"E dopo la laurea?": iI futuro post-COVID-19 degli studenti di fashion e design
Le riflessioni e le speranze dei protagonisti di 'COVID-19 Next Creative Voices'
21 Maggio 2020
Qualche settimana fa nss magazine ha inaugurato COVID-19 Next Creative Voices, uno sguardo sul presente e su quello che succederà, condiviso dai professionisti della moda e del design del futuro. Dopo aver dato voce a oltre trecento protagonisti della fashion industry grazie al progetto COVID-19 Worldwide Voices, a raccontarsi sono stati più di 100 studenti di moda e design da diverse scuole (Università Cattolica del Sacro Cuore, Università Bocconi, NABA - Nuova Accademia di Belle Arti, IED Milano, Politecnico di Milano e Polimoda di Firenze).
Tra i settori colpiti dal virus, quello scolastico è stato uno dei più danneggiati. In questi giorni si è sentito parlare molto degli istituti superiori e degli esami di maturità, ma anche le università (che per tradizione vivono di aggregazione, dibattito, lavori di gruppo e pause nei chiostri e nei cortili interni) hanno dovuto fare i conti con le misure di prevenzione contro l’epidemia.
“Se due mesi fa mi avessero chiesto come immaginavo l’anno della mia laurea, sicuramente non avrei mai pensato di doverlo descrivere così”, dice Giulia Zucchi, studentessa dello IED Istituto Europeo di Design di Milano. Più o meno dal 24 febbraio, le università hanno chiuso e all’improvviso quotidianità è diventata “simile ad una sessione a tempo indeterminato”, commenta Cristina Tallarico, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Cosa fare oggi?”, si è chiesta Jennifer Gervasi, studentessa della NABA Nuova Accademia di Belle Arti di Milano; “Sarà passare ore al pc negli e-store? Sarà continuare Notre-Dame de Paris di Hugo? Sarà riallineare i chakra con profondi respiri e yoga? Oppure porterò avanti i miei impegni scolastici senza troppe pressioni?”
Le lezioni online
Le università si sono attrezzate subito per andare incontro agli studenti. In pochi giorni sono nate le lezioni online: sia collegamenti “live” tra studenti e professori, sia registrazioni a disposizione sul sito da consultare a qualsiasi ora del giorno. La risposta è stata piena di entusiasmo. “Le lezioni da casa sono più coinvolgenti. Seguirle dalla poltrona di casa, con una tazza di caffè caldo e tutti i comfort a portata di mano libera la mente e la lascia concentrarsi tutta sulle parole dei professori” nota Elena Carlascio (NABA). “È come se il tempo non andasse sprecato: continuiamo a seguire le lezioni come se stessimo in aula”, continua Chiara Geronzi (IED Milano). Per quanto non siano mancati gli intoppi (“Ci sono stati e ci sono ancora dei professori che presentano particolari difficoltà con i nuovi strumenti, ma […] credo che sia il momento che l’intraprendenza e la flessibilità che contraddistingue la nostra generazione Z vengano fuori e accompagnino il loro impegno”, racconta Gloria Valenti della Cattolica), la didattica "dietro allo schermo" si è reinventata completamente.
“Lo svantaggio più significativo è la mancanza di dialogo tra professore e studente”, nota Laura Battistello (Università Cattolica): “la scuola è un luogo fondamentale per gli studenti perché da la possibilità di crearsi amicizie, opportunità, confrontarsi… e contaminarsi” dice Leonardo Bernotti dal Polimoda di Firenze, supportato dalla compagna Rachele Colzi: “Da una parte abbiamo la possibilità di seguire con meno distrazioni, ma dall’altra mancano tutti gli aspetti che rendono una scuola d’arte viva e amata.” Nonostante questo, tutte le scuole hanno dimostrato un atteggiamento umano e comprensivo. “Molti miei compagni hanno vissuto in totale solitudine queste settimane, lontani dalle loro famiglie” racconta Ariel Bretas, studente dello IED Milano e originario del Brasile; “Alcuni, come me, lontani dai loro Paesi d’origine. Credo che questa umanità filtrata, al di là dei temi d’aula, sia stata importante per tutti noi.”
Il futuro dell’industria creativa
Impossibile, però, non avere paura del futuro. Gli studenti non hanno nascosto il loro timore per quello che succederà. “Le conseguenze peggiori secondo me le avranno le piccole-medie imprese, che difficilmente riusciranno a sostenere la sospensione di vendite e produzioni” fa notare Ada Portosa (Università Cattolica), incalzata da Riccardo Mancin: “Le conseguenze peggiori saranno in quei Paesi a cui la filiera del fashion si appoggia, dove non vi sono le stesse tutele a protezione dei lavoratori.”
Il mondo della moda ha dato un ottimo esempio: “Voglio essere ottimista per una volta: ho visto un Paese che si è rimboccato le maniche e che ha dato il buon esempio a coloro che avrebbero affrontato questa quarantena dopo di noi”, ha commentato Francesca Militello (IED Milano). C’è chi ha stimato le aziende che si sono convertite alla produzione di mascherine e prodotti per l’emergenza sanitaria, chi ha apprezzato i brand (Kappa, Audi, BMW, McDonald) che hanno separato i loghi in supporto al distanziamento sociale, chi infine ha ringraziato tutti gli account che hanno aiutato a trovare un po’ di svago (in primis Jacquemus, che si è contraddistinto per una strategia social molto furba).
“La situazione attuale sta obbligando i brand a muoversi ancora più velocemente verso una direzione in cui stavano già andando”, ha commentato Mattia Zancanari dall’Università Bocconi. “Il mondo ha vissuto per la prima volta sulla sua pelle che cosa significhi doversi affidare all'interazione digitale”, continua Tia Rose Pezzani (Polimoda). “Quando tutto questo sarà finito, saremo tutti molto più a nostro agio con l'engagement remoto. Penso che questa situazione aiuterà i brand a rafforzare la loro presenza online.” D’altronde, come racconta Vittoria Prosperi (NABA): “Mia mamma ha appena scoperto ASOS!”
L’ispirazione in quarantena
Anche l’ispirazione ha dovuto trovare altre strade. “Viviamo in un momento di incertezza e distanza sociale, quindi stiamo sperimentando diversi cambi d'umore e approccio” ha raccontato Gaia Tassan Din (Università Bocconi). “La creatività è continuamente stimolata dai progetti universitari da portare avanti”, dice Alessia Vitale del Politecnico di Milano, ma anche dalla noia: “La noia è parte funzionale al processo creativo”, sostiene Ludovica Corti (IED Milano). “Ora tutti noi abbiamo più tempo a disposizione per sviluppare la nostra creatività, qualunque essa sia” continua Angela Basiglio - e la soluzione non può che essere quella di “tenere la testa fra le nuvole”, aggiunge Tommaso Ruspino (Università Cattolica): “La creatività nasce dalla distrazione”, sostiene Antonio Restaino; “Bisogna sempre essere un po’ senza pensieri per inventarsi qualcosa che realmente possa stupire.”
E dopo la laurea?
“E dopo la laurea?” si chiede Maria Vittoria Miccoli Minarelli (IED Milano). “I pareri sono discordanti: c’è chi dice che le domande di lavoro continueranno a diminuire anche dopo la pandemia, altri affermano che il COVID-19 costituirà una grande opportunità per chi entrerà nel mondo del lavoro per la prima volta” spiega Anna Semprini (IED Milano). “La mia paura più grande è aver dato tutta me stessa per realizzare un sogno e vederlo svanire per cause indipendenti dalla mia volontà”, confessa Stefania Tirelli Ferri (IED Milano). “Direi che la mia più grande paura riguarda tutte le persone che non impareranno niente da questa esperienza”, aggiunge Efe Tekdemir (IED Milano). Anche il suo compagno Alessandro Rupilli è dello stesso parere: “Il mio più grande timore che tutto questo resti nella memoria a breve termine di tutti noi e che diventerà solo un paragrafo nei libri di storia.”
Nonostante non manchi lo scetticismo (“Ho notato come si stia diffondendo una comune idea di ‘futuro luminoso’. Leopardi avrebbe sorriso di questa ennesima versione delle ‘magnifiche sorti e progressive’”, commenta Antonio Romano del Politecnico), molti sono fiduciosi. “Ah! Ho detto la frase 'quando tutto questo sarà finito' così tante volte!”, esordisce Farah Hamdy (Università Bocconi). “Penso sempre al mio futuro, a tutti i progetti che ho intenzione di realizzare. Immagino il primo giorno di libertà come un giorno felice, pieno di abbracci e sorrisi” dice Alessio Boccini (Polimoda). “Voglio essere ottimista e considerare questo momento come una soluzione per rimescolare le carte in gioco e dare inizio a una nuova partita” continua Lorenzo Venturini (IED Milano). Certo, non sarà facile: “È un po’ come quando non si pratica sport per mesi e poi si torna ad allenarsi”, commenta Alessia Santoro (NABA); “Si è arrugginiti e prima che i muscoli riprendano l’abitudine e la forza ci vogliono allenamento, sudore, pazienza e forza di volontà.”
“Sì, le cose cambieranno ma rimarranno le stesse. Ci sarà un'evoluzione e rivoluzione, bisogna comprenderla e interiorizzarla per ridare energia al mondo” sostiene Pietro Franceschi (Politecnico di Milano). Proprio come Pietro, la maggior parte degli studenti tradisce grande fiducia nel futuro. Considerato che sono proprio loro il domani dell’industria creativa, l’ottimismo è già un buon punto di (ri)partenza.
“Spero che questo momento di stop aiuti tutti, soprattutto noi ragazzi, a vedere il mondo in modo più consapevole, responsabile e creativo,” conclude Vittoria Tunno; “A non trascurare quello che ci rende felici, a restare con i piedi per terra ma con la testa tra le nuvole.”