Come i ristoranti sono diventati i brand più riconoscibili di Milano
Da Miscusi a Temakinho, una nuova generazione di locali costruiti come veri e propri marchi
05 Luglio 2020
I panini di Burgez, quelli Giusti, i Durini, la pasta di Miscusi, la pizza di Pizzium (e di Cocciuto, di Marghe), il sushi di Temakinho. Sono i nuovi protagonisti della Milano del cibo, uno spazio che ospita strategie di comunicazione molto varie, nuovi attori che stanno provocando una crepa nella cultura del cibo a Milano.
Da un lato l'Haute Couture dei ristoranti stellati e tutto quel movimento culinario-beverino frequentato dalla classe creativa di Milano (per intendersi, i Posti Sinceri della città) - quindi un settore tradizionale fatto di bar storici e trattorie di una volta -, dall’altro lato il nuovo esercito di fast food brandizzati, emblema della nuova cultura del delivery di Milano. Oggi che il modello-Milano è stato messo gravemente in crisi dal lockdown e che l’opinione pubblica sta finalmente dedicando più attenzioni al lato oscuro del sistema del food delivery, siamo di fronte ad una svolta: riusciranno a restare sul mercato o sarà la fine di una moda nata con Expo e sospinta fino ad oggi dal sogno della Milano europea?
La linea della visibilità e del marchio in senso stretto sono il primo aspetto da curare. E Milano per questo è il posto ideale, un luogo in espansione in cui si massimizzano estetica e culto del packaging, per cui ordinare la cena è diventato uno status symbol. In pratica, un mondo totalmente differente da quei locali che prima distinguevano la tradizione culinaria cittadina. Il sistema del delivery ha costruito dei marchi e un mondo di immagini, mentre i ristoranti tradizionali, pur sbarcando anch’essi sui social, hanno perso visibilità.
La costruzione dell’immagine di Miscusi, Burgez, Hamerica’s o Pizzium sono tutti focalizzati sulla promozione della loro esperienza, anche se tutto parte dal prodotto, sempre di qualità e riconoscibile. Che si tratti di un piatto di pasta casalingo o di un raviolo cinese, il minimo comun denominatore di queste aziende è l’avere un unico prodotto di punta. La catena di Burgez, infatti, come intuibile fin dallo slogan sul sacchetto ("Try not to come back") vende la propria cucina come qualcosa di talmente irresistibile da spingere la gente a non andarci, e provocatoriamente, invita la clientela con frasi tipo Burgez Merda. Insomma, roba da trolling tipica dei peggiori profili sui social network. Altri locali, come Miscusi o Hamerica’s, puntano più sulla delicatezza dei prodotti e un profilo Instagram dolce e mieloso, con foto da screensaver di piatti fumanti o hamburger circondati da patatine. In questo modo il food branding diventa un fenomeno di marketing locale, e i profili dei brand recitano inviti commerciali di ogni tipo. Per questi marchi diventa importante anche l’estetica degli spazi, il cui contesto fisico è parte integrante del brand. I locali di Miscusi seguono un’estetica un po’ Little Italy, con sedie in ferro e mattoni verdi a vista. Un design particolare realizzato appositamente da Fabio Novembre, architetto di fama nazionale - creatore tra le altre delle location di Attimi e Casa Milan -, che ha attribuito ai ristoranti di Miscusi uno status riconoscibile, in cui si uniscono estetica e prossemica.
L’abbondanza dell’offerta di Milano è però un’arma a doppio taglio: se da una parte l’effetto ecosistema crea una cultura e un consumatore sempre più aperto ed esigente, dall’altro c’è anche il rischio di scomparire. Assaggino, locale milanese, ha chiuso nel 2018, così come le Hamburgerie Macinata, ma soprattutto, California Bakery, che è vicina al fallimento e alla chiusura dei suoi locali. Non è facile rimanere ormeggiati sugli alti livelli del fast food milanese, in cui il mercato premia principalmente la qualità e il management. E la moda è il vero motore di queste dinamiche. Nel 2019, il poke è risultato essere il cibo più ordinato in tutto il mondo, e di conseguenza, a Milano c’è stato il boom. Ma i locali che puntano su un determinato prodotto (come appunto il poke) riescono ad andare oltre la propria specialità? Le strategie sono diverse, come Miscusi, che punta alla costruzione di un brand riconoscibile, o Burgez, che come il poke, punta forte sulla passione per gli hamburger che si sta attestando in tutta i Italia. Ma appunto, rimanere in alto è difficile, e rinnovarsi è fondamentale.
Panini Durini è stato inaugurato nel 2011; Hamerica’s viene fondato nel 2017, Miscusi nel 2016, Burgez nel 2015, Pizzium nel 2017, Cocciuto nel 2018 e in generale, negli ultimi cinque anni tanti altri marchi iniziano a popolare gli spazi delle circonvallazioni milanesi. Sulle app di delivery questi locali godono di una visibilità incredibile, e sono proprio queste a catalizzare su di loro l’hype dei clienti. Ma il gonfio sistema del food delivery è la causa anche di tanti problemi. Le migliaia di ordinazioni hanno inondato i server di tantissime richieste e i rider sono diventati degli automi: ritirare-viaggiare-consegnare. Per questo i fattorini hanno iniziato a far sentire la propria voce per ottenere i loro diritti in quanto lavoratori, visto che da un lato non sono riconosciuti come tali e quindi non godono di alcuna assicurazione, mentre dall’altro denunciano l’assenza di sicurezza durante il lavoro - mai sfrecciato in bici in mezzo al traffico con uno zaino grosso quando un minifrigo e con la necessità di farlo il più brevemente possibile? La sensibilizzazione nazionale è arrivata poi qualche settimane fa, quando una rider alla stazione di Greco-Bicocca è stata arrestata per essere salita su un treno con una bicicletta, con l'intento di tornare a casa: un’operazione fuorilegge.
A Milano i servizi di delivery hanno funzionato talmente tanto che ordinare da questi locali è diventato il simbolo dell'appartenenza alla nuova wave milanese, e la crisi conseguente al lockdown pare non aver fermato questo processo. Nei mesi del lockdown, inoltre, sembra essere nata anche una nuova concezione di food delivery, votata alla qualità degli ingredienti e alla sostenibilità dei cicli produttivi, con un approccio etico soprattutto per quanto riguarda la condizione dei lavoratori. Sergio non vuole distruggere o demonizzare i servizi di delivery, ma li vuole rivoluzionare dall'interno, in sinergia completa con i ristoranti presenti sul sito.
L'emergenza sanitaria e il lockdown hanno appiattito l’economia, scatenando una crisi mondiale, ma l’hype verso questi locali non è affatto scemato. Al contrario, le loro campagne social continuano, i brand stessi si rinforzano, mentre altri locali sono stati costretti a chiudere in questi mesi difficili. L’interesse è ancora vivo perché il delivery ormai rappresenta uno status, un interesse che resterà alto nonostante la pressante richiesta di rinnovamento e adattamento, come avvenuto anche in altri settori commerciali. La vera sfida per i food brand di Milano sarà confermare l’hype dei clienti abituali anche nei mesi a venire, cercando di arginare le conseguenze del COVID e l'emergere di nuove moda milanesi.