Intervista a Tony Alva, Steve Caballero e Christian Hosoi
Tre leggende dello skateboard raccontano la loro e vita e l'evoluzione della skate culture
01 Marzo 2018
La skateculture è ovunque: dalle passerelle, dalla musica, allo streetwear. L'ethos degli skater impregna profondamente ogni aspetto della realtà contemporanea. E' giusto ricordare quanto la sottocultura dello skate sia incredibilmente giovane e che sia nata in un quartiere malfamato della periferia di Los Angeles da quattro ragazzini scapigliati, così, dal nulla, spinti semplicemente dalla voglia di ammazzare il tempo. Il tutto iniziò con delle tavole rudimentali su cui erano montate delle ruote per surfare dento alle piscine vuote, il resto - i magazine, i video, le foto, i documentari, Supreme, gli X-games, Tony Hawk -, beh il resto è storia.
Eravamo entrambi emozionati davanti al Vans store di Corso Buenos Aires a Milano perché sapevamo che avremmo incontrato tre tra i più influenti skater della storia: Tony Alva, Steve Caballero e Christian Hosoi. Il primo ha fatto parte - insieme a Stacey Peralta e Jay Adams - dei leggendari Z-Boys di Dogtown, il team più influente della storia dello skate narrato in diversi film e documentari, tra cui "Dogtown and Z Boys" e "Lords of Dogtown". Caballero e Hosoi sono stati invece due tra i più creativi e vincenti skater della storia, entrambi cresciuti tra Venice Beach e la California meridionale dove oltre allo skate, le feste, le droghe e la musica erano le uniche ragioni di vita.
Abbiamo fatto quattro chiacchere con loro a proposito dell'evoluzione della skate culture, sugli ollie, sul fenomeno Supreme, su Dio e sulla metanfetamina.
#1 Voi siete i veri pionieri del movimento skate, avete inventato uno sport che è diventato uno stile di vita e una cultura. Quando avete iniziato a skateare per la prima volta in California, eravate consapevoli del fatto che stavate inventando uno stile di vita oppure per voi era un semplice divertimento?
Alva: Più la seconda, credo. Tutto era basato sul surf e sullo skate. Il surf ci spingeva in una direzione diversa, rivoluzionaria, come rivoluzionario era il fatto che stavamo trasferendo molti dei movimenti dal surf allo skateboarding. Ma eravamo ancora un gruppo di giovani teppistelli che volevano solo cavalcare l’onda, trovare nuove piscine disponibili, incontrare persone, ascoltare rock 'n roll, ed essere fichi: lo skateboard era la tangente tra tutte quelle cose. Ero nel posto giusto al momento giusto onestamente: sono stato esposto ad influenze positive e negative e fondamentalmente le ho usate per portare lo skateboard a un livello mai raggiunto prima.
Caballero: Quando tutto è iniziato, non mi ero reso conto di essere parte di qualcosa di più grande, per me era solo un hobby, andavo in skate per divertirmi. Poi ho iniziato a gareggiare e ho trovato uno sponsor: abbiamo iniziato a viaggiare in California, sfidando altre squadre. In una competizione ho incontrato Stacey Peralta ed è li che la mia carriera ha preso il volo e sono diventato un professionista.
Hosoi: Quando mi sono avvicinato al mondo dello skateboard era il 1973 e le ruote in uretano erano appena uscite e questo cambiò tutto. La prima volta che sono andato in uno skatepark era il 1977, e ne rimasi davvero affascinato, capì subito che quello era quello che volevo realmente fare nella mia vita, volevo diventare il migliore del mondo (prima volevo essere Bruce Lee e ammazzare tutti di botte!). Sono cresciuto a Venice Beach, in California, con i miei idoli - Jay Adams, Tony Alva - e ho capito subito che lo skateboarding era molto più di uno sport, era uno stile di vita, ecco perché mi stai intervistando ora.
#2 In che modo avete trovato il vostro stile e come lo avete definito sullo skate?
Alva: Da giovane ero molto aggressivo ma allo stesso tempo avevo una profonda consapevolezza del surf, fortunatamente per me era del tutto naturale e ho sempre avuto uno stile molto originale. Mi è sempre venuto tutto molto naturale, ho preso i miei movimenti dai surfisti che mi hanno ispirato e ho iniziato a farli sullo skateboard, cambiando tutte le regole del gioco. Il tutto è esploso perché è stato documentato dai migliori fotografi di LA sui magazine e nei documentari.
Caballero: Mentre noi iniziavamo a skateare le aziende stavano sviluppando ruote, trucks, scarpe e riviste, è successo tutto contemporaneamente. Tutto si evoluto in maniera velocissima ma naturale allo stesso tempo. Per il mio stile, traevo ispirazione da altri skater, guardavo un ragazzo fare un trick o indossare una maglia che mi piaceva e volevo farlo anche io, ma tutto in un modo molto sano senza nessuna invida o competizione. La nostra era una comunità in evoluzione dove tutti stavano aggiungendo qualcosa.
Hosoi: All'inizio l’industria dello skateboarding era piccola, non c'erano soldi, si guadagnavano 750$ per un primo posto in una competizione. Quindi stavamo sullo skate tutti giorni, che fosse una competizione o dentro la piscina di uno sconosciuto, e ci faceva impazzire. Mi ricordo di aver detto a mio padre che sarebbe diventata la cosa più popolare del pianeta perché era un qualcosa di profondamente innovativo: le ragazze lo adoravano, io lo adoravo, comprendeva la musica, lo stile, l'arte! La cosa importante, tuttavia, non è il suo essere uno sport, ma è l’aspetto lifestyle ad affascinare: lo skateboarding è essere radicali, non è solo per i trick o per il rischio di farsi male, ad essere totalmente estremo è il pacchetto completo. È lo stile, è l'atteggiamento, la mentalità non conforme che dice: "you know what, you're not gonna tell me what to do". E’ questo che attrae le persone alla skate culture.
#3 Oggi la Skate Culture è diventata mainstream e sta vivendo negli ultimi anni un momento di hype senza precedenti, grazie anche all'immaginario creato da brand come Supreme, Stüssy e ora anche da alcuni high fashion brand. Secondo voi, quale è la ragione di questo processo? È un qualcosa di positivo o si tratta di appropriazione culturale?
Hosoi: In molti pensano che sia un furto, ma per come la vedo io se qualcuno ruba le mie idee mi sta solo facendo un complimento. Voglio dire, tutti sanno o prima o poi verrano a scoprire, da chi è partito un qualcosa, chi per primo lo ha fatto, chi sono le persone veramente cool. Lo skateboard ha ispirato l'arte, la musica, la moda perché è un qualcosa di reale, di puro. E se gli stilisti o chiunque altro incorpora ciò che abbiamo pagato con il nostro sudore e le nostre lacrime di sangue, è un onore per come la vedo io.
Caballero: La moda va e viene, è sbagliato rifarsi sempre ad un solo stile perché questo può essere 'in' un giorno e 'out' quello dopo. Per mantenere lo stile sempre fresco serve sperimentare stili e abiti diviersi. Se fai sempre le stesse cose ti annoi.
Alva: L’aspetto e la funzionalità sono due fattori davvero importanti per me. Ad esempio adesso sto indossando questi pantaloni che sono caldi ma allo stesso tempo abbastanza comodi da permettermi di andare in skate. Il risvolto in basso li rende eleganti, le pleads ricordano i ‘40s pants che potrebbero essere indossati dai Chicano kids nelle strade. Se ha un bel aspetto ed è anche funzionale, “it's fire to me!”. Quindi, quando l'alta moda si ispira alla cultura skate, è bello se il prodotto realizzato è ok.
#4 Quali sono per voi le skate sneakers più iconiche prodotte da Vans?
Alva: Le Skate High sono le mie preferiti in assoluto. Soprattutto quelle in Alva leather. Sto lavorando ad una versione ibrida per il futuro. Preferisco comunque i modelli high, sono i migliori per skateare, non solo perchè sono più resistenti ma anche perchè stanno bene al piede.
Caballero: La più iconica per me è probabilmente la Half Cab, la mia seconda scarpa realizzata con Vans. Il tutto è nato da un esigenza che gli skater avevano, vale a dire una versione mid-top e così, con Vans, abbiamo deciso di lanciarla nel 1992. Questo modello è perfetto per lo skate, ma per camminare preferisco scarpe con una bella insole, forse non perfette per lo skate ma sicuramente buone per camminare.
#5 Trick preferito?
Hosoi: Ovviamente il Christ Air è il mio preferito! E’ molto di più di un semplice trick, mi rappresenta, l'ho inventato io. Nella mia vita ho fatto uso di droghe per probabilmente 22 anni, sono quasi morto e sono andato in prigione, ma ne esco radicalmente cambiato, e questo è il significato del Christ Air.
Caballero: Non cadere (ride)! Sul serio, dipende se si va in strada, in bawl, o sulle vert, quindi non saprei quale. Per strada penso che sia l’Ollie perché è alla base dello street skating. Mio figlio ha appena imparato a farlo, ha 10 anni. Per la rampa, direi quelli in aria, e per quanto riguarda le bawl il suono che fa il “grinding around the edge” è semplicemente una sensazione bellissima.ù
#6 Qualcosa o qualcuno che ha cambiato le vostre vite?
Hosoi: Jay Adams! Riposa in pace, è stato il mio mentore, il mio fratello maggiore, il mio primo sponsor a 10 anni. Ci sono molte cose che abbiamo in comune, abbiamo fatto molte scelte sbagliate e ne abbiamo pagato il prezzo, entrambi siamo andati in prigione ma attraverso questa esperienza abbiamo imparato tanto. Lui era un OG, non gli importava nulla della fama o di qualsiasi altra cosa, voleva solo skateare.
Alva: Negli ultimi 11 anni ho completamente cambiato la mia vita. Ero un maledetto quando si trattava di droghe e alcol. Ho iniziato a meditare con la consapevolezza che esisteva un potere più alto nella mia vita e che dovevo portare un messaggio. Sai tipo i Beatles All you need is love. Dio mi ha dato uno scopo nella vita, essere un leader e condividere l'amore con gli altri, le droghe erano un firewall per farlo.
#7 Qualche skater emergente da tenere d’occhio?
Alva: Ivan Federico un ragazzo italiano. Lo amo è davvero una brava persona. E Grace Marhoefer, ha soli 15 anni ma è davvero forte la ragazza, prendi nota perché esploderà!
Hosoi: Pedro Barros, adoro vederlo pattinare, va in alto, e Greyson Fletcher, lo conosco da quando era un ragazzino e ama lo skateboard.
Caballero: Credo che basti guardare su Instagram i migliori street skater. Ci sono tanti bravi skater, non solo uno da tenere d’occhio. Anche io uso molto Instagram, è il modo migliore per promuovere me stesso, chi sono, la mia famiglia, i prodotti che sponsorizzo e le scarpe che indosso.