi mesi: dai Bitcoin al caso Game-Stop, passando per il concerto di Travis Scott su Fortnite fino alle borse di Gucci su Roblox, per arrivare alle polemiche sullo smartworking e gli uffici virtuali. Il metaverso ha un’aura di futuro vagamente sinistra, allude allo spazio virtuale e al potenziale appena esplorato di una realtà parallela o meglio interconnessa a quella reale. Il termine è diventato rapidamente una di quelle buzzword usate e abusate da futurologi, CEO e appassionate di distopie digitali; ne hanno parlato anche i giornali, tra cui Vogue Business, The New York Times e - in italiano - Valerio Bassan nella sua newsletter Ellissi. Per quanto sia chiaro che il lockdown e il relativo shift online abbiano influenzato l’hype sull’argomento, oggi in molti - incluso Zuck - pensano che il metaverso sia la naturale evoluzione dell’internet attuale, quindi il futuro del mondo.
Nonostante sfugga ad una definizione precisa, il metaverso dovrebbe essere l’universo virtuale che comprende internet in tutte le sue declinazioni e interazioni con la realtà, uno spazio fluido dove gli utenti possono muoversi e vivere senza confini di sistemi operativi, software o leggi nazionali. Un concetto utopico che sottolinea molte storture e si scontra con la realtà - discretamente drammatica - dell’internet contemporaneo, in cui poche aziende che non godono del favore popolare hanno il potere. Visto che a parlarne oggi c’è anche uno dei tiranni del web in molti credono che il metaverso verrà svuotato del suo significato rivoluzionario solo per rebrandizzare il mondo virtuale.
Roblox, Fortnite e Earth2: le prove di metaverso
Come molte parole-chiave siliconvalleiane, anche “metaverso” è stata coniata in un romanzo di fantascienza cyberpunk di inizio anni 90, precisamente in Snow Crash di Neal Stephenson. Nel libro il metaverso è uno spazio tridimensionale all'interno del quale persone fisiche possono muoversi, condividere e interagire attraverso avatar; in quel mondo, il protagonista vive un’esistenza parallela a quella del mondo reale. Al libro di Stephenson è ispirato Second Life, tra le prime esperienze virtuali (MUVE) che sfidavano dichiaratamente la realtà. In effetti quello che oggi più si avvicina al metaverso sono proprio i giochi/piattaforme come Fortnite, Animal Crossing, Roblox e i giochi della Epic Games che oggi hanno raggiunto quotazioni in borsa di decine di miliardi di dollari. Questi videogiochi (definizione ormai obsoleta) offrono dei veri e propri universi dove gli utenti non sono costretti a seguire un plot del gioco, sono liberi di interagire come meglio credono. Durante il lockdown hanno vissuto un boom di popolarità senza precedenti, con un impennata di utenti - soprattuto nella fascia 13-17 - e tempo medio speso sulla piattaforma. Molto rapidamente queste piattaforme in particolare Fortnite e Roblox sono molto più che un semplice videogioco: la pandemia ha accelerato la digitalizzazione di esperienze reali come i concerti, il cui caso più clamoroso sono stati circa 12,3 milioni di avatar hanno assistito al concerto Travis Scott su Fortnite.
Una caratteristica fondamentale di questi universi è di aver sviluppato una vera e propria economia in cui vengono prodotti e venduti beni - item virtuali, le skin, i personaggi, le case e i terreni come in Decentralized o Earth2 - attraverso la tecnologia BlockChain (la stessa delle criptovalute). Il caso forse più clamoroso è stato il drop di borse Gucci virtuali su Roblox, il cui prezzo all’interno del mercato secondario del gioco ha superato quello della borsa reale (4115 dollari contro 3400) creando un cortocircuito con la realtà. Le economie sono spesso basate su criptovalute “locali” (su Roblox c’è Robux, su Fortnite i V-Bucks) che oggi hanno iniziano ad avere un valore reale in dollari, Bitcoin e euro. Il sistema degli NFT ha completato un tassello mancante importante garantendo l’originalità dei prodotti digitali.
Guarderemo al nostro smartphone come a quei vecchi floppy?
La presenza di un’economia sviluppata rientra nella definizione data dal venture capitalist Matthew Bell: un metaverso deve attraversare il mondo reale e virtuale, deve contenere un’economia completamente sviluppata e offrire un’interoperatività completa. Questa definizione fa emergere su due punti la distanza tra la situazione attuale e l’idea di metaverso.
Il primo è il fattore tecnologico: è un paradosso che la nostra esperienza online che oggi rappresenta un’enorme parte della vita venga vissuta attraverso un scomodo e piccolo schermo di uno smartphone. I limiti fisici degli hardware come chip, gli schermi o le batterie, uniti a quell’anatomia umana (sarebbe meglio usare le sinapsi invece le dita) stanno oggi rallentando questo processo. Non è un caso che Zuck abbia definito il multiverso come “l’internet post-mobile” e che parlando di produttività si è spinto a paragonarlo al teletrasporto: “Oggi non puoi condividere ogni aspetto del lavoro con i tuoi colleghi perché hai un solo schermo. Nel metaverso gli schermi sono infiniti”. Aspettando la rivoluzione dei computer quantici, non credo che passeranno troppi anni da qui a quando guarderemo i nostri vecchi iPhone come oggi si guarda un floppy disk: arriverà il giorno in cui le tecnologie di AR, VR e biointegrazione supereranno i limiti con i quali fino ad oggi si sono scontrate: “Non si tratta di rendere le persone ancora più connesse, ma di consentire loro di continuare ad esserlo in modo più naturale” sempre dall’intervista di Zuck.
La rifondazione dei principi del web
Oltre al fattore tecnologico quello che oggi appare più complesso a livello sistemico è il principio di interoperatività. Nonostante Roblox oggi ha le sembianze di un metaverso, se un utente passa su Fortnite dovrà cambiare piattaforma, avatar, risorse, strumenti e conoscenze. In pratica dovrà ricostruire un’identità da zero. Se il metaverso quindi ha l’ambizione di essere uno spazio virtuale fluido dove un utente può teletrasportarsi virtualmente dove vuole senza limitazioni di piattaforma, la realtà attuale è drammaticamente diversa: non solo esistono pezzi di Internet isolati - vedi la Cina - ma tutto l’ecosistema assomiglia più ad un arcipelago di isole, dove gli utenti fanno e vedono sempre di più le stesse cose. È una stortura figlia della cultura del prodotto digitale sbagliata che ha guarda all’uso di un app o di un sito in maniera sconnessa rispetto alla dieta digitale di un utente. In pratica accettare l'idea di metaverso vuol dire riscrivere completamente i principi - sia etici che legali - che oggi governano lo spazio virtuale, bisogna capire chi ha il diritto o il potere di farlo.
Quando si parla del futuro di Internet non si può far finta di ignorare il fatto che oggi Amazon, Facebook e Google sono diventati degli iperstati, padroni di un territorio virtualmente infinito. Il principio del metaverso si basa sul concetto di decentralizzazione dello spazio virtuale, ergo di sottrarre risorse e potere a chi oggi lo monopolizza in termini di dati e potere. “Di certo non è qualcosa che un’azienda può costruire da sola. Ma credo che una parte importante del prossimo capitolo di Facebook ci vedrà coinvolti nell’aiutare a costruire questa nuova realtà, assieme a molte altre aziende, sviluppatori e creatori di contenuti.” Ha detto Zuckerberg non entrando nel dettaglio sul ruolo delle legislature nazionali, i profitti o la gestione pratica degli hardware (in fondo internet sono milioni di kilometri di cavi in fondo al mare). Per quanto oggi le critiche e i dubbi sulla costruzione del metaverso sono molteplici, quello su cui quasi tutti sono d’accordo è che arriverà, prima o poi arriverà. Sicuramente non sarà come quello immaginato da Stephenson e forse neanche come quello immaginato da Zuckerberg, ma l’integrazione tra virtuale e digitale è oggi limitata dalla tecnologia. Quello che è importante fare nel mentre è discutere, immaginare e raccogliere opinioni su come affrontare le sfide etiche prima di ritrovarci a protestare con i nostri avatar in un mondo replicato fatto di dati, algoritmi e codice.