Come la moda è entrata nell'industria del gaming
Louis Vuitton x League of Legends è solo l'ultimo esempio di un trend sempre più importante
21 Novembre 2019
Se per anni sono rimasti un prodotto per outsider, nell’ultimo decennio il mondo della moda ha iniziato a interessarsi ai videogame e al gaming. I creative e i marketers ne hanno compreso il potenziale pubblicitario e hanno voluto sfruttare il cambio generazionale dei propri utenti. Una community di oltre due miliardi e mezzo di utenti sparsi in tutto il mondo costituisce un pool ideale, soprattutto quando fa parte di un mercato che nel 2021 toccherà un valore globale di 180 miliardi di dollari. Tra DLC e acquisti in game, il videogiocatore è sempre più abituato a spendere soldi mentre gioca, diventando così un target appetibile per le aziende. Allo stesso tempo, team di pro-players come FaZe Clan, FURIA e New York Excelsior di Andbox hanno iniziato a commercializzare il proprio apparel e a collaborare con brand come Kappa, Nike e Public Schools e altri come Seoul Dynasty hanno abbracciato il fashion come pare della propria identità.
Da lì in poi il rapporto tra la moda e i protagonisti del videogame è diventato sempre più stretto. Personaggi come i Pokémon o Super Mario si sono ritrovati all’improvviso sulle passerelle delle fashion week, diventando così l’oggetto del desiderio di un nuovo segmento di pubblico, cresciuto negli anni ’90 e legato al gaming.
In seguito i brand di moda hanno colto una nuova occasione, trasformando il videogame non più in un partner ma in un canale promozionale. Drake divenne co-proprietario del proplayer 100 Thieves, Kappa strinse una partneship con il team inglese Vexed Gaming, i brand potevano acquistare spazi pubblicitari virtuali all’interno di Second Life. È successo con Death Stranding e ACRONYM, con la collab tra Jordan e Fortnite e, più di recente, tra League of Legends e Louis Vuitton. Proprio Fortnite rappresenta un caso eclatante, perché capace di diventare un contenitore multi brand che nel tempo è passato dal gaming, alla pop culture fino mondo della moda. Un fenomeno aiutato anche dall’affermarsi dei gamer-influencer. Ninja, ad esempio, lo scorso agosto ha lasciato la piattaforma di streaming online Twitch per passare a Mixer con un contratto da 50 milioni di dollari.