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Gli alti e bassi del mercato dei vinili

L’industria fa fatica a tenere testa alla domanda

Gli alti e bassi del mercato dei vinili L’industria fa fatica a tenere testa alla domanda

Nel giugno 1948 la Columbia Records convocò una conferenza stampa a New York per presentare i primi “33 giri” mai stampati. Da allora le innovazioni tecnologiche sono state innumerevoli, ma questo formato è ancora qui, e a modo suo continua a influenzare l’industria musicale. Discutere del “ritorno del vinile” è diventato un rituale ricorrente che si ripropone ciclicamente da oltre un decennio. Già nel 2013 il direttore dell’ufficio vendite di una società che produce vinili disse al New York Times: «Si è chiuso un cerchio. Abbiamo ragazzi che ci contattano e che ascoltano musica su vinile, e quando gli chiediamo perché non comprano i CD ci rispondono: “Quella è roba che faceva mio padre – perché dovrei farlo io?”». Tuttavia oggi il trend sembra essersi definitivamente affermato, e il mercato dei vinili si è ritagliato una solida nicchia di mercato. La domanda era già in crescita da tempo, e ha continuato ad aumentare persino durante e dopo il lockdown. La richiesta sempre maggiore di vinili è stata soddisfatta anche da grandi rivenditori come Amazon, che – come per altri ambiti – hanno saputo cavalcare il fenomeno, includendo molti più titoli nei loro cataloghi. Questa crescita, naturalmente, non è sfuggita all’attenzione delle case discografiche. Seguendo l’esempio già tracciato dalle etichette indipendenti e dalle band del circuito underground, anche le major hanno iniziato a sfruttare il rinnovato interesse per il vinile, trasformandolo non solo in un formato di ascolto, ma in un vero e proprio oggetto da collezione. Edizioni limitate, copertine ricercate, dischi colorati o arricchiti con soluzioni esclusive: tutti dettagli, questi, che hanno contribuito a rendere il vinile un oggetto di culto, destinato ai fan più devoti.

Cosa funziona e cosa no nell’industria del vinile

Come riporta un report di South by Southwest (SXSW), nel 2023 negli Stati Uniti c'è stato un aumento significativo delle vendite di vinili e CD attraverso i canali D2C, ossia diretti al consumatore finale, senza intermediari come store fisici o piattaforme di distribuzione (per esempio Amazon). L’incremento, calcolato rispetto all’anno precedente, è stato di oltre 27 punti percentuali. Le vendite D2C di vinili e CD sono cresciute più rapidamente rispetto alla media generale del mercato musicale, segnalando un interesse specifico per il formato fisico acquistato direttamente dagli artisti o dalle singole label: un segnale molto positivo per il settore. Inoltre, il 60% delle vendite D2C riguarda produzioni musicali recenti, e non cataloghi storici o ristampe: vale a dire che i fan acquistano anche e soprattutto nuove uscite, dunque non solo in ottica nostalgica. Nel 2024, in particolare, hanno mostrato una predilezione più marcata per il formato vinile gli appassionati di rock (+8%), rispetto ai fan di altri generi. In aggiunta, secondo un’altra indagine di SXSW, il 31% degli ascoltatori appartenenti alla Gen Z desidererebbe avere maggiori opzioni di merchandising da parte dei propri artisti preferiti. In questo senso, i cosiddetti "super fan" – ovvero i più appassionati – sono maggiormente inclini ad acquistare vinili rispetto ai consumatori in generale. Questa tendenza è ulteriormente confermata da un dato interessante: solo il 50% di chi compra vinili possiede un giradischi. In effetti, questi prodotti sono ormai considerati oggetti di culto, apprezzati anche e soprattutto per la loro bellezza estetica.

@volcanicrocky :) #vinyl original sound -

Eppure molti addetti ai lavori si stanno chiedendo quanto sia economicamente sostenibile sul lungo periodo il ritorno del vinile. Alle sempre maggiori attenzioni da parte del pubblico e delle major nei confronti di questo formato, infatti, non è seguito uno sviluppo dell’industria dei vinili – che resta di fatto ancora artigianale. Per stamparli servono tempo, esperienza e macchinari adatti. Nello specifico, le presse per produrre dischi in serie non vengono più fabbricate: le aziende che si occupano di stampare vinili sono quindi costrette ad acquistare macchinari usati, assemblati per lo più intorno agli anni Settanta. L’ultima pressa è stata costruita nel 1982: oggi costano circa 25 mila dollari, mentre è stato stimato che per progettarne una nuova sarebbe necessario stanziare un budget venti volte più elevato. In sostanza, dunque, l’industria dei vinili non riesce del tutto a seguire la crescita della domanda. Inoltre, va considerato anche l’aumento dell’inflazione, che ha colpito quasi tutti i settori dell’economia, tra cui proprio il settore musicale. Tutto questo ha portato a un significativo aumento dei prezzi dei dischi in vinile. Gli stampatori, così, sono diventati più selettivi, i tempi di attesa si sono allungati, e molte piccole etichette hanno deciso di rinunciare a stampare vinili. Tale evidente squilibrio nell’industria ha fatto sì che, soprattutto negli Stati Uniti, diversi artisti indipendenti smettessero di puntare sui vinili, riscoprendo altri formati alternativi come le musicassette o i CD.