Curare la propria pelle significa curare anche la propria ansia?
La psicodermatologia ha trovato correlazioni fra il benessere dalla mente e quello della pelle
21 Aprile 2020
La pelle è l’organo più esteso del nostro corpo, da solo pesa dieci chili in media, ed è anche l’organo che più caratterizza il nostro aspetto e la nostra self-image. Esiste una branca della scienza, all’intersezione fra psicologia e medicina, che studia la correlazione fra pelle e mente di nome psicodermatologia. Come lo stress mentale indotto dalla quarantena e dalla pandemia possono influire sulla pelle, così la cura della pelle può influire positivamente sul benessere psichico di chi è costretto fra le quattro mura domestiche. Un sintomo della depressione è proprio l’incuria nei confronti della persona, e molte terapie antidepressive includono interventi estetici - per aiutare chi soffre di queste condizioni a vedersi come persone migliori. Nel 1998 Rick Fried, direttore clinico di Yardley Dermatology Associates e Yardley Clinical Research Associates, disse a una conferenza:
“Non è straordinario che una semplice cognizione, come l’aver detto o fatto qualcosa di sciocco, possa indurre virtualmente ogni vaso sanguigno della pelle a dilatarsi all’istante, facendoci arrossire? Questa è una delle prove più stupefacenti che mente e corpo sono legate”.
La giornalista Rebecca Clay, che scrive fra gli altri per l’American Psychological Association, ricorda nel suo articolo The link between skin and psychology il discorso del dottor Fried e scrive:
“Avere un problema di pelle può suscitare un'intensa angoscia. In un sondaggio del 2014 della National Rosacea Society su 1.675 pazienti con rosacea - una patologia che causa arrossamento facciale e sintomi correlati – il 90% degli intervistati ha riferito di avere bassa l'autostima e scarsa fiducia in se stessi, il 54% ha parlato di ansia e impotenza, e il 43% di depressione. Più della metà ha ammesso di evitare il contatto faccia a faccia. In un circolo vizioso, lo stress, la depressione e altri tipi di problemi psicologici possono esacerbare i problemi della pelle”.
In tempi come i nostri, in cui non servono sondaggi per sapere che l’umore collettivo dell’Italia se non del mondo intero è caratterizzato da ansia, incertezza del futuro e un generale senso d’impotenza di fronte a una pandemia che per molto tempo cambierà il mondo come lo conosciamo, prendersi cura della propria pelle, nel piccolo della propria quarantena domestica, può diventare un rituale calmante - il segno che possiamo ancora fare qualcosa e teniamo a noi stessi, anche se siamo relegati da mesi in un appartamento e non dobbiamo fare colpo su nessuno. Meglio ancora: la prima persona su cui bisogna far colpo e che bisogna amare è se stessi.
Gli effetti mentali della cosmesi riguardano noi stessi, dunque anche la cosmesi stessa dovrebbe riguardare noi e non gli altri. Il termine stesso self-care, seppur diluito e abusato da innumerevoli influencer su Instagram, che lo hanno quasi trasformato in una di quelle parole-passepartout un po’ vapide e insulse (come “resilienza” e “serendipità”), pone una certa enfasi sul considerare solo se stessi, dedicare tempo a se stessi proprio come la meditazione è un momento di raccoglimento. Distogliere lo sguardo da un mondo caotico e incontrollabile e rivolgerlo al volto che si trova nel proprio specchio significa limitare il proprio raggio d’azione, concentrare le proprie le energie e, soprattutto, sollevare la nostra mente da uno stress che non è stata progettata per sopportare.