Il juice pairing è sempre più cool
La prossima moda gastronomica?
17 Dicembre 2024
Sono sempre di più le persone che si definiscono “sober curious”, cioè che cercano di limitare con consapevolezza il consumo di alcolici, e il settore del fine dining si sta adeguando a questa nuova tendenza. Da qualche anno, una formula molto apprezzata tra chi si interessa di alta ristorazione prevede l’abbinamento di succhi o più in generale di bevande alcol-free alle portate dei menù-degustazione, per esaltare i sapori e le sfumature dei singoli piatti, così come si faceva tradizionalmente già con il vino. La pratica è nata e si è inizialmente sviluppata in Nord Europa: uno dei principali promotori di quello che oggi viene definito “juice pairing” è stato lo chef danese René Redzepi, fondatore del Noma, che più di tutti ha contribuito all’ascesa della cucina scandinava. Ma negli ultimi tempi questa formula sta guadagnando terreno anche in altri Paesi – compresi quelli in cui la tradizione enologica nel settore del fine dining è molto radicata e difficile da scalzare.
Per questo, all’interno dei ristoranti stanno nascendo figure specializzate nel juice pairing. Ad esempio, Giulia Caffiero è la persona che tra le altre cose si occupa di curare il percorso analcolico al Geranium di Copenaghen (tre stelle Michelin), dove la formula sta conquistando un pubblico sempre più ampio, grazie anche alla clientela internazionale. «Soprattutto a pranzo abbiamo tantissime persone che preferiscono provare il pairing analcolico», sottolinea Caffiero parlando con Identità Golose. Per realizzare le bevande Caffiero racconta che solitamente combina tre elementi: un frutto, una verdura e una foglia o un fiore. Il risultato finale «può essere un estratto, può essere in forma disidratata, quindi in polvere, o può essere semplicemente un'infusione». L'obiettivo principale, comunque, è ottenere bevande strutturate, dotate di corpo, intensità, componenti saline e acide ben bilanciate, e soprattutto un equilibrio armonioso capace di valorizzare ogni portata. «Per me è molto importante che [i succhi] siano salati, che abbiano una dolcezza data dalla frutta – ovviamente non esagerata – e che abbiano acidità, ma soprattutto consistenza», dice Caffiero.
Perché il juice pairing piace così tanto?
@hotspotfinders Bringing you the coziest fine dining in the city Choux restaurant offers 4, 5 & 6 course tasting menus that change monthly. The dishes are vegetable focused with perfectly combined ingredients Try the wine & fermented juice pairing with every dish or opt for the non-alcoholic pairing, it is one of the few restaurants in Amsterdam that offer it There is a wine shop inside, so you can explore it before or after your visit The staff is very attentive & provide great service, we cannot recommend this spot enough! #hotspotfinders #hotspot #hotspots #foodguide #foryou #foryourpage #fyp #amsterdam #amsterdamfood #amsterdamrestaurants #bestfoodspots #foodblogger #luxury #lifestyle #amsterdambakery #amsterdamtips #amsterdamsecret #amsterdamguide #amsterdambestbakery #bestrestaurant #musttry #amsterdammusttry #amsterdamfoodies #amsterdamfinedining #choux #finedining #winepairing original sound - HF | Amsterdam Foodies
Il juice pairing, come sostiene Caffiero, si sviluppa «in funzione del menù»: le bevande sono cioè concepite in base al piatto che viene servito. A volte, ad esempio, si tratta di abbinamenti pensati in «contrasto» alla rispettiva portata, mentre in altri casi hanno l’obiettivo di “pulire la bocca” tra due proposte, «così come può capitare con il vino». In ogni caso, il juice pairing è fondamentale nell'orientare e “spingere” un menù-degustazione, contribuendo ad arricchirne i sapori, creando così un’esperienza gastronomica ancora più completa: «Se il piatto è la star, il succo è il co-protagonista, con un ruolo di grande spessore», continua Caffiero. «Il suo compito è accompagnare, esaltare e completare il cibo, senza mai sovrastarlo o entrare in conflitto».
«Molti clienti che bevevano solo vino ora richiedono uno o due bicchieri di succo durante i pasti», dice Caffiero, evidenziando come il juice pairing stia guadagnando molta attenzione nel fine dining. All’interno di Geranium, spiega Caffiero a CiboToday, «non riteniamo giusto che una persona che non può o non vuole bere alcol non debba avere la stessa esperienza» di chi invece si concede il wine pairing o le proposte alla mescita: da qui la scelta di proporre l’abbinamento di succhi – molto apprezzato anche e soprattutto durante il servizio del pranzo, dove sempre più commensali preferiscono rinunciare all’alcol. Inoltre, così come è avvenuto per il foraging ad esempio, questo approccio sta uscendo dalle cucine dei grandi ristoranti, coinvolgendo sempre più appassionati, che in alcuni casi cercano di replicare i succhi a casa, grazie anche a corsi e pubblicazioni (come il recente libro scritto dalla stessa Caffiero), che approfondiscono le tecniche di estrazione e spiegano come selezionare le materie prime. Se qualche anno fa la fermentazione era riuscita a imporsi come una tendenza dominante nel campo della ristorazione, diventando una vera e propria moda, oggi sembra che il juice pairing stia emergendo con la stessa intensità: sarà solo questione di tempo prima che venga proposto ovunque?