A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

A Guide to All Creative Directors

Vedi tutti

Il futuro del cinema è nelle mani della distribuzione indipendente

Il caso Neon con Parasite e Anora ne è la prova

Il futuro del cinema è nelle mani della distribuzione indipendente  Il caso Neon con Parasite e Anora ne è la prova

Gli Oscar 2025 sono stati all’insegna del cinema indipendente. Lo sono stati per il trionfo di Anora di Sean Baker (cinque Oscar su sei nomination), per i premi ricevuti da The Brutalist di Brady Corbet e per i discorsi che i due film hanno portato sia dentro che fuori dal palco. Costati rispettivamente 6 e 10 milioni di dollari, le opere presentate nei maggiori festival mondiali (Cannes e Venezia) hanno dimostrato di avere il portato delle grandi storie e il meglio delle maestranze in circolazione, con Baker che conquista quattro statuette nella stessa serata raggiungendo il record di Walt Disney nel ’53 - sebbene il padre di Topolino li abbia accumulati non per un unico titolo, come il creatore di Anora. È durante il discorso d’accettazione per la miglior regia - dopo essersi già accaparrato miglior montaggio e sceneggiatura originale - che il regista decanta la lunga vita del cinema indipendente, una speranza e forse l’unica a cui un’intera industria è bene che si aggrappi in un periodo storico in cui a chiudere sono le sale cinematografiche in giro per il mondo.

«Siamo tutti qui stasera perché amiamo i film», ha dichiarato Baker appena dopo essere stato premiato da Quentin Tarantino, a cui ha ammesso che non sarebbe esistito Anora - e probabilmente il suo cinema - senza di lui. «Dove ci siamo innamorati dei film? Al cinema. In un’epoca in cui il nostro mondo è molto diviso questo è più importante che mai. È un’esperienza che non si può ottenere a casa». Agli stessi Oscar 2025, uno degli sketch del conduttore Conan O’Brien sponsorizzava il fittizio Cinemastreams, un servizio che permette agli spettatori di godere di un film in un’innovativa…sala cinematografica. Con tanto di partecipazione di Martin Scorsese, da sempre sostenitore dell’esperienza fisica del cinema, il quale si è unito anche all’operazione di salvaguardia delle sale cinematografiche italiane scrivendo una lettera in cui afferma che è un «sacrilegio trasformarle in supermercati». «I registi continuano a fare film per il grande schermo e così continuerò a fare anche io - ha proseguito Baker sul palcoscenico della cerimonia losangelina - Distributori, vi prego, concentratevi prima di tutto sulle uscite cinematografiche dei vostri film. Genitori, fate conoscere ai vostri figli i lungometraggi nei cinema e plasmerete la prossima generazione di appassionati e registi». In conclusione, un invito a tutti gli ospiti della serata: «E, per tutti noi, quando possiamo, guardiamo i film al cinema. Manteniamo viva e vegeta la grande tradizione dell’esperienza in sala».

Watch on TikTok

Il discorso di Baker ha racchiuso l’essenza medesima della nottata di celebrazione degli Academy, sperando di riattivare le coscienze di un’industria che negli ultimi anni ha dovuto fronteggiare la corsa all’accaparramento dei titoli delle piattaforme streaming, veri avversari delle distribuzioni indipendenti che stanno mostrando un’invidiabile lungimiranza. Tanto che Neon, che ha gestito l’uscita statunitense di Anora e dal 2017 si conferma tra le realtà più coraggiose e innovative del settore, continua a racimolare successi, dai riconoscimenti professionali al grande apprezzamento di pubblico. Il 2024 è stato un anno scoppiettante per la società fondata da Tom Quinn e Tim League che ha rilasciato tre dei maggiori titoli che hanno segnato la stagione cinematografica internazionale. Anora, Longlegs e Il seme del fico sacro sono opere con ben tre distinte identità che hanno seguito una specifica campagna promozionale, giungendo a due risultati diversi e entrambi soddisfacenti. Anora alla suddetta statuetta come miglior film e Il seme del fico sacro nominato nella cinquina dei film internazionali, mentre l’horror di Oz Perkins è diventato il secondo più grande incasso della casa di distribuzione (126,942,386 dollari), dietro all’acclamato Parasite di Bong Joon-ho (262,608,117 dollari). Non sorprende che il regista di Longlegs abbia scelto di affidare alla compagnia il successivo titolo, The Monkey, proseguendo sull’idea di una proposta destinata al grande schermo e, in quanto tale, che riserva solo alla sala la possibilità di svelare le parti più intriganti dei film.

La strategia di Neon è in contrasto con la pratica contemporanea, promulgata solitamente dagli streamer, di costruire trailer contenenti i momenti salienti delle opere come se servisse un gancio immediato con gli spettatori togliendo loro il piacere della scoperta. Un marchio con cui Neon prova a certificare il proprio pedigree e che si è riscontrato anche con promozioni sempre ambigue e affascinanti come per Presence, l’insolito racconto sulle case infestate di Steven Soderbergh, con l’autore che ha deciso di affidarsi alla società in cui ha riconosciuto «un luogo di fiducia, non di ansie». Così, quando fu il turno di Longlegs nell’estate 2024, Neon non scelse di spalmare ovunque il volto della star del film, Nicolas Cage, ma di nasconderlo il più possibile. L’operazione di marketing che ha accompagnato l’uscita dell’horror si è mossa per gradi, rivelando di volta in volta indizi per incuriosire il pubblico, facendolo immedesimare nei panni della detective Lee Harker interpretata da Maika Monroe. La prima mossa è stata piazzare un cartellone nero con solo un numero telefonico, la data di uscita del film e una porzione del viso del protagonista. Chi avrebbe chiamato avrebbe trovato un inquietante messaggio pre-registrato dal killer Longlegs. Una trovata diventata talmente virale che ci sono stati diversi casi in cui alcune persone hanno mandato il numero ad amici e famigliari dicendo di aver cambiato il proprio, invitandoli a chiamarli e cogliendoli all’improvviso con l’angosciante scherzo. 

Con Anora, Neon non poteva aspettarsi la stessa esplosione al box-office di Longlegs, pur posizionandosi al momento alla quinta posizione nella classifica dei loro film col guadagno maggiore (41,256,719 dollari), e con la possibilità di un boost dovuto a una riproposta del film in sala dopo la vittoria agli Oscar. Col titolo del regista di Tangerine, la casa di distribuzione ha invece puntato per la promozione sull’identità d’autore, vendendo l’opera come «Una storia d’amore di Sean Baker», spingendo sull’idea di un racconto che solo lui avrebbe potuto narrare in questa maniera, come se il regista rappresentasse un genere a sé. In più il film aveva un pubblico specifico di riferimento: i cinefili duri e puri, spesso giovani che sono tornati a dare centralità al cinema, anche grazie a Letterboxd (di cui Sean Baker è da anni un membro). È ormai certificato che post-pandemia da Covid-19 le abitudini degli spettatori sono cambiate e, con loro, il pubblico di riferimento del cinema d’essai. Negli USA - così come in Italia - gli spettatori di fascia giovanile non vogliono perdere i titoli del momento, di cui spesso si parla proprio su social come il diario mediale di Letterboxd o con i discorsi più caldi attorno al più anziano X. Ma non è una questione solo di social. Una teoria vorrebbe che i giovani, durante il tempo trascorso in lockdown, abbiano trovato il tempo e il modo di ri-scoprire il piacere dei classici, acquisendo una cultura cinematografica che continua ad ampliarsi e rimanendo aggiornati con le nuove uscite, recuperando magari alcuni capolavori lasciati indietro sempre in sala - uno dei motivi che, tra l’altro sembra contribuire al successo della riproposta di vecchi film al cinema. Uno scarto generazionale che ha modificato il tessuto spettatoriale, con persone adulte e anziane che, forse per paura protratta o disabitudine, hanno trascurato il cinema, lasciando un posto vacante occupato dai giovani.   

Che Neon e soprattutto una concorrente come la A24 abbiano cercato di intercettare questo pubblico potenziale è una mossa chiara - e se si pensa che i due siano diretti antagonisti si sbaglia. Sebbene con le dovute divergenze, le aziende presentano tratti che le rendono sovrapponibili. Pensiamo a Immaculate di Michael Mohan, horror religioso appartenente ad un (sotto)genere spesso esplorato dalla A24, dall’autorietà di Jonathan Glazer con Under the Skin del 2013 al più recente e soprannaturale Talk to Me di Danny e Michael Philippou del 2023. C’è anche un palleggiarsi di registi: nel 2018, Neon portava in sala Vox Lux di Brady Corbet mentre nel 2021 Red Rocket di Sean Baker trova la propria distribuzione grazie ad A24, con i due cineasti ora invertiti con le nuove pellicole che li hanno condotti agli Oscar. La scorsa estate, A24 ha concluso un altro round di investimenti e sembrerebbe essere stata valutata per 3,5 miliardi di dollari, mentre alla fine di novembre 2024 Neon ha annunciato di aver raggiunto un accordo con Comerica Bank per un credito fino a 200 milioni di dollari che Tom Quinn investirà per rafforzare l'acquisizione, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di film, includendo probabilmente nuovi mercati.

Se si vuole ricercare dunque il vero avversario di Neon è in quei competitor streamer che, allo stesso tempo, il co-fondatore Tom Quinn deve ringraziare perché sono parte del motivo per cui è nata la casa di distribuzione. Il fondatore ha raccontato che una sera, nel febbraio del 2015, era seduto a casa fissato e immobile nella scelta di cosa guardare, faticando a trovare qualcosa che potesse interessargli tra Netflix e Amazon. Mentre osservava la minuscola fessura che separava le icone delle due piattaforme, si è domandato: «Non sarebbe fantastico riempire quello spazio con il miglior cinema che il mondo ha da offrire?». In poco meno di due anni sono riusciti a trovare i finanziamenti che hanno portato all’apertura della società e al primo film distribuito da Neon, la commedia sci-fi Colossal di Nacho Vigalondo, con Anne Hathaway e Jason Sudeikis. È con I, Tonya di Craig Gillespie che le modalità di promozione e distribuzione di Neon si definiscono: in quanto era uno dei sette film distribuiti nel 2017 dalla compagnia, per spingere il biopic con protagonista Margot Robbie l’obiettivo era fare in modo che partecipasse al Toronto International Film Festival, battendo la concorrenza di Netflix che, a propria volta, aveva cominciato a mostrare interesse nella possibilità di vincere dei premi. Così, in sei mesi, un ristretto gruppo di dipendenti di Neon – che attualmente è composta da un contenuto numero di cinquantacinque lavoratori – ha realizzato una campagna Oscar ripagata dalla statuetta alla migliore attrice non protagonista andata a Allison Janney. Anche questa volta, la strategia è stata non snaturare lo spirito del film. Si può dire infatti che Neon abbia bypassato alcune regole che spesso vengono auto-imposte durante l’award season, partendo da un red-band trailer (una versione vitata ai minori) in cui nei primi 45 secondi il personaggio di Janney usa il termine «cunt» in riferimento a un genitore in una pista di pattinaggio per bambini. 

Non fu facile per Neon che, pochissimi anni dopo la sua nascita, dovette scontrarsi presto con le ripercussioni della pandemia. Un contraccolpo che arrivò sulla scia del successo di Parasite di Bong Joon-ho, più alto incasso della Neon che portò la settima opera dell’autore coreano a vincere gli Oscar, segnando due traguardi. La pellicola è infatti la prima opera in lingua non inglese a ricevere la statuetta come miglior film. In più è stato il primo dei cinque titoli di Neon a vincere la Palma d’oro a Cannes, seguito subito da Titane (2021), Triangle of Sadness (2022), Anatomia di una caduta (2023) e Anora (2024) – un altro record: sono solo quattro i film che, dopo la Palma d’oro, hanno anche vinto l’Oscar e due sono proprio della casa di distribuzione. L’espansione capillare e l’interesse per un’opera come Parasite negli USA normalizzò l’idea che i contenuti in lingua non inglese avrebbero potuto trovare accoglienza da parte di un largo pubblico – e il successivo fenomeno seriale Squid Game non avrebbe potuto forse camminare sulle proprie gambe se non ci fosse stato il lavoro di Bong Joon-ho a spianargli la strada. La stessa che, come altre, il Covid-19 mise in crisi, sebbene alcuni risultati stagnanti si registrassero già prima dei lockdown con l’inizio della chiusura definitiva delle piccole sale, molte capitolate e finite in bancarotta. Fu con Palm Spings del 2020 che Neon riuscì a riconquistare alcune soddisfazioni, soprattutto in virtù del contratto stipulato fin dal 2017 con la piattaforma streaming di Hulu – perché, nonostante l’avversione per le piattaforme, è impossibile non considerarle parte del gioco e così la società ha fatto in modo di stringere un contratto conveniente che riservasse però all’inizio del percorso di un film sempre il passaggio e il tempo adeguato in sala.  

È per questo che ci si domanda quale sarebbe potuto essere il destino di Hit Man – Killer per caso di Richard Linklater se si fosse affidato alle mani di Neon. Seppur in fase di trattativa avanzata, i diritti del film sono poi finiti a Netflix, che ha investito nell’acquisto dell’opera il doppio di quanto offerto dalla casa di distribuzione indipendente. Senza peli sulla lingua, Quinn ha dichiarato a The Hollywood Reporter che se si fosse affidato a Neon, con la giusta campagna promozionale e una parentesi abbastanza prolungata nelle sale cinematografiche, Hit Man sarebbe potuto essere un valido concorrente degli Oscar, mentre è stato fagocitato dal catalogo dello streamer, attirando meno attenzioni del previsto.

Avere un piano preciso ha di fatto favorito molti dei titoli della casa di distribuzione, che vede come fondamentali le pratiche di divisione e indirizzamento dei soldi in quanto realtà indipendente, soprattutto quando un discreto numero di film della Neon non supera nemmeno il traguardo di 1 milione di dollari. Condizione che la costringe a riflettere a fondo su come pianificare una campagna Oscar, e parte della riuscita di una risonanza come quella ricevuta da Anora è anche il lavoro a cui si sono prestati i dipendenti di Neon e i collaboratori del film per fare in modo di presenziare con assiduità durante la stagione dei premi per non farsi mai dimenticare né dai papabili votanti degli Academy, né dal pubblico, stabilendo una comunicazione costante con tanto di merchandising dedicato. I risultati sono evidenti e la celebrazione del cinema indipendente agli Oscar 2025 e l’importanza di un interlocutore che creda ancora nella potenza dei film e nel loro poter raggiungere quanto più pubblico (se ben guidato) è la dimostrazione che, anche nei momenti in cui tutto sembra più buio, ci sarà sempre la luce di un proiettore in una sala cinematografica, pronto a mostrarci la via.