Perché tutti stanno parlando di ‘Normal People’
Nella serie tratta dal romanzo di Sally Rooney non si fa altro che piangere
16 Maggio 2020
Da qualche settimana sui social non si parla d’altro che di Normal People, la serie evento di Hulu (in collaborazione con BBC Three) tratta dall’omonimo romanzo di Sally Rooney. Pubblicata sulla piattaforma il 26 aprile nel Regno Unito, il 29 aprile negli Stati Uniti, in pochi giorni è diventata una di quelle serie da vedere: tutti la amano e i critici non hanno esitato a definirla “perfetta”. Divisa in 12 puntate da 20/30 minuti, Normal People è l’epopea di un amore tormentato, di quelli che ti fanno piangere in mezzo alla strada e gridare sotto la pioggia il nome della persona speciale che hai perso (o, per dirla come Phoebe in Friends, della tua “aragosta”).
Normal People è una storia d’amore, una di quelle drammatiche, in cui i protagonisti dicono frasi come “Non ti farei mai del male” e “Sei sempre stata carina, ma ora sei bellissima”. Il format è il più vecchio del mondo: lei è ricca, è la sfigata della scuola e ha un rapporto conflittuale con la madre; lui è povero ma gioca a rugby - e dato che siamo in Irlanda è un po’ come se fosse il quarterback della scuola. La madre di lui fa le pulizie a casa della madre di lei e di punto in bianco s’innamorano. Ma l’amore non è una cosa semplice: così si prendono, fanno sesso (tanto sesso), si lasciano, vanno all’università, ma quello che c’è tra di loro è troppo puro per essere dimenticato (o peggio, sostituito).
Niente che non si sia già visto. I primi episodi ripropongono l’immaginario tipico della high school, tra pomeriggi in punizione, divise, armadietti, gite in pullman e partite della scuola, ma siamo in Irlanda, quindi senza cheerleader. Lo stile è un po’ quello di Élite e Gossip Girl, ma i toni molto più drammatici: non siamo in una grande città, in Normal People non ci sono omicidi, solo balli scolastici molto più squallidi di quelli che si vedono in televisione e feste di capodanno nei pub di paese.
Dal quarto episodio in poi, la storia segue i due protagonisti al Trinity College di Dublino, dove studiano le “humanities”, incuranti del fatto che con quella laurea non troveranno mai un lavoro (ma lei non ne ha bisogno, mentre a lui nessuno fa storie perché è già un miracolo che vada all’università). Il registro cambia: grazie a qualche atmosfera in stile L’attimo fuggente, un viaggio in Italia e un Erasmus in Svezia, dopo un’overdose di provincialotti irlandesi spuntano fotografi ricchissimi, figli di papà in camicie di lino (tra cui Sebastian De Souza, alla ribalta dopo aver fatto parte della terza generazione di Skins), giacche tweed e cerchietti improponibili, calici di vino bianco e cocaina. Sono gli studenti fuori sede: a tratti insopportabili, ma molto reali.
Lo sfondo è quello irlandese, un mondo su cui non splende mai il sole, teatro perfetto per i meme del "mai una gioia". Sarà anche per questo che in Normal People tutti piangono, sempre. La musica accompagna le loro lacrime, sorprendendo qualche volta con Frank Ocean (Nikes) e RY X (Berlin). Per il resto, la soundtrack è rimediata da tutte le serie cult che sono arrivate prima: come Hide & Seek di Imogen Heap (dovrebbe essere illegale usarla in un'altra serie all'infuori della seconda stagione di The O.C.) o Only You di Yazoo, già sentita in Looking di Andrew Haigh.
Sally Rooney, classe 1991, è stata definita “la scrittrice dei Millennial” (e lanciata dal suo editore come la “Salinger della generazione Snapchat”). Normal People (2018) è il suo secondo romanzo, uscito in Italia nel 2019 per Einaudi con il titolo di Persone normali. Per la trasposizione televisiva, la BBC ha fatto le cose in grande: ha chiamato la stessa Rooney alla sceneggiatura e per la regia Lenny Abrahamson (nominato agli Oscar® nel 2015 per il film Room) e Hettie Macdonald, regista televisiva di diverse serie, tra cui Doctor Who.
Il più grande applauso va però ai due attori protagonisti: Daisy Edgar-Jones (una versione un po’ più castigata di Dakota Johnson) e Paul Mescal, entrambi relativamente esordienti, sono davvero bravi. Il pubblico non ci ha messo molto a capirlo: su di loro sono già nate più pagine di quante ce ne sono su Giuseppe Conte, a cominciare da un account su Instagram dedicato alla collana d’argento di Connell (Paul Mescal).
È difficile dire se la serie effettivamente meriti tutta l’attenzione che sta ricevendo. C’è da ammettere, però, che è molto brava a toccare qualche corda sensibile all’interno di qualsiasi Millennial. In questo, Sally Rooney si conferma davvero l’autrice della sua generazione: sa come risvegliare la malinconia del suo pubblico, ma soprattutto come lasciarlo desideroso di vedere qualcosa in più. Che piaccia o meno, Normal People fa venire voglia di vedere una seconda stagione. E questo, bisogna ammetterlo, è già un merito.