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Chi vincerà agli Oscar 2025?
Dalle diatribe ai premi già conquistati, le previsioni sulle statuette più ambite di Hollywood
28 Febbraio 2025
L’awards season sta volgendo al termine. Tra le campagne alla statuetta più feroci degli ultimi anni, con continui colpi di scena, segreti svelati e passati che tornano a bussare, oltre che giorni in apprensione per ciò che è accaduto con gli incendi e gli edifici rasi al suolo a Los Angeles, l’Academy sta per mettere presto il cartello “Chiuso per ferie” fino al prossimo anno. E, perciò, è venuto il momento di tirare le somme di ciò che è stata questa sofferta e di certo non tranquillissima stagione dei premi, cercando di scoprire insieme chi riuscirà ad agguantare la famosa statuetta. Partiamo dalle categorie facili. C’è ogni anno quel fiore all’occhiello in una rosa di candidati che vince dal primo premio della awards season arrivando in scioltezza all’Oscar. Quest’anno è il caso di Kieran Culkain per il ruolo di Benji Kaplan in A Real Pain di Jesse Eisenberg, anche suo regista e sceneggiatore. Per l’attore è un momento particolarmente fiorente nella sua carriera, soprattutto in chiave di riconoscimenti. Arriva infatti dalla pioggia d’oro di premi per il ruolo di Roman Roy nell’incredibile serie Succession - battendo, proprio come un rincorrersi meta-narrativo, il fratello Logan Roy/Jeremy Strong - e ha proseguito con il plauso ricevuto per la sua performance fin dalla prima presentazione di A Real Pain nel 2024 al Sundance Film Festival, giungendo infine alla candidatura agli Oscar come miglior attore non protagonista. Tra tutti la sua non-vittoria sarebbe il colpo di scena più clamoroso.
Certo, l’attore è al centro di quella che viene definita la polemica della category fraud, in cui ci sarebbe una “frode” che, in questo caso, riguarda il minutaggio sullo schermo dell’interprete e quanto una simile presenza in un film possa essere considerata o meno da “non protagonista”. Una questione che però, forse, riguarderà ormai i prossimi anni, soprattutto se Culkain dovesse davvero conquistare la statuetta e rendere evidente una discrepanza tra protagonista e supporter, anche se esempi nel passato altrettanto eclatanti non hanno portato ad alcun cambiamento. Con buona pace dell’interpretazione di Guy Pearce in The Brutalist, che più di tutti è il vero non protagonista della stagione 2025 ingiustamente messo in un angolo, Kieran Culkain mostra il fianco per una collega che, esattamente come lui, potrebbe vincere pur trascorrendo sullo schermo addirittura più tempo rispetto all’attrice dello stesso film candidata come miglior protagonista. È Zoe Saldana con la sua Rita Mora Castro nel musical-gangster Emilia Pérez la favorita tra le non protagoniste, unico riconoscimento che probabilmente riuscirà a portarsi a casa l’opera di Jacques Audiard, che dall’essere tra i frontrunner della stagione - fin dall’anteprima al festival di Cannes 2024 - è finito in un vortice di polemiche da cui è uscito a pezzi. Messinscena macchiettistica del Messico, rappresentazione transfobica, l’accento spagnolo di Selena Gomez, per finire poi col colpo di grazia dei tweet razzisti ritirarti fuori dalla rete scritti da Karla Sofía Gascón.
how does emilia perez keep receiving all these awards pic.twitter.com/lJNVIvE72w
— jo (@g1rlfailureirl) February 24, 2025
Una debacle lenta e micidiale che potrebbe aver giocato ad Emilia Pérez anche il premio quasi assicurato come miglior opera internazionale, che a questo punto potrebbe venire facilmente sottrattogli dal brasiliano Io sono ancora qui, con una Fernanda Torres che a sorpresa ha conquistato il Golden Globe come migliore attrice per un film drammatico, unica vera e potenziale sfidante per la beneamata della sua categoria agli Oscar come migliore attrice, Demi Moore. In uno dei plot twist che a volte caratterizzano la serata degli Oscar, la pellicola di Walter Salles potrebbe sbaragliare le carte in tavola vincendo come miglior film, dando una visione pulita degli Academy che scelgono l’opera internazionale, politica e sociale - seppur anche Torres sia stata al centro di una mini burrasca quando è stato ritirato fuori un suo sketch dove aveva la blackface. È però più probabile che Io sono ancora qui si accaparri il premio per il film internazionale, felicitandosi tutti di un tale traguardo. Lasciando quindi il via libera all’attrice considerata da “popcorn” per troppo tempo e che con The Substance di Coralie Fargeat ha messo anima e corpo (soprattutto corpo) nella sua interpretazione. Moore è una scelta che potrebbe mettere d’accordo tutti: c’è il riscatto della stella semi-dimenticata che torna alla ribalta, l’emancipazione hollywoodiana, anche la sperimentazione col genere e un uso totalizzante della propria figura - col miglior trucco che, c’è da dirlo, dovrebbe meritarselo proprio Pierre-Olivier Persin soprattutto per la creazione di mostro Elisasue.
Se ci fosse una concorrente silente pronta a sorprendere tutti, sarebbe senza ombra di dubbio Mikey Madison che non ci si aspettava potesse venire premiata a più di metà awards season e che, invece, si è aggiudicata il BAFTA per l’interpretazione della sua sex worker in Anora di Sean Baker. Anche se, più che il premio britannico, spesso la vera differenza la fanno i riconoscimenti di categoria. È per questo che l’Adrien Brody di The Brutalist deve stare molto attento arrivati al fotofinish, con Timothée Chalamet per A Complete Unknown che lo ha sorpassato nella vittoria dei SAG Awards - assegnato dalla Screen Actors Guild Awards - dopo aver vinto indisturbato ogni premio come migliore attore. Che la diffidenza verso le AI e il fatto che si sia scoperto che il film di Brady Corbet ne abbia usufruito abbia infastidito i membri dell’Academy? È probabile, vista anche la lotta che il sindacato ha intrapreso durante gli scioperi di Hollywood del 2023, ma se si osserva bene il caso dell’accento ungherese in The Brutalist ci si rende conto che ciò che è stato apportato non è nulla di realmente significativo ai fini delle performance degli interpreti. Eppure è evidente che Brody adesso deve tremare, anche se, in fondo, il suo Oscar come migliore attore lo ha già vinto nel 2003 per l’intensa prova data ne Il pianista, e nessun premio non ricevuto renderà anche solo un pelo meno giustizia alla sua straziante performance nel ruolo dell’architetto László Tóth. The Brutalist, inoltre, sembrava poter essere il favorito per la miglior regia, fin quando le associazioni dei registi e dei produttori (Directors Guild of America Award e Producers Guild of America Awards) non hanno assegnato il riconoscimento ad Anora.
Anora che durante la serata dei Golden Globe era rimasto a bocca asciutta, dando la sensazione che dopo la Palma d’oro a Cannes e un apprezzamento unanime come una delle migliori opere di Sean Baker, la fortuna della pellicola si fosse consumata. Sono stati anche i Critics' Choice Awards a dare una nuova scintilla al titolo, assegnandogli un solo premio dei sette a cui era candidato, ma niente meno che il miglior film. Prima di arrivare al premio principale degli Academy vediamo cosa potrebbe accadere con il resto delle categorie, con Anora che potrebbe aggiudicarsi anche la miglior sceneggiatura originale, se non ci fosse The Substance che ha ricevuto lo stesso premio al festival di Cannes in cui era presentato in anteprima. Riconoscimento sottrattogli ai Golden Globe che, invece di separare sceneggiatura tra originale e non, mettono i film in un unico calderone, facendo superare l’originalità dell’opera di Fargeat dalla precisione e puntigliosità dello script di Conclave. Un thriller alquanto convenzionale tratto dal romanzo di Robert Harris, ma che è piaciuto al punto da conquistare svariati premi durante l’awards season, come era già capitato al suo regista Edward Berger col precedente Niente di nuovo sul fronte occidentale del 2022, che riuscì perfino a conquistare quattro premi Oscar (miglior film internazionale, fotografia, sceneggiatura e colonna sonora).
Intanto Conclave si è già messo in tasca il BAFTA come miglior film - non sorprende vista la sua co-produzione con un’impronta molto britannica - e il SAG per il miglior cast corale, così come ai Critics' Choice Award. Una sorpresa sarebbe di sicuro la vittoria - non così impossibile - di Isabella Rossellini nel ruolo di suor Agnes come migliore attrice non protagonista. Cinquant’anni di carriera, settantadue anni d’età e arrivata con Conclave alla sua prima nomination agli Oscar - con l’opera a cui sembra già assicurata la miglior sceneggiatura non originale. Mentre Flow si prepara a vincere come miglior film d’animazione e No Other Land il miglior documentario (anche grazie all’endorsement di Brady Corbet), Wicked potrebbe fare incetta di premi tecnici, pur dovendosi guardare le spalle da Dune - Parte Due. Non vedendolo trionfare nelle categorie principali, al musical di Jon M. Chu potrebbero essere riservati i costumi e le scenografie, mentre sarebbe assurdo, se non persino ridicolo, vederlo conquistare la colonna sonora. Basta e avanza il fatto che, a causa della sua inspiegabile presenza, sia stata esclusa una delle playlist più iconiche del 2024: la soundtrack di Challengers firmata da Trent Reznor & Atticus Ross. Una categoria che senza la colonna sonora del film di Luca Guadagnino ha, francamente, poco senso, ma di cui andrebbe bene trionfasse qualsiasi altro candidato al posto delle meravigliose, imprescindibili, ma conosciute canzoni del musical, note fin dal 2003.
anora so far:
— l̶i̶m̶a̶ ̶ harris dickinson's pr manager (@favdickinson) February 9, 2025
palme d'or (cannes):
critics choice awards:
satellite awards:
PGA:
DGA: pic.twitter.com/vE9hXmWcRG
Un po’ come col miglior montaggio, che a questo punto lo meriterebbe un lavoro mastodontico come quello affrontato da Dávid Jancsó per The Brutalist, se non si trattasse della stessa persona che ha rivelato l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per il film, non facendosi di certo un’ottima pubblicità. Ed è un peccato perché sarebbe stato un eccellente candidato a miglior film, ma sembrano troppe le insidie che gli si sono poste davanti sul cammino. Ora non resta che capire se la scelta dell’Academy di quest’anno voglia essere più accomodante che coraggiosa, più prevedibile che audace. Il monumento di Corbet ha dimostrato che un cinema vecchio stampo ancora c’è, esiste, è vivo, ma anche la durata di tre ora e mezza potrebbe aver scoraggiato i votanti, che purtroppo sono soliti non fare bene i compiti a casa. Si può dire inoltre che la malattia del Papa e il suo futuro incerto possano essere stati un incentivo non indifferente per la campagna marketing di Conclave. Forse, escluso il Io sono ancora qui citato prima, il film che potrebbe effettivamente farcela è proprio Anora. Una sorpresa come quando venne premiato a Cannes. Una pellicola che ha subito alcuni contraccolpi - sembrerebbe che l’assenza di un coordinatore d’intimità non abbia fatto piacere all’America - ma che, in fondo, è ciò che rappresenta il cinema oggi. Il sorpasso dell’indie sull’industria tradizionale, l’emancipazione e il rispetto di figure spesso mal rappresentate sullo schermo e l’incontro di più generi tutti in un unico contenitore. E, inoltre, il punto massimo della carriera di un filmmaker illustre e ancora puro come Sean Baker. Sarebbe una storia bellissima, che farebbe da contraltare al finale dolceamaro e struggente del film.