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Come Donald Trump cambierà il cinema americano
Riuscirà a rendere "Hollywood Great Again"?
24 Gennaio 2025
Il 20 gennaio 2025 la Casa Bianca avrà un nuovo inquilino. Non certo un totale sconosciuto, bensì una vecchia conoscenza pronta a mettere di nuovo radici e a dare una rinfrescata alle pareti. Donald Trump è il 47esimo Presidente degli Stati Uniti, al suo secondo mandato dopo i quattro anni trascorsi in carica dal 2017 al 2021. Una parentesi che ha trasformato il volto dell’America, un odi et amo che ha travalicato l’oceano facendone una figura ammirata o temuta in tutto il mondo, a cui gli statunitensi hanno deciso di affidare altri quattro anni della loro vita. Il destino di questi ultimi, probabilmente, è di cambiare un’altra volta pelle sotto le politiche economiche e sociali dell’imprenditore. Lo stesso vale per Hollywood e l’audiovisivo, che deve prepararsi ad affrontare nuovamente una figura particolarmente osteggiata dall’establishment culturale, ritratto proprio dal cinema nel 2024 col film biografico The Apprentice e richiamato come un presagio nell’apocalittico Civil War. Il vento, però, sembra essere cambiato rispetto agli anni passati, con Hollywood che si sarebbe dimostrata meno combattiva o disposta ad attaccare il nuovo Presidente. Basti pensare a quanto accaduto durante uno degli appuntamenti molto attesi della award season, organizzato da Variety, l’Actors on Actors, che ha visto l’esclusione di Sebastian Stan, protagonista del film di Ali Abbasi. Nessuno, infatti, sembra aver accettato di parlare insieme all’interprete nella consueta conversazione a due a causa della sua interpretazione nel il ruolo di Trump in The Apprentice.
Una sconfitta, vista la maniera in cui si sono tirate indietro alcune personalità che, forse, tempo addietro si sarebbero scagliate contro il politico ma che, per sicurezza o per non alimentare un’intolleranza già strisciante, hanno preferito tacere. Jeremy Strong, co-protagonista di The Apprentice nel ruolo dell’avvocato Roy Cohn, non ha mancato di sottolineare il suo disappunto: «Non essere stato abbracciato dall'industria è stato davvero difficile». È stato The Hollywood Reporter ad interrogarsi sull’assordante silenzio proveniente dalla casta dei registi, attori e vip a seguito della vittoria del nominato repubblicano, soprattutto da parte di chi aveva organizzato eventi a sostegno dell’avversaria Kamala Harris - come Beyoncé, Taylor Swift- o lanciato appelli in suo sostegno– come George Clooney. Dal 5 novembre 2024 non una mosca è volata, al contrario dell’indignazione che si era propagata nel 2016, quando Jennifer Lawrence invitava a non farsi abbattere dalla vittoria del candidato, nel 2019, quando De Niro non si preoccupava di dare apertamente del razzista a Donald Trump. Forse, nella maggior parte di questi casi, la motivazione può essere rintracciata dietro a dinamiche economiche e alla paura di una perdita di posizionamento nell’ambito culturale o industriale. A meno che non si faccia parte del gruppo di miliardari che, come Mark Zuckerberg e Jeff Bezos, si sono trovati a fiancheggiare il rientro di Trump, allora è probabile che si preferisca rimanere in silenzio per evitare ripercussioni. Ed ecco arrivare, sempre da THR , il timore di alcuni produttori del mercato indipendente. «Quando ho visto i risultati e Trump aveva vinto - ha rivelato una fonte anonima - Volevo solo poggiare la testa sulla scrivania e piangere. Anche se, in termini di business, dobbiamo aspettare per vedere quanto cambierà davvero». Il produttore australiano Jim Robison di Lunar Pictures ha dichiarato: «Quando veniamo in America è come se andassimo in Europa: dobbiamo trattare con tutti i diversi Stati per gestire gli sconti e il sostegno, e francamente negli Stati Uniti c'è molta confusione».
La Motion Picture Association (MPA) - il gruppo che promuove gli interessi delle major cinematografiche - ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che non vede l'ora di lavorare su «un'ampia gamma di questioni importanti per l'industria cinematografica, televisiva e dello streaming, che sostiene più di 2,7 milioni di posti di lavoro americani, dà impulso a più di 240.000 aziende in città e piccoli centri in tutto il Paese e fornisce oltre 242 miliardi di dollari in salari alla nostra forza lavoro ogni anno». Una prospettiva più serena delle altre ma da tenere d’occhio, per capire direzione che prenderà nei prossimi anni. Bisogna inoltre mettere questo discutibile sequel, Donald Trump - Il ritorno, in prospettiva. Non sono stati anni semplici per Hollywood: partendo dalla pandemia , passando per gli scioperi di sceneggiatori e attori nel 2023, fino ad arrivare alla scia degli incendi di Los Angeles che segnano, al momento, un danno di 250 miliardi di dollari. Nell’articolo Will a weakened Hollywood embrace Trump 2.0? del Financial Times si analizza come l’industria e il botteghino siano molto diversi rispetto alla vittoria di Trump nel 2016. Il box office mondiale era arrivato a 36 miliardi, ben 10 miliardi in più rispetto al nuovo decennio. Ma ci sono anche produttori, sempre secondo quanto riportato dall’articolo di Christopher Grimes, che vedono nel bis del Presidente americano un’agevolazione per le trattative delle proprie aziende. Per David Zaslav, amministratore delegato di Warner Bros Discovery, potrebbe generarsi un ambiente migliore per il proprio lavoro sotto il mandato di Trump, con un impatto «positivo e accelerato» su aziende come la sua. Un'opinione «coerente con tutti gli amministratori delegati del settore», come affermato da un altro agente di Hollywood e riportato sempre dal Financial Times. Una velocizzazione per la stipulazione degli accordi, forse a favore di quei CEO contro cui attori e sceneggiatori protestavano solo due anni fa, bloccando un intero settore.
BREAKING - JUST IN - CAN YOU BELIEVE IT? - STOP SCROLLING - LOOK AT MY POST!
— Father Founding (@_FatherFounding) January 16, 2025
Trump announces new envoys to Hollywood, to help "MAKE HOLLYWOOD GREAT AGAIN." pic.twitter.com/dR2FPKeGKl
Sta di fatto che il cambiamento potrebbe essere non solo monetario, ma anche culturale, con una Hollywood che potrebbe piegarsi alla nuova politica, modificando la sua offerta cinematografica e televisiva. Ne è un divertente esempio lo sketch di apertura che il Saturday Night Live ha proposto a seguito della vittoria del tycoon: dopo una serie di siparietti contro Trump realizzati nel corso dell’ultimo periodo (e non solo), i membri del cast si schierano tutti dalla parte (ironicamente) del nuovo Presidente, affermando di non meritare di finire su un’ipotetica lista nera, dal momento che hanno tutti votato per lui. Intanto, prima ancora di insediarsi nuovamente nello Studio Ovale, Trump ha già costituito una squadra speciale per risolvere alcuni problemi produttivi in cui sarebbe incappata Hollywood questi ultimi anni. Un team formato da Sylvester Stallone, Mel Gibson e Jon Voight, attori che hanno sempre espresso il loro sostegno verso l’imprenditore. È stato proprio Stallone a presenziare ad un gala a Mar-a-Lago, lo scorso novembre, per il nuovo presidente eletto, occasione in cui lo ha definitivo il “secondo George Washington”. Gibson aveva criticato in passato le capacità di Kamala Harris, mentre Voight aveva raccontato della sua ammirazione per Trump in una cover story del 2024 di Variety. Il compito di questo terzetto sembrerebbe quello di riportare gli investimenti in terra natia, visto che spesso le produzioni hanno preferito spostarsi all’esterno, col Presidente entrante che conferma che si tratta di una nuova era per il cinema, degna della sua epoca d’oro. Insomma: Make Hollywood Great Again.